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Tag Archive for: costituzione

Cadono (la Thyssen di Molfetta)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
04/03/2008

Molfetta

E’ morto anche l’ultimo operaio di Molfetta.
Ad essere cinici, verrebbe da dire: Sfiga, non sarà candidato dal Partito Democratico.
Ad essere realisti, viene da pensare al dibattito sui quotidiani di stamane. Sia Liberazione che Il Secolo d’Italia titolavano sulla inutilità della tragedia della Thyssen: suo malgrado, il governo non ha emanato le nuove norme in materia di sicurezza previste da una recente legge di delegazione.
Ma davvero il problema è un vuoto legislativo?
Forse no.
Le norme in materia di salute e sicurezza dei lavoratori hanno un solo principio generale: il datore di lavoro deve adottare tutte le misure necessarie per evitare che i lavoratori possano subire degli infortuni.
Che i suoi dipendenti possano morire di lavoro.
Non è un principio da poco e dovrebbe essere sufficiente.
Come non è un principio da poco quello che vuole il costo della sicurezza escluso dai ribassi d’asta: la sicurezza non può essere oggetto di un computo economico.
E’ al di sopra di qualsiasi calcolo di convenienza.
No.
Il problema non è un vuoto legislativo.
Forse non è nemmeno in un vuoto di apparati.
Il problema sta nell’art. 1 della Costituzione: L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.
Ed il lavoro è il dono di uno spirito maligno, il quale ogni anno chiede un certo numero di vittime.
Proprio come il Minotauro a Creta.
E né Berlusconi, né Veltroni assomigliano a Teseo.

Impuniti

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/02/2008

imageNel giorno, in cui il Partito Democratico ha deciso di non candidare il Talleyrand di Nusco, anche il Partito delle Libertà della Michela Vittoria Brambilla ha fatto un importante annuncio.
Eccolo.
Non sarà candidato chi ha processi in corso.
E’ una affermazione importante.
Molto importante.
Se vogliamo un po’ qualunquista e costituzionalmente inopportuna: un processo pendente non vale come colpevolezza. Una persona può essere accusata ingiustamente ed in ogni caso è innocente, esattamente eguale a tutti gli innocenti, finché non è condannata con una sentenza passata in giudicato.
Ma molto più inopportuna e costituzionalmente spiacevole la puntualizzazione di Sandro James Bondi, l’ex sindaco comunista di Porcari, ridente località fra Altopascio e Lucca.
Bondi ha precisato che questa regola non vale per i processi di chiara matrice politica.
Non scandalizza tanto l’esclusione di importanti esponenti del Partito delle Libertà da un principio che nella sua essenza giustizialista si è già criticato.
No.
Non è questo.
Quello che disturba è che in questo modo si trasforma una candidatura in una convocazione dei comizi elettorali con finalità assolutorie.
E’ noto l’argomento di Berlusconi: non mi interessano le condanne dei giudici quando il voto dei cittadini mi assolve.
Questo argomento adesso diventa esplicito già prima del voto: mi candido perché il processo cui sono sottoposto ha natura politica, di talché se vengo eletto il corpo elettorale ha giudicato l’azione penale nei miei confronti come strumentalmente persecutoria.
Cazzo, verrebbe da aggiungere.
Ma non sarebbe elegante.

Il pedofilo da castrare

14 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/02/2008

IaconoIl fatto di cronaca è triste e noto.
Un disgraziato, con la faccia da disgraziato, ha violentato una bambina di quattro anni.
Lo aveva già fatto ed era stato condannato.
Forse lo aveva fatto di nuovo ed era in attesa di un processo di appello.
Era – legittimamente – sottoposto unicamente all’obbligo di firma, che ha assolto insieme alla sua vittima prima di stuprarla.
Forse è questa la cosa che colpisce di più.
Ma non è di questo che si discute.
Si discute, ne discutevano ieri sera in termini elettorali una leghista ed un candidato del partito democratico, della possibilità di castrare chimicamente i pedofili.
Come se fosse diverso il fatto del castrare per via chimica dal castrare per via chirurgica.
Fra la castrazione e la pena di morte vi è una affinità impressionante.
In entrambi i casi, lo Stato interviene sul corpo del condannato.
Fa della condanna una espiazione fisica.
E’ difficile non ricordare Beccaria: che cosa succede se ci si accorge che era innocente?
Ma soprattutto lo Stato può avere il potere di punire un uomo intervenendo sul suo corpo, sulla sua fisicità?
Per l’art. 27, Cost. le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
La stessa norma vieta la pena di morte se non nei casi previsti dal codice penale militare di guerra.
Castrare una persona è un trattamento contrario al senso di umanità.
E’ immaginare che questa persona sia semplicemente il suo organo sessuale.
Castrare una persona significa condannarla a morte.
Significa impedirle definitivamente di avere una vita sessuale.
E’ davvero singolare – singolare ed ipocrita – ritenere che questo signore non avrebbe violentato la sua piccola vittima se fosse stato castrato.
Il problema non è questo.
Il problema è che questo signore è stato scarcerato per decorrenza dei termini, ovvero che lo Stato non è riuscito a processarlo, ad arrivare ad una sentenza definitiva prima che scadessero i termini della custodia cautelare.
Ci sono dei processi che meritano delle corsie preferenziali.
Che devono essere celebrati prima che scadano i termini della custodia cautelare.
Non solo.
Questo signore era già stato condannato e detenuto per un reato simile.
Il problema è che la pena che ha scontato non è servita a nulla.
Che non è servita a rieducarlo.
Se la pena non riesce a rieducare il condannato devono – e possono legittimamente essere – adottate delle misure di sicurezza che gli impediscano di nuocere nuovamente.
Come è per il mafioso che non può tornare nel suo paese dopo avere scontato la pena.
I problemi sono questi, e molti altri, ma non si rimediano con la castrazione.
Castrare un pedofilo perchè lo Stato non sa rieducarlo o non riesce a processarlo nei tempi utili a salvare una bambina dalla sua follia è prendersi in giro.

Il fisco di Valentino: osservazioni qualunquiste

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
08/02/2008

Qualche mese fa, sulla metà di agosto, Valentino Rossi è stato oggetto di un avviso di accertamento per oltre 120 Milioni di Euro.
La questione è stata su tutti i giornali.
Il problema era se effettivamente il centro della sua vita personale fosse Londra, dove aveva fissato la residenza, o la Romagna, dove pare che abiti.
Nel primo caso, avrebbe dovuto pagare le tasse alla Regina di Inghilterra, nel secondo a Napolitano.
All’epoca apparve a rete unificate con un video di gusto piuttosto discutibile ed indimenticato.
Oggi, si sa che Valentino Rossi ha chiuso ogni controversia con il fisco pagando 20 Milioni di Euro.
Una cifra sicuramente molto significativa.
Ma molto meno ingombrante di 120 Milioni di Euro.
Non sembra molto giusto.
Le tasse sono un dovere.
Un dovere spiacevole, ma un dovere.
E non sembrano poter essere oggetto di transazioni.
Prima di tutto, perché le transazioni introducono un elemento di disparità di trattamento fra chi ha pagato tutto quando doveva pagare e chi ha aspettato il contenzioso per chiudere una lite risparmiando cifre importanti.
Ma anche perché dietro alle tasse ci sono dei doveri di solidarietà, che vengono misurati – costituzionalmente ponderati – sul parametro della capacità contributiva e la capacità contributiva non può cambiare in virtù di una transazione.
La transazione poteva essere corretta solo se il fisco avesse sbagliato l’avviso di accertamento.
Però avrebbe dovuto chiamarsi rettifica, non transazione.
E’ un ragionamento qualunquista ma non si può davvero fare a meno di osservare che 20 Milioni sono poco più del 15% di 120 Milioni.
Poco.
Davvero poco.

Marini va da Napolitano – Una buona notizia?

15 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
04/02/2008

L’attuale crisi è stata interessante.
La formula scelta da Napolitano è interessante.
Napolitano ha proposto a Marini un incarico per un governo di scopo.
Lo scopo del governo era una riforma elettorale che consentisse una maggiore governabilità.
Ci sono due aspetti critici in questa formula.
Entrambi riguardano i poteri ed il ruolo del Capo dello Stato, che dovrebbe incarnare una funzione di garanzia, sostanzialmente e formalmente fuori dal gioco politico.
Il primo è che il Presidente della Repubblica ha preso posizione nel confronto fra democrazia diretta e rappresentativa chiedendo al premier incaricato di far sì che la rifoma elettorale blocchi il referendum.
Forse, il Capo dello Stato non può prendere questa posizione.
Non può contrastare (o chiedere di contrastare) il potere referendario.
Il secondo è molto più delicato.
Finora il Presidente della Repubblica ha sempre gestito le crisi di governo verificando la possibilità di una nuova maggioranza.
Lasciando ai partiti ed ai gruppi parlamentari il compito di individuare la piattaforma politica della nuova maggioranza.
In questo caso, la piattaforma politica è stata individuata dal Capo dello Stato, che ha chiesto di trovare un accordo su un preciso programma.
Ma questo non è il suo compito.
Il nostro ordinamento costituzionale chiede al governo di presentarsi davanti al Parlamento per ricevere la fiducia su un programma di cui si assume la piena responsabilità politica.
Tutto questo è particolarmente grave, perché il fallimento di Marini è diventato anche il fallimento di Napolitano.
E se il Presidente della Repubblica incarna la Costituzione, il suo fallimento è anche il fallimento della carta costituzionale.

Il vizietto di Prodi

17 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/01/2008

Non volevo scrivere questo post.
Non volevo scrivere della fiducia a Prodi.
Non volevo scrivere di Marini e di Nino Strano.
Nè del primo che urla "Mica siamo all’osteria" né del secondo che tira fuori una bottiglia di champagne e si ingozza di mortadella.
Platealmente.
Simile al basso impero post Caligola.
Perché anche Tiberio aveva più dignità.
Ma non riesco a non farlo.
Mi sento di doverlo fare.
Con delle osservazioni molto tecniche.
Da professore pissero.
Prodi ha sostenuto che chiedere la fiducia era un dovere.
Un dovere istituzionale.
Un modo per rispettare la sovranità del Parlamento.
Non è così.
Può essere così solo se si considera la Costituzione come un testo scritto, un qualcosa che può essere liberamente interpretato dal suo lettore.
La Costituzione però non è un testo.
E’ la consapevolezza di un testo che vive nel tessuto storico, politico e sociale di una nazione.
Se in sessanta anni di storia costituzionale, sei l’unico che si presenta davanti al Parlamento per ricevere una formale mozione di sfiducia, non sei un dritto.
Sei uno che si disinteressa completamente della storia delle istituzioni di cui fa parte.
Le crisi extraparlamentari hanno un valore.
Un valore materialmente costituzionale.
Sono uno strumento per rendere liquida una frattura fra maggioranza e governo.
Per evitare contrapposizioni rigide.
Per consentire la ricerca di mediazioni ponderate.
Ignorare tutto questo non significa rispettare la Costituzione.
Esattamente il contrario.

Solidali con Clemente

9 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
17/01/2008

Possono il Presidente del Consiglio ed il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura manifestare solidarietà a Clemente Mastella?
Possono farlo in un clima trasversale che esprime disagio verso la magistratura?
Ecco quello che è successo ieri in Parlamento:
Clemente Mastella: "Mi dimetto per senso dello Stato e lo faccio senza tentennamenti. In fondo, avrei potuto restare al mio posto; un Ministro della giustizia che non è in grado di difendere neppure la moglie dall’assalto violento e ingiusto di accuse balorde e non riesce ad evitarne neppure l’arresto ai domiciliari non è certo in grado di inquinare le prove, perché è talmente risibile il proprio potere che lo si può lasciare tranquillamente al proprio posto.
Mi dimetto, dunque, per aprire una questione fondamentale di emergenza democratica tra la politica e la magistratura, anche perché, come ha scritto Fedro: «gli umili soffrono quando i potenti si combattono»" (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Popolari-Udeur e Forza Italia – Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L’Ulivo, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Lega Nord Padania, Socialisti e Radicali-RNP e Verdi – Applausi di deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani e del deputato Razzi – Deputati si recano ai banchi del Governo per stringere la mano al Ministro Mastella).
Il discorso ha trovato un plauso trasversale.
Per Bondi: "Tutti comprendiamo ormai da tempo, infatti, che l’indipendenza della magistratura e la sovranità del Parlamento sono il fondamento della democrazia. Nel corso dei lavori dell’Assemblea costituente un grande giurista, uno dei Padri della nostra Costituzione, Piero Calamandrei, aveva colto lucidamente il problema, quando sosteneva che lo stato della democrazia di un Paese è intimamente legato alla condizione della giustizia. Ciò perché il ritmo e il respiro della democrazia sono identici al ritmo e al respiro della giustizia e perfino al ritmo e al respiro del processo. Entrambi si fondano, infatti, sull’urto delle forze, sulla dialettica, sul bilanciamento dei ruoli, secondo regole precise e armoniche, attraverso le quali si raggiunge la verità nel processo e il bene comune attraverso la democrazia. Questi credo siano i valori che oggi accomunano tutti noi e tutti i membri del Parlamento."
Fini: "Non si può dare corso ad una politica dei due pesi e delle due misure. Soprattutto – e mi rivolgo in particolar modo ad alcuni colleghi dell’altra parte dell’emiciclo – vogliamo, per una volta, onestamente prendere atto di ciò che tutti sanno? Vi è una parte della magistratura che rivendica il diritto all’autonomia ed indipendenza – è un dogma della Costituzione -, ma non avverte il dovere dell’imparzialità. Vi è una parte della magistratura che agisce per ragioni di tipo esclusivamente politico o per protagonismo personale" (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
Maroni: "Signor Ministro, le esprimo l’amicizia personale e la solidarietà personale e politica, mia e del gruppo. Lei ha fatto un atto di accusa durissimo, senza precedenti, un atto d’accusa che descrive un atteggiamento della magistratura, quello che lei ha definito «una trappola scientifica», che anche noi, in particolare della Lega, abbiamo sperimentato. Chi l’ha preceduta, il Ministro Castelli, ha subito addirittura di più di quello che lei ha subito" [Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro).
Sono cose che danno il senso di un profondo disagio.
Politica e magistratura sono sfere di potere autonome.
Ogni volta che interferiscono creano un attrito democraticamente molto sensibile.
Un consenso trasversale per l’interferenza della politica sulla magistratura fa paura.
Molta paura.
E’ come dire che la magistratura non ha il diritto di verificare se davvero la signora Lonardo ha commesso degli illeciti.
Ovvero che la signora Lonardo, siccome è moglie di un guardasigilli, non può subire gli strali dell’azione penale.
Di quella azione penale che la nostra Costituzione disegna come obbligatoria per legge.

Clemente al capezzale

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/01/2008

La Sandra Lonardo sta male.


Malissimo.


E’ a letto influenzata.


Dove gli arresti domiciliari l’hanno trovata e lasciata.


Mastella – alla Camera per presentare il disegno di legge sulla giustizia – ha rassegnato le dimissioni.


Al Parlamento e non al Capo dello Stato, che lo aveva nominato. Ma queste sono finezze da costituzionalisti.


Stupisce la motivazione: Mi dimetto perche’ fra la famiglia ed il potere, io scelgo la prima.


Che significa?


Che alternative aveva per scegliere il potere?


Ammazzare moglie, consuocero ed una ventina di colleghi di partito?

La solitudine delle riforme

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/01/2008

Si parla molto della riforma elettorale.
La Corte costituzionale ne parlerà il 16 gennaio e la sentenza di ammissibilità – o inammissibilità – dei referendum elettorali sarà pubblicata entro il 10 febbraio.
Dopo, spetta al governo indire i comizi elettorali per una data compresa fra il 15 aprile ed il 15 giugno 2008, a meno che non si vada ad uno scioglimento anticipato delle Camere, nel qual caso il procedimento referendario sarebbe sospeso per un anno ed il referendum dovrebbe svolgersi non prima del 15 aprile 2009.
La riforma elettorale presenta molti nodi.
Il nodo principale riguarda il metodo della riforma elettorale.
Le leggi elettorali sono strumenti più o meno complessi per la trasformazione dei voti in seggi.
Ciascuno di questi strumenti determina i potenziali vincitori ed i potenziali perdenti della competizione elettorale.
E’ inevitabile che i partiti giochino un arrocco reciproco e che rendano sostanzialmente improponibile una riforma elettorale.
Sta qui la solitudine delle riforme elettorali: ogni gruppo parlamentare è inevitabilmente solo dinanzi a delle scelte che non possono non separarlo dagli altri movimenti politici.
Se è così, il metodo delle riforme elettorali passa inevitabilmente attraverso il dialogo referendario.
Ma non nel senso dei referendum elettorali proposti da Guzzetta e Segni: il referendum abrogativo in materia elettorale obbliga a ritagli articolati, assai complessi e defatiganti dal punto di vista della tecnica legislativa. Il prodotto referendario è facilmente peggiore della legge oggetto di referendum. Perfino in questo caso.
No.
Forse, il metodo da seguire è il referendum propositivo: un meccanismo che consenta direttamente al corpo elettorale di scegliere la forma della democrazia  elettorale.
I partiti dovrebbero avere il coraggio di chiedere al popolo di scegliere fra due o tre modelli alternativi: un maggioritario puro, senza vincoli di coalizione, un proporzionale corretto in senso maggioritario, con dei premi di maggioranza, un maggioritario corretto in senso proporzionale, sfruttando i resti e le soglie di sbarramento.
Ma chiedere il coraggio ai partiti è cosa che fa tremare le vene ai polsi.

La consistenza etica del pattume

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
11/01/2008

I primi camion di rifiuti della Campania sono stati caricati su una nave e scaricati in Sardegna.
Il governatore Soru ha accettato che lo smaltimento di questi rifiuti avvenisse nell’inceneritore di Cagliari.
E’ una scelta politicamente coraggiosa ed economicamente proficua.
Lo smaltimento dei rifiuti ha un costo e questo costo, non mite, migrerà dalla regione Campania alla regione Sardegna.
Tutto questo è una applicazione solo apparente del principio chi inquina paga.
E’ solo apparente perché questo principio non riguarda solo il costo economico degli inquinamenti, ma anche il loro costo ambientale e questa seconda parte di costo si sposta da chi ha prodotto l’inquinamento a chi ne subisce le conseguenze.
Questo naturalmente non è giusto.
E’ ancora meno giusto se si guarda alla consistenza etica del principio chi inquina paga.
Questo principio non è solo una regola di risarcimento del danno, per cui chi cagiona ad altri un pregiudizio deve indennizzare i danneggiati della perdita che ha cagionato.
E’ una regola etica per cui chi causa un danno all’ambiente deve assumersi ogni conseguenza.
Che suona nel senso di costituire ognuno di noi custode dell’ambiente in cui vive.
Se si applica la consistenza etica di questo principio, si ha che chiunque quando decide di produrre rifiuti deve sapere che quei rifiuti saranno smaltiti nelle immediate vicinanze del suo giardino.
Non lontano dal suo giardino e vicino al giardino di un altro.
Solo se so che la discarica accanto alla mia città serve per i miei rifiuti posso essere disposto ad accettarla.
Nello stesso tempo, solo se so che i rifiuti che produco avveleneranno l’aria respirata dai miei bambini posso sentirmi coinvolto da un approccio sensibile e responsabile alla gestione dei miei rifiuti.
Lo smaltimento fuori regione dell’emergenza campana è accettabile solo in una logica di emergenza.
Ma quale emergenza dura da oltre dieci anni senza diventare la quotidianità?

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