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Tag Archive for: eufemismi

Qui non si fa la storia (Genny e Rosy)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/09/2024

Ci sono uomini che fanno la storia, uomini che vivono mentre si fa la storia e ci sono molti che mentre qualcuno fa la storia si fanno gli affari loro.

Il ministro Sangiuliano (Genny per Maria Rosaria che, forse, per lui, era Rosy ma questo lei ancora non lo ha rivelato) potrebbe appartenere a una di queste categorie – o a un’altra più adeguata a un uomo della sua levatura: marito infedele e amante fedigrago, ministro cui il Presidente del consiglio ha confermato la piena fiducia e ministro piangente più della Madonna di Pompei quando deve lasciare lo scranno, uomo attaccato dalle lobbies del cinema di cui avrebbe danneggiato gli interessi ma capace di una raffica di nomine in extremis che nemmeno Cirino Pomicino.

E’ difficile non provare per quest’uomo la stessa umana pena che ha manifestato colui che di Rosy è stato il legittimo consorte senza serbarne un piacevole ricordo: vive con la moglie un rapporto logorato dalla consuetudine di due persone che sporcano le stesse lenzuola per un periodo prolungato, sparge la voce nei luoghi di lavoro che quel rapporto – in cui sta benissimo pur senza provare quelle eccitazioni che alla sua età dovrebbero far parte del patrimonio clinico dell’urologo e non dei consigli del farmacista – è ridotto a una mera convenienza, corteggia chi manifesta per lui una predilezione da macchinetta per il caffè (sorrido a chi ha la chiavetta perché voglio risparmiare gli spiccioli), è sufficientemente ingenuo da pensare che se una donna di vent’anni più giovane lo segue mostrandogli affettuosa familiarità sia ispirata dagli stessi sentimenti dell’amante dell’aviatore descritta nei romanzi di Liala che leggeva sua nonna.

Ma tutto questo non è interessante quanto la mente di Rosy: nella sua intervista, così diversa dalle lacrime di Genny, fra un’allusione e l’altra, sembra voler apparire una donna che si vendica dell’amante che non ha mantenuto le promesse: mi avevi detto che con tua moglie era finita e che saresti venuto a vivere con me, non lo hai fatto ed io allora racconto tutto alla legittima consorte, sembra voler rivendicare un diritto alla verità che sarebbe stato leso.

Peccato che della donna ingenua e maltrattata dalla scaltrezza della maschile cupidigia Rosy non abbia il phisique du role, esattamente come Genny non somiglia molto a Alain Delon, anche se forse lo ha pensato, sicché la pietra dello scandalo, quella che Di Pietro evocava dicendo che si doveva seguire il denaro, è la carica a titolo gratuito di consigliera per i grandi eventi dapprima promessa e successivamente revocata dal ministro infedele.

Perché è così importante una carica a titolo gratuito?

Questa è la domanda vera e non riguarda solo il ministero per i beni culturali ma l’intero sistema di governo: se nessuno fa niente per niente, e di solito è così, perché se Genny difficilmente poteva pensare che Rosy fosse rimasta colpita dalla profondità tenebrosa del suo sguardo, ancora più difficilmente poteva pensare che facesse qualcosa a titolo gratuito, allora una carica a titolo gratuito è remunerata in un modo diverso da quello che appare sul sito del ministero.

Il consigliere a titolo gratuito, si può immaginare, è la persona cui il ministro affida per un certo periodo di tempo il compito di elaborare la politica del ministero in un determinato settore, in questo caso: i grandi eventi, ovvero il G7 della cultura di Napoli. Una volta che la sua nomina è formalizzata o comunque conosciuta tutti coloro che sono interessati alle decisioni che saranno adottate in quel determinato settore sanno su chi fare leva per vedere valorizzati i propri interessi e se il consigliere a titolo gratuito è persona di mondo, la sua visione dell’interesse pubblico potrebbe essere più vicina a quella che fu di Mazzarino che non a quella che caratterizzava Bismarck.

La cosa interessante dell’Affare Sangiuliano non è il ministro che piange alla televisione perché ha tradito la moglie e nemmeno la fidanzata che rivendica il proprio diritto alla verità, è il materiale di quella che una vera opposizione avrebbe trasformato in una inchiesta parlamentare: quali viaggi ha fatto il ministro con la sua collaboratrice a titolo gratuito? chi hanno incontrato insieme, ovvero a chi il ministro ha presentato la collaboratrice? chi la collaboratrice ha incontrato successivamente? E così via, perché i social di Rosy non erano nati come strumenti di pressione e ricatto ma come strumenti di autopromozione.

Ma ci si preferisce chiedere se Genny ha pagato o no il ristorante a Rosy e, d’altra parte, i consiglieri del principe non sono una invenzione di questo governo.

Stultus clarissimus

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/06/2023

Il bello dell’avvocato – e Daumier li ha saputi disegnare come Michelangelo gli angeli – è che sa sempre perfettamente quello che dice.

Non perché lo sa. Ma perché è perfetto nel mostrarsi come se comprendesse il problema del suo cliente assai meglio di quanto Virgilio conoscesse l’inferno.

E quando non lo sa, l’avvocato preclaro scatta con il latinorum, con abbondanza di casi e gerundi affatto casuali. In fondo, Cicerone non faceva il ragioniere.

Ma ci sono dei casi eccezionali.

Così lo stultus clarissimus, colpito al ventre in un’operazione straordinaria dall’esercizio del diritto di recesso da parte del socio di minoranza che ha pretermesso, dopo lunga interdizione di pensiero, si avvede che al termine di quell’operazione la Società, sua cliente, avrebbe deliberato la liquidazione e re melius perpensa arriva alla esatta conclusione che la liquidazione paralizza il recesso.

Non capire dove si è va bene.

Guidare gli altri senza saperlo, un pochino meno.

Dirlo a voce alta, per di più in latino, decisamente meno.

Cronache dal Feccia Nera (Saggezza di ghostbuster)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/10/2022


Trenitalia ci ha abituati a questo signori che abitano i treni dei pendolari rendendoli più vivibili.

Ci ha insegnato l’importanza del loro lavoro e la dignità con cui viene svolto.  Non ci ha però abituati ai loro insegnamenti e alla loro saggezza.

Ragazza, un po’ sguaiata, stretta nelle sue aderenze più adatte a un palombaro che a un sub:

-> Mi vorrei trasferire da Scienze della comunicazione a Lingue e letterature straniere… Mi sono appena iscritta e penso che non faccia per me… Ho bisogno di dare un perché al mio bisogno di esperienze…

Il Ghostbuster, come se fosse nel più gelido dei manieri scozzesi:

-> Deh, una intellettuale…

La saggezza si apprende più dai cessi che dalla pigrizia. Mi sovviene da pensare. Ma sono un vecchio.

Cancrene di amore (Ribellione è seppellire il proprio cuore)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/01/2022

Fame di diabetico, il bisogno d’amore, sete di alcolizzato

Gangrena

Non amata imputridisce carne

L’animo si abitua al delirio

Fame_sete, allegre compagne di chi discende nel proprio inferno

Divorano la mente

Popolano la carne

Prevalgono come neve che assidera abbracciando senza la crudele pietà dei sogni

Ribellione è seppellire il proprio cuore.

Ossessione

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/09/2021

I sogni tornano mentre la vita sfugge.

L’ossessione è un tormento continuo, infaticabile, conquista ogni centimetro della mente, la riempie, la svuota, la gonfia come sperma in utero putrefatto.

La tua ossessione.

Non la mia.

La mia era solo un romanzo da scrivere con le tue parole.

Un sogno sul ponte

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/09/2021

I ponti appartengono al Diavolo. E’ il Diavolo che li costruisce. Chiede l’anima in cambio o il sacrificio di una vergine.

Il Diavolo unisce luoghi distanti e irraggiungibili, il viaggio è un luogo perfetto per perdere la propria anima.

Eppure senza ponti, i cuori restano distanti e non esiste solitudine più profonda delle otto miglia che separavano le pievi del Medioevo.

Profonda, gretta ed egoista.

I ponti sono necessari per liberarsi dalla schiavitù e il Diavolo aspetta gli schiavi che vogliono fuggire.

Gli offre la libertà più facile: scendere con il loro collare nel più profondo dei pilastri e restare lì, inchiodati a ciò che gli impedisce di essere liberi.

Il mio sogno è uno schiavo che in mezzo al ponte ha il coraggio di sfilarsi da solo il collare e gettarlo nel fiume.

Essere finalmente libero.

Ma so che non è facile perché, in fondo, ogni schiavo possiede il proprio padrone con tutto ciò che il suo padrone non potrebbe fare senza di lui e ne è felice.

E’ felice dell’intelligenza che si fa collare, del vizio che lo carezza, come un cane nelle mani che morirebbe se non trovasse e per il quale la peggior punizione è l’assenza di chi lo ha saputo addomesticare.

L’arte di addomesticare non è di tutti. E’ un’arte egoista. Un’arte che pensa di meritare l’incondizionata adorazione di un’intelligenza animale. Pochi sanno addomesticare un cane fino a farlo tornare randagio, anche se quella era la sua natura.

La reazione anomala

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/09/2020

Le sperimentazioni del vaccino contro il covid sono state interrotte a causa di una reazione anomala.

Nessuno dice quale sia stata.

Nessuno tranne Spinoza che sostiene che Berlusconi abbia manifestato l’irrevocabile volontà di andare in Procura e confessare tutto, ma proprio tutto.

Fa venire in mente Panoramix e la sua pozione.

Il povero volontario (Previdentissimus?) che cambia colore in continuo.

Il bello della peste è che fa ridere i sani mentre si ammalano.

Le mani di Omero

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/06/2020

Author Jorge Luis Borges (1899 – 1986) at the front door of his home in Buenos Aires, Argentina, December 1983. (Photo by Christopher Pillitz/Getty Images)

Omero, come Borges, non è nato cieco. Ha visto la luce diventare lento tramonto e la penombra farsi notte.

I suoi figli, gli eroi che amava ospitandoli nel proprio cuore, sono diventati ombre di memoria quando i suoi occhi hanno smesso di vederli.

Ma Omero ha scoperto il potere delle mani, ha ritrovato la memoria di un volto accarezzandone i contorni. Non ha scoperto quel volto. Lo conosceva, lo aveva visto. Lo ha ritrovato nella notte degli occhi cercandolo con le mani, seguendolo con le dita, studiandolo con i polpastrelli.

Come il padre che diventa cieco e scopre di poter ancora vedere il viso d’un figlio accarezzandone i capelli, con lo stesso entusiasmo. Dolcemente avido.

Omero non ha usato le dita per ritrovare i suoi eroi e i loro miti. Ha preferito le parole. Le sue parole sono lemmi di cieco che ricostruiscono idee e immagini.

Così è quando si abbandona lo sguardo, si rinuncia a vedere.

Ci si rifugia nelle dita per capire il senso delle cose che solo la notte può contemplare senza che lo sguardo gli sia strage.

Si tocca ciò che non si può vedere.

Che non si vuole più vedere.

Sperando che il tatto sia verità quando lo sguardo era inganno.

Il fantasma di Anna Bolena

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
18/06/2020

Anna Bolena era una troia, non una troia da baraccone, ma una troia reale. Magari non era nemmeno troppo troia, magari non scopava con il fratello, il musico e il pirata, magari era solo una rompicoglioni ma il suo re decise che era una troia perché l’amava teneramente, profondamente, ingenuamente.

Anna Bolena aveva un amante, magari non ce l’aveva, ma il suo re decise che aveva un amante e che questo amante era un vichingo, che fosse il fratello, il musico o il pirata, chiunque di questi fosse, o fossero anche tutti e tre insieme, in ogni caso l’amante di Anna Bolena era un vichingo e la scopava come un vichingo prosciugandola e dissentandosi. Prosciugandosi e dissetandola.

Abbastanza per un processo: un re non si tradisce.

Abbastanza per una condanna a morte: un re non si tradisce con un vichingo.

Anna Bolena era una troia elegante e indossò il suo abito da sposa per il boia che l’avrebbe prosciugata senza dissetarsi, era un francese e non un vichingo. Provò la testa sul ceppo nella notte prima della esecuzione. Se si tradisce un re, si deve saper morire da regine, anche se il re non si è tradito, anche se il sesso con il vichingo, fratello, musico e pirata era un’invenzione di corte.

Anna Bolena era una troia piangente, capace di fuggire dagli Yeomen che la scortavano per spezzarsi le dita contro il granito della porta dietro alla quale Enrico pregava, perché i re pregano e gli dei hanno sempre belle parole per chi sa che cosa devono dire, ma non hanno orecchie per ascoltare chi gli chiede frasi che solo loro possono pronunciare.

Anna Bolena adesso è solo il fantasma di un’opera per abiti da sera e vernissage eleganti, ma a lungo è stata il fantasma dell’uomo che aveva tradito o che non aveva tradito, poco importa a una testa che rotola dal corpo. Quell’uomo che si era convinto che lei scopasse con un vichingo mentre lui l’amava teneramente. Che si era sentito umiliato dal fratello, musico e corsaro, dal loro dissetarsi dissetando, prosciugare prosciugandosi. Come si può sentire defraudato un amore tenero da un amore selvaggio, quasi un teorema per Sanremo. Ma non era così: le donna che si dissetano prosciugandosi, che non si fermano alla prima fonte che trovano lungo il sentiero, che cercano il sapore di tutte le bottiglie che un sommelier può aprire durante un’orgia, non vogliono tenerezza. La tenerezza chiede comprensione, la dolcezza vuole perdonare, l’amore chiede amore. Vogliono uno che si sappia prosciugare come loro, che sappia far male. Perché non ci sarà bisogno di comprensione, dolcezza o amore per bere a un’altra fonte e tornare a dissetarsi del fratello, musico, pirata. Non ci sarà bisogno di niente. Solo di una festa in maschera.

Questo Enrico non lo aveva capito. Per lui, era solo una troia. La troia di un re. Il fantasma di un re. Perché quando un re ama una troia e la troia muore, il fantasma di quell’amore resta. Non basta la dignità a scacciare i fantasmi. Non basta sapere che la sete di chi sa dissetare prosciugandosi è inesauribile. Che chi non nasce vichingo non lo diventa neppure se sposa Freya.

Ogni addio genera un fantasma e quel fantasma ripete, ogni notte, con la testa sotto il braccio, E’ inutile cercare quello che non esiste. E’ inutile, Anna, cercare un vichingo. E’ inutile, Enrico, cercare una sposa. Si trovano solo fantasmi e, in questa storia, i fantasmi si dissetano prosciugando.

Venere giardiniera

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/04/2019


Venere è stanca

Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo

Sa che il segreto dell’eternità è l’eterno ripetersi

Non è immortale chi non muore

Sarebbe troppo semplice

E’ immortale chi si ripete e, ripetendosi, smette di vivere

Smette di provare l’attimo di stupendo stupore di una goccia di luce bagnata da un raggio di rugiada

Stupore che giustifica e paga la morte

Questo non è se tutto si ripete, esattamente eguale, ogni giorno

Lo ha imparato da Sisifo

Immortale perché condannato a trasportare una pietra che sempre cade e sempre deve essere trasportata da dove di nuovo cade

La condanna di Sisifo è il rimprovero dell’astuzia che ruba ciò che dovrebbe essere pagato

Non sapeva Sisifo il prezzo del fuoco?

Non sapeva Sisifo di essere debitore per quel fuoco e di essere creditore per quel dono?

Non sapeva che solo chi non accetta i propri debiti non sa esigere i propri crediti?

Questo pensa Venere mentre si rifugia in giardino

Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo

Ignorante di chi le è creditore e di chi può chiederle lo spreco di un sorriso

Guarda Venere il suo giardino

Lo osserva e pensa a quelle piante

Così legate fra di loro e fra di loro legate a lei

E pensa non io devo sapere chi mi deve e a chi io devo

Non se sono una pianta

A tutto collegata e a tutto connessa

Debiti e crediti che si compensano fra di loro perché la vita è neurale

Lo pensa e vede che anche questo è immortale

Noioso e immortale come la pietra di Sisifo.

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