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Tag Archive for: eufemismi

La reazione anomala

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/09/2020

Le sperimentazioni del vaccino contro il covid sono state interrotte a causa di una reazione anomala.

Nessuno dice quale sia stata.

Nessuno tranne Spinoza che sostiene che Berlusconi abbia manifestato l’irrevocabile volontà di andare in Procura e confessare tutto, ma proprio tutto.

Fa venire in mente Panoramix e la sua pozione.

Il povero volontario (Previdentissimus?) che cambia colore in continuo.

Il bello della peste è che fa ridere i sani mentre si ammalano.

Le mani di Omero

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/06/2020

Author Jorge Luis Borges (1899 – 1986) at the front door of his home in Buenos Aires, Argentina, December 1983. (Photo by Christopher Pillitz/Getty Images)

Omero, come Borges, non è nato cieco. Ha visto la luce diventare lento tramonto e la penombra farsi notte.

I suoi figli, gli eroi che amava ospitandoli nel proprio cuore, sono diventati ombre di memoria quando i suoi occhi hanno smesso di vederli.

Ma Omero ha scoperto il potere delle mani, ha ritrovato la memoria di un volto accarezzandone i contorni. Non ha scoperto quel volto. Lo conosceva, lo aveva visto. Lo ha ritrovato nella notte degli occhi cercandolo con le mani, seguendolo con le dita, studiandolo con i polpastrelli.

Come il padre che diventa cieco e scopre di poter ancora vedere il viso d’un figlio accarezzandone i capelli, con lo stesso entusiasmo. Dolcemente avido.

Omero non ha usato le dita per ritrovare i suoi eroi e i loro miti. Ha preferito le parole. Le sue parole sono lemmi di cieco che ricostruiscono idee e immagini.

Così è quando si abbandona lo sguardo, si rinuncia a vedere.

Ci si rifugia nelle dita per capire il senso delle cose che solo la notte può contemplare senza che lo sguardo gli sia strage.

Si tocca ciò che non si può vedere.

Che non si vuole più vedere.

Sperando che il tatto sia verità quando lo sguardo era inganno.

Il fantasma di Anna Bolena

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
18/06/2020

Anna Bolena era una troia, non una troia da baraccone, ma una troia reale. Magari non era nemmeno troppo troia, magari non scopava con il fratello, il musico e il pirata, magari era solo una rompicoglioni ma il suo re decise che era una troia perché l’amava teneramente, profondamente, ingenuamente.

Anna Bolena aveva un amante, magari non ce l’aveva, ma il suo re decise che aveva un amante e che questo amante era un vichingo, che fosse il fratello, il musico o il pirata, chiunque di questi fosse, o fossero anche tutti e tre insieme, in ogni caso l’amante di Anna Bolena era un vichingo e la scopava come un vichingo prosciugandola e dissentandosi. Prosciugandosi e dissetandola.

Abbastanza per un processo: un re non si tradisce.

Abbastanza per una condanna a morte: un re non si tradisce con un vichingo.

Anna Bolena era una troia elegante e indossò il suo abito da sposa per il boia che l’avrebbe prosciugata senza dissetarsi, era un francese e non un vichingo. Provò la testa sul ceppo nella notte prima della esecuzione. Se si tradisce un re, si deve saper morire da regine, anche se il re non si è tradito, anche se il sesso con il vichingo, fratello, musico e pirata era un’invenzione di corte.

Anna Bolena era una troia piangente, capace di fuggire dagli Yeomen che la scortavano per spezzarsi le dita contro il granito della porta dietro alla quale Enrico pregava, perché i re pregano e gli dei hanno sempre belle parole per chi sa che cosa devono dire, ma non hanno orecchie per ascoltare chi gli chiede frasi che solo loro possono pronunciare.

Anna Bolena adesso è solo il fantasma di un’opera per abiti da sera e vernissage eleganti, ma a lungo è stata il fantasma dell’uomo che aveva tradito o che non aveva tradito, poco importa a una testa che rotola dal corpo. Quell’uomo che si era convinto che lei scopasse con un vichingo mentre lui l’amava teneramente. Che si era sentito umiliato dal fratello, musico e corsaro, dal loro dissetarsi dissetando, prosciugare prosciugandosi. Come si può sentire defraudato un amore tenero da un amore selvaggio, quasi un teorema per Sanremo. Ma non era così: le donna che si dissetano prosciugandosi, che non si fermano alla prima fonte che trovano lungo il sentiero, che cercano il sapore di tutte le bottiglie che un sommelier può aprire durante un’orgia, non vogliono tenerezza. La tenerezza chiede comprensione, la dolcezza vuole perdonare, l’amore chiede amore. Vogliono uno che si sappia prosciugare come loro, che sappia far male. Perché non ci sarà bisogno di comprensione, dolcezza o amore per bere a un’altra fonte e tornare a dissetarsi del fratello, musico, pirata. Non ci sarà bisogno di niente. Solo di una festa in maschera.

Questo Enrico non lo aveva capito. Per lui, era solo una troia. La troia di un re. Il fantasma di un re. Perché quando un re ama una troia e la troia muore, il fantasma di quell’amore resta. Non basta la dignità a scacciare i fantasmi. Non basta sapere che la sete di chi sa dissetare prosciugandosi è inesauribile. Che chi non nasce vichingo non lo diventa neppure se sposa Freya.

Ogni addio genera un fantasma e quel fantasma ripete, ogni notte, con la testa sotto il braccio, E’ inutile cercare quello che non esiste. E’ inutile, Anna, cercare un vichingo. E’ inutile, Enrico, cercare una sposa. Si trovano solo fantasmi e, in questa storia, i fantasmi si dissetano prosciugando.

Venere giardiniera

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/04/2019


Venere è stanca

Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo

Sa che il segreto dell’eternità è l’eterno ripetersi

Non è immortale chi non muore

Sarebbe troppo semplice

E’ immortale chi si ripete e, ripetendosi, smette di vivere

Smette di provare l’attimo di stupendo stupore di una goccia di luce bagnata da un raggio di rugiada

Stupore che giustifica e paga la morte

Questo non è se tutto si ripete, esattamente eguale, ogni giorno

Lo ha imparato da Sisifo

Immortale perché condannato a trasportare una pietra che sempre cade e sempre deve essere trasportata da dove di nuovo cade

La condanna di Sisifo è il rimprovero dell’astuzia che ruba ciò che dovrebbe essere pagato

Non sapeva Sisifo il prezzo del fuoco?

Non sapeva Sisifo di essere debitore per quel fuoco e di essere creditore per quel dono?

Non sapeva che solo chi non accetta i propri debiti non sa esigere i propri crediti?

Questo pensa Venere mentre si rifugia in giardino

Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo

Ignorante di chi le è creditore e di chi può chiederle lo spreco di un sorriso

Guarda Venere il suo giardino

Lo osserva e pensa a quelle piante

Così legate fra di loro e fra di loro legate a lei

E pensa non io devo sapere chi mi deve e a chi io devo

Non se sono una pianta

A tutto collegata e a tutto connessa

Debiti e crediti che si compensano fra di loro perché la vita è neurale

Lo pensa e vede che anche questo è immortale

Noioso e immortale come la pietra di Sisifo.

Bella festa

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/12/2018

Bella festa.

Gli amici che conosci da una vita, quelle persone che ti sono sempre state vicine e che non ti hanno mai abbandonato.

Che hanno ancora voglia di giocare e sanno sorridere su un piatto di pici quasi crudi e sanno perfino divertirsi con il Karaoke.

Ma poi arrivano i ragazzi.

I ragazzi che hai visto nascere e crescere e che adesso sono adolescenti, guidano la macchina, hanno le loro feste.

Passano rapidamente, senza fermarsi, con lo sguardo non troppo divertito di chi dice Ma guarda questi vecchi che si divertono come se fossero ragazzini e ti viene voglia di un caminetto, un plaid e la pipa.

Perché hanno ragione.

Dannatamente e oscenamente ragione.

I pensieri politicamente scorretti di una Bambina Impertinente (Il Lontra)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/10/2017

http://cjalcor.blogspot.it/2012/08/fino-una-cinquantina-danni-fa-cerano.html

Il lontra viene chiamato così perché sostiene di avercelo come questo animale e lo ripete :

Ce l’ho come una lontra…

E’ il tempo in cui i maschi hanno l’ossessione delle misure e le femmine li guardano con divertito disprezzo.

Bimba Impertinente non lo sopporta e lo considera un mentecatto.

Però non è facile azzittirlo.

La soluzione è la terribile mamma di Lapo e, soprattutto, fruttivendola al mercato centrale, che sente il ritornello all’ingresso di scuola e dice, veloce come se fossero appena arrivati i porcini:

Chi l’ha lungo se lo tira

Poi si accorge che la mamma del Lontra lo ha munito di una sciarpina e aggiunge:

E a te, a furia di tirartelo, t’è venuto anche il torcicollo

Il poverino arrossisce mesto come un disco di jazz scandinavo e si dice che da quel giorno abbia ricominciato a cantare le canzoni dello Zecchino d’oro.

Parole e significati: esistono i sinonimi divergenti?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/09/2017

Poema ferroviario

In Mosca – Petuski, Erofeev spiega che vi sono più di cinquanta sinonimi divergenti in russo per definire l’ubriachezza.

Più di cinquanta modi di essere ubriachi, a ciascuno dei quali corrisponde una esatta parola.

Lo stesso vale per Neve, in finlandese, secondo il Wagner di Luna di ghiaccio e per la parola Pietra in croato, secondo Radio 3.

Queste parole fissano un concetto talmente essenziale per quella cultura da riflettersi in diverse sfumature che a loro volta diventano concetti e perciò lemmi.

Non sono propriamente sinonimi, parole che hanno lo stesso significato di altre parole di cui possono prendere il posto per evitare ripetizioni, ma sinonimi divergenti: parole che ricordano uno stesso significato di altre parole e lo individuano con una diversa sfumatura.

Il contrario delle parole che possono avere più significati diversi e che affaticano i vocabolari di latino e greco del ginnasio, quando la fatica del tradurre era cercare di individuare un significato all’interno di un contesto in cui tutto poteva voler dire altro ed era semplice perdersi.

Mi sono interrogato a lungo sulla parola che può avere un così grande numero di sinonimi in italiano: la mia ignoranza mi ha impedito di svolgere la stessa indagine in lingue diverse.

In effetti, l’idea di ubriachezza identifica la cultura russa, come l’idea di amore è centrale nella Grecia classica, la neve individua una parte dell’anima del nord finlandese e la schiavitù della pietra è caratteristica del ruolo della Croazia nell’economia Ottomana.

Dopo tre o quattro notti insonni, sono arrivato alla conclusione che l’unica parola italiana con un così elevato numero di sinonimi divergenti si trovi esattamente al centro delle donne.

Il che dice molto della nostra cultura e, forse, anche di un Parlamento che invece di parlare di riforme elettorali si perde nelle discussioni sui vitalizi dei suoi membri, scambiando la Luna con il dito ma senza perdere il vero senso delle dita per il nostro vocabolario.

Caino (Riflessioni sul principio di precauzione)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/09/2017

Nel suo caso pensare che gli altri si comportino come si comporterebbe lui, nelle stesse circostanze, è esercizio del principio di precauzione.

Quando le conseguenze di un evento altamente improbabile possono essere catastrofiche, non ci sono ragioni per non adottare tutti gli accorgimenti necessari per ridurre il rischio al livello minimo consentito dalla tecnologia.

Forse è diventato così perché la sua vita è una catastrofe. Ma non riesco a provare compassione, empatia o pietà: ascoltarlo è piacevole come andare dal dentista.

Penso solo che per fortuna, la provvidenza gli ha donato tempi di riflessione astronomici. Come la distanza che lo separa dal genere umano.

Estote parati

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
02/06/2016

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Essere pronti, be prepared, è il motto del movimento scout.
Baden Powell, da qualche parte in quei taccuini che lo accompagnavano come un blog, spiegava che non esiste buon o cattivo tempo, esiste una buona o cattiva attrezzatura.

Se incontrava il libeccio, magari, il fondatore degli scout cambiava idea sull’attrezzatura e imparava a rimanere a casa …

Secondo me, la fortuna di Baden Powell è che il libeccio non si è mai accorto della sua esistenza e, soprattutto, non lo ha mai sentito parlare, perché se incontrava il libeccio, forse, il fondatore degli scout avrebbe anche potuto cambiare idea sull’attrezzatura e imparare a scrivere un pochino di meno.

E non è detto che il mondo sarebbe stato necessariamente peggiore …

Te lo racconto?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
01/06/2016

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Te lo racconto?

Il maggior problema di star male non è il male. È l’informativa agli “interessati”.
È più facile compatire che congratularsi. Si è più portati a condividere il dolore di chi soffre che non a gioire con chi sta bene. Non è bello, ma fa parte dell’essere uomini.
Si potrebbe dire che il dolore degli altri non è solo dolore a metà, come cantava De Andrè. Si avvicina parecchio all’allegria.
Penso questo quando amici, parenti e colleghi mi guardano. Con il dolore di chi è contento di compatire.
Lo penso e penso anche che al posto loro chiederei, con la migliore faccia di circostanza che posso indossare, cosa è successo in modo da poter godere anche della disgrazia e non solo del dolore.
Così quando mi chiedono di raccontare il mio incidente cerco il sorriso più ringhiante nel mio armadio delle ghigne e rispondo:

Te lo racconto solo se sei di quelli che godono delle disgrazie degli altri.

Di solito, ma non sempre, funziona.

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