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Tag Archive for: figli

Addio, Michelangiolo

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
16/09/2025

Non riesco a non passare da via della Colonna, e ci passo tutte le mattina sostanzialmente da quarantacinque anni, fra una cosa e l’altra, senza pensare che, quest’anno, nessuna delle mie figliole è più chiusa in quel Liceo.

Mi dispiace, sotto un certo aspetto mi fa sentire ancora più anziano e non ce ne sarebbe nemmeno troppo bisogno: chi nasce vecchio non ha bisogno di invecchiare ma solo di rimbambire.

Però mi chiedo il senso di questo passaggio, il significato di quell’espressione (“maturità”) che vede il trasferimento dal liceo alla Università o al mondo del lavoro.

Il senso profondo di questa espressione è nel mansionario del docente fino alle scuole superiori che prevede non solo l’insegnamento della materia in cui quel docente è incardinato ma anche l’educazione dell’allievo.

Questo, ovviamente, non è nel mansionario del professore universitario che deve unicamente insegnare la materia in cui è incardinato, oltre che fare ricerca, ma questo, si sa, può essere più complesso.

C’è nella scuola pubblica (o privata) una parte essenziale di lavoro sulla educazione degli alunni.

Non nascondo che questo aspetto mi ha sempre un pochino disturbato: ognuno, nel mio modo di pensare, educa se stesso e la scuola consente di maturare attraverso lo studio di argomenti che stimolano questo processo di autoformazione, ma non in altro modo.

E, soprattutto, sono felice che, finalmente, le figliole siano arrivate al punto in cui ai docenti interessa solo se sanno rispondere alle loro domande e non quello che pensano.

Sogno atipico (il sangue non mente)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
04/09/2025

Stanotte ho sognato mia madre.

Era viva, particolarmente viva e impegnata nella sua attività preferita: demolire palesemente la fidanzata di turno che la mia ingenuità le presentava.

Non era angosciante, anzi: su molte cose le davo persino ragione e ancor più ragione le ho dato svegliandomi.

Allora quella attività mi pareva assurda, un eco edipico fatto di quel troppo amore che rifiuta di staccare il proprio figlio da sé, che teme il momento in cui il figlio minore porterà altrove i suoi malestri.

Oggi che – onestamente – condivido quell’attività, mi rendo conto che è divertente, dannatamente divertente: non si può non incontrare il fidanzato della figliola, che la figliola ha accuratamente tenuto coperto sino a quel momento, su un treno senza accorgersi con viva gioia che vorrebbe essere in qualsiasi altro luogo, sedersi davanti a lui, presentarsi con estrema cortesia e dirgli:

così Lei è quello che intrattiene commerci carnali con mia figlia? Stia ben attento perché … lei è una ragazza sensibile, io: molto meno

andando via, senza nemmeno un saluto.

Il sangue non mente e il senso dell’ironia è più divertente del complesso di Edipo.

O sono la stessa cosa?

Sorelle A Tebe

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/03/2025

Due figlie sono anche due sorelle.

Ci sono momenti in cui strappano il cuore dal petto.

Come quando vanno insieme a un concerto e la più piccola lo perde perché vuole stare insieme alla più grande che si è sentita male.

E momenti in cui strappano gli schiaffi dalle mani.

Come quando una delle due indossa gli abiti dell’altra e l’altra si mette a urlare come un’aquila.

Non ci si ama perdendo tempo, mi viene da dire.

Ma sono vecchio e non capisco che ci si ama anche urlando come aquile per un nonnulla che è importante perché lei è mia sorella.

I pensieri politicamente scorretti di una Bimba Impertinente (Piccola città, bastardo posto)

0 Comments/ in profstanco, Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/02/2025

Nelle città piccole, alla fine, ci si conosce tutti.

Chi meglio, chi peggio.

Così capita che ci sia una ragazzina, nel gruppo delle ragazzine, che non è solo brutta, ma anche antipatica e persino stupida.

La misericordia del Signore ha fatto sì che questa bambina, non più troppo bambina, non si renda conto del proprio status.

Le leggi della fisica hanno fatto sì che, secondo lo schema per cui tutti i sassi vengono raccolti, anche lei abbia trovato un qualcosa di simile a un fidanzato.

La novella potrebbe finire qui e non essere neppure troppo divertente.

Ma le orecchie del padre colgono una conversazione fra Bimba Piccola e Bimba Impertinente:

BP: Tipo ha detto che si governerebbe la …. che però è fidanzata con Zeta…

BI: Uhm… Secondo me, non lo invidierebbe nemmeno Zeta.

I pensieri impertinenti di una bimba (non più) piccola: infinito

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
17/02/2025

Bimba Piccola, che non è più la Bimba Piccola della foto solo per chi non sa guardare dentro i suoi occhi, ha ascoltato, a scuola, la lettura dell’Infinito di Giacomo Leopardi.

E’ tornata a casa assolutamente sconvolta.

Non ha pianto perché si sarebbe vergognata a piangere di fronte ai suoi compagni.

Non so che cosa le ha detto quella poesia ma le ha parlato.

E sono felice che la sua scuola, questa volta, sia riuscita a parlarle.

I pensieri scomposti di Bimba Piccola (Linea rossa)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/02/2025

Bimba Piccola, che non è più troppo piccola, ha una grave insofferenza per una sua professoressa.

Questa interpreta le storie che insegna come se ne fosse la protagonista e racconta la propria vita come se fosse una storia da insegnare.

La conseguenza è che i compagni di classe di Bimba Piccola hanno compreso il punto debole della loro insegnante e nelle interrogazioni piuttosto che nei compiti ne fanno tesoro: loro non commentano la storia di Paolo e Francesca, raccontano il grande amore della loro docente per la quale il marito ha abbandonato moglie e figli del che la docente si vanta pubblicamente. E così via.

Lei, ovviamente, no: per lei, Paolo e Francesca appartengono all’età di Dante e devono essere compresi a partire da quella esperienza storica.

Lo fa malgrado sia perfettamente consapevole che il suo studio è molto più faticoso di quello dei compagni e che i suoi voti saranno inferiori, anche perché è stata bravissima a far comprendere alla sua docente che la considera come la considererebbe suo padre il quale, però, ha abbastanza mestiere da non far facilmente intendere quel che pensa.

Bimba Piccola rivendica questo suo atteggiamento affermando di non voler essere una “ruffiana” e di disprezzare con tutto il suo cuore i suoi compagni che, invece, sono capaci di quella piaggeria così caratteristica dell’Italietta borghese, fascista e democristiana censurata da Pasolini (ma difesa da Calvino).

Ne dovrei essere orgoglioso, penso anche se questo pensiero mi suscita una nota stonata che archivio come zanzara quando si cerca di prendere sonno.

In effetti non lo sono perché non sono stato capace di insegnarle la sottile linea (rossa? Conrad è una malattia degli occhi: dopo averlo letto, vedono tutto in una dimensione diversa) che divide la piaggeria italiota dallo spirito di leale osservanza caratteristico di ogni rapporto gerarchico preso sul serio.

Ma anche questo pensiero non mi rende soddisfatto: non sono arrivato al profondo della mia insoddisfazione.

In realtà (verum enim vero, avrebbe detto taluno che non avrebbe dovuto incontrare Kazantzakis sulla sua strada) non le ho saputo insegnare la forza (oscura) della empatia: chi sa essere prontamente empatico con il suo interlocutore acquista una forza straordinaria che gli può permettere di ottenere tutto ciò che desidera senza alcuno sforzo.

Il lato oscuro della empatia non può essere attratto nel giudizio negativo che merita la piaggeria perché ne merita uno ancora peggiore: non c’è niente di onorevole nel considerare una persona come una marionetta i cui fili sono le sue più intime fragilità.

Finalmente sorrido: Bimba Piccola è capace di rifiutare esattamente questo aspetto del malato mestiere di vivere cui un infelice dio ci ha dannati.

E questo è molto più che non essere ruffiani.

I pensieri indisponenti di Bimba Impertinente (Carnagione)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/02/2025

L’acquisto degli occhiali nuovi non è facile per niente.

Sono tutti difficilissimi da indossare e, soprattutto, sono belli sul tavolo dell’ottico e brutti nello specchio, oltre che straordinariamente costosi, com’è ovvio e come deve essere.

Li prova, si guarda, li mette da parte e li riprova.

Il padre si stropiccia le mani con lo stato d’animo di uno che viene interrogato a fisica quando si era preparato su greco.

Non si piace.

Lo confessa dopo qualche giorno: la carnagione ha subito un assalto di ormoni e le è passata la voglia di uscire con gli amici.

Resto senza parole: mi sono preparato per greco…

Se mi fossi preparato per la materia giusta, mi piacerebbe dirle che il segreto della sua bellezza sono gli occhi, che gli occhi cambiano la faccia di tutti, che se guardo le fotografie di quando era piccola – e mi capita spesso – non mi sembra lei perché la sua bellezza sono gli occhi che ti guardano negli occhi, con tutta la dolcezza di un anima infinita, una dolcezza che si vive di persona e che si perde nella memoria delle immagini.

E le anime, tesoro mio, non soffrono di acne.

 

La Medea del Midì

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
25/01/2025

Il mito di Medea è estremamente complesso da decifrare: una madre che uccide i propri figli per vendicarsi del marito non può essere una figura positiva e Medea non ha ucciso solo i suoi figlioli.

Lo si poteva comprendere nell’Atene della Guerra del Peloponneso facendo uso di categorie assiologiche che noi non possediamo.

Medea è una semidea che decide di farsi donna per amore di Giasone.

Per Giasone abbandona la sua patria, la tradisce, perde la verginità, partorisce, uccide e quando viene abbandonata fa quello che non si deve fare. Massacra quei figli che erano gli eredi di Giasone, che sarebbero restati con lui, lo priva della discendenza.

Medea non accetta di essere una “fattrice”, può essere madre, ma non la madre dei figli di colui che ha amato e che non la ama più.

Nello stesso tempo, Medea compie il suo destino. Se ne è appropriata quando ha deciso di aiutare Giasone a conquistare il Vello d’Oro. Lì ha deciso di non essere chi avrebbe dovuto e di essere chi lei voleva essere. La nemesi è il tradimento di Giasone. Gli dei puniscono chi si ribella al proprio destino. Medea non lo accetta e sceglie la propria punizione più profonda, sceglie di diventare definitivamente folle come una donna che uccide il frutto del proprio seno. Con questo gesto, Medea si ribella una seconda volta al proprio destino: ha lasciato i luoghi in cui poteva essere se stessa, adesso abbandona se stessa, abbraccia la follia dell’omicidio più terribile perché per un genitore non esiste un dolore più grande del dolore del proprio figlio e se una madre uccide i propri figli, uccide se stessa.

Non c’è niente di moderno o di arcaico in Medea: c’è solo una tragedia dannatamente umana, la tragedia di una donna che si ribella al proprio destino e per non accettare le conseguenze della propria ribellione compie il più terribile dei suicidi decidendo di sopravvivere ai propri figli che uccide uccidendo la propria umanità.

Medea è una donna divisa: potrebbe essere una principessa di un luogo felice e vivere nell’ombra di un drago, ma Afrodite la condanna a innamorarsi di Giasone e diventa regina perché sa essere strega. Quando viene ripudiata, resta solo strega, una strega capace di completare il ripudio di Giasone ripudiando anche la propria umanità.

C’è ancora da studiare e, probabilmente, è anche inutile farlo: non capiremo mai chi era Medea per Euripide, ci limiteremo ad ascoltare la potenza di questo mito che era una fiaba per uomini diversi da noi, che pensavano diversamente, si davano risposte diverse a problemi antichi.

Insomma la sensazione che si ha rileggendo Medea è che se tutti i miti sono un modo con cui generazioni e generazioni di uomini condividono delle strategie di risposta alle questioni più profonde che si agitano nelle loro anime costruendo un inconscio collettivo, questo mito parla a generazioni che sono cenere da più di duemila anni.

Chiedere a Medea di parlare oggi è come usare lo stradario di Firenze per orientarsi a Milano: via Cavour è anche lì ma non è la strada che si sta cercando.

Fa ridere, allora, scoprire sul diario liceale di Bimba Piccola che ha preso sei nel tema in cui la professoressa di greco le ha chiesto di leggere attraverso il mito di Medea la storia di madame Pelicot.

Madame Pelicot è una vittima di una situazione familiare degradata e di un certo modo di intendere il sesso in cui un marito ritiene di poter offrire la moglie a terzi reclutati su siti in cui altri mariti offrono le proprie mogli che, consensualmente, accettano di essere offerte.

Ha avuto il coraggio di denunciare questa forma di violenza.

Ha avuto la forza di rivolgersi a Creonte che ha fatto quello che fa ogni Creonte: ha condannato applicando la legge nell’interesse della società.

Medea non si è rivolta a Creonte: quando si è accorta di essere tradita ha ucciso se stessa uccidendo i propri figli. Ha preso in mano la sua vita e ha deciso che niente doveva sopravvivere nella più estrema delle ribellioni.

Penso più o meno questo mentre prendo atto del sei di Bimba Piccola che, non senza un certo spirito polemico, ha scritto che il tema non aveva senso perché madame Pelicot è una donna che crede nella civiltà delle buone maniere e del diritto, mentre Medea è stata una strega che tutto questo lo ha fatto a pezzi e cucinato nel suo calderone.

Ma soprattutto penso che Bimba Piccola avrebbe fatto meglio a scrivere che madame Pelicot e Medea sono due vittime del patriarcato, che così avrebbe fatto felice l’ignoranza della sua insegnante.

Però è la figlia del suo babbo.

 

Il dilemma del cornetto

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/09/2023

Domenica mattina, bar affollato.

Due bambine con la madre. Non più di sei anni. Carine. Molto.

La prima desidera follemente il cornetto alla nutella.

La madre lo compra avvisando la bambina che non lo deve far cadere.

Il cornetto cade.

La madre costringe la bambina a raccoglierlo e gettarlo via.

Non ne compra un altro.

Lo aveva detto sin dall’inizio.

La vicenda non è banale perché la caduta del cornetto pone il genitore dinanzi a un dilemma senza uscita: il dilemma del cornetto.

Può far piangere il figlio ed essere crudele ma mantenere la propria parola.

Può rinunciare alla propria parola ma fare egualmente felice il figlio.

Entrambe le soluzioni sono pessime.

La verità è che quando poniamo i nostri figli dinanzi a una sfida che sappiamo possono perdere, perdiamo anche noi. Sempre.

La multa di Bimba Piccola (Così impari a portare jella)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/07/2023

Bimba Piccola ha una visione del servizio pubblico decisamente radicale.

Non ritiene che si debba pagare una ulteriore tassa per un servizio che è sostenuto dalla fiscalità generale.

Ovvero ritiene che non pagare il biglietto sia ragionevole nella misura in cui non lo si è pagato abbastanza volte da ripagare l’eventuale multa.

Il tutto si rivela nella mascherina che indossa per salire sull’autobus.

Solo per salire sull’autobus.

In casa, lo sappiamo tutti e la madre, vedendole prendere la mascherina con un piede già fuori casa, la ferma chiedendo se ha preso anche i soldi per il biglietto.

Lei risponde come risponde un adolescente che non vuole essere fermato quando sta uscendo dalla prigione che i suoi genitori si ostinano a considerare una casa.

Poi chiama la madre.

“Mi hanno fatto la multa”

“Porti una bella sfiga”

“Ma io avevo la mascherina e ho dato il tuo nome…”

La piccola criminale si porta dietro la foto dei documenti di tutta la famiglia.

Ecco, se non fosse simpatica e adorabile, sarebbe solo terribile.

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