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Tag Archive for: figli

Bella festa

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/12/2018

Bella festa.

Gli amici che conosci da una vita, quelle persone che ti sono sempre state vicine e che non ti hanno mai abbandonato.

Che hanno ancora voglia di giocare e sanno sorridere su un piatto di pici quasi crudi e sanno perfino divertirsi con il Karaoke.

Ma poi arrivano i ragazzi.

I ragazzi che hai visto nascere e crescere e che adesso sono adolescenti, guidano la macchina, hanno le loro feste.

Passano rapidamente, senza fermarsi, con lo sguardo non troppo divertito di chi dice Ma guarda questi vecchi che si divertono come se fossero ragazzini e ti viene voglia di un caminetto, un plaid e la pipa.

Perché hanno ragione.

Dannatamente e oscenamente ragione.

I pensieri politicamente scorretti di Bimba Impertinente (Marina Abramovic)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
16/10/2018

E’ qui l’artista? O qui c’è un’artista?

Sono le domande poste dall’adolescente Bimba Impertinente che il crudele padre ha portato con sé alla mostra di Marina Abramovic dentro Palazzo Strozzi.

La guida – una signora che si trova palesemente molto più a proprio agio con i fondo oro degli Uffizi e usa il “tu” sapendo che quello che gli altri avvertono come confidenza per lei e tutti i suoi avi si chiama “tuaccio” – ha avvertito che “Marina” (perché chiamarla per nome? Qualcuno ci ha mangiato insieme?) si può amare o disapprovare, ma non ignorare.

Bimba Impertinente osserva con curiosa disapprovazione. Cerca di capire, chiede. Il padre le spiega che la Jugoslavia dei primi anni settanta era un luogo lontano da tutto, prima di tutto da se stesso. Una sorta di razzo lanciato verso le stelle su una rotta sbagliata. Le rammenta Hrabal, che ha segnato la sua educazione sentimentale, e le racconta le performance di Károly Halász nell’Ungheria degli stessi anni.

Bimba Impertinente è scettica. Guarda con malcelato disgusto il furgone cellulare all’ingresso della mostra, considera come sgraziati i dipinti giovanili, cerca di penetrare il significato delle performance chiamate Rhythm, ma il bianco e nero virato su un contrasto quasi assoluto grazie ai nitrati di argento non le dice moltissimo.

Soprattutto, dal suo punto di vista, non è ragionevole considerare il proprio dolore una cosa interessante per altri da sé. Bimba Impertinente intende perfettamente il dolore della signora Abramovic, la difficoltà di crescere nell’affetto anaffettivo di due eroi (di guerra e serbi), l’oscurità delle notti di Belgrado, la perfetta solitudine di un aeroporto da cui non parte niente e dove non arriva nessuno. Tutto questo è vicino a un’adolescente, forma i suoi tessuti più profondi. Quello che non comprende è perché il dolore di un uomo, per colui che soffre, possa essere “interessante” e anche questo è tipico dell’epidermide con cui l’adolescente comincia a indossare il mal di vivere.

Per chi suona la campana? L’eterna domanda di John Donne ne nasconde un’altra: A chi interessa se la campana suona per me? o Mi interessa che a qualcuno interessi se la campana suona per me?

Forse è questa la vera domanda e l’osservazione di Bimba Impertinente, alla fine della mostra di Marina Abramovic, è

Perché alla signora Abramovic interessava tanto che gli altri conoscessero il suono del suo dolore? Che bisogno aveva di farlo conoscere?

Molto probabilmente non sarà mai un’artista, ma come “signora” promette davvero bene.

Oggi, non c’ero (Il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
17/09/2018

Oggi, il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente, non c’ero.

Non ci potevo essere e comunque non sarei stato una presenza gradita.

Non avrò le fotografie di Bimba Impertinente che attraversa il portone del liceo da collazionare con il nido, la materna, le elementari e la scuola media. Mi dispiace.

Io non volevo fare il liceo classico e nemmeno il liceo che ho fatto. Ne avevo paura. Avevo paura di non riuscirci, di non essere all’altezza.

Ho imparato ad amare questo liceo giorno per giorno, versione per versione, senza mai sentirmi davvero all’altezza delle cose che stavo studiando, dei temi che mi venivano proposti.

Poi mi sono trovato tante volte a spiegare perché quei cinque anni passati a sudare la Germania di Tacito e riflettere sul motore immobile di Aristotele erano stati per tutti noi così importanti.

Sono due gli argomenti che spesso ho utilizzato.

Il primo è che al liceo classico, non si impara a far di conto. La matematica è soffocata dal latino e dal greco e questo può disturbare molto chi crede nella importanza dei numeri e di saper far di conto più velocemente della persona con cui fa affari facendo le vesti di conversare.

La mia società conta spesso, l’essenziale è quasi sempre un numero e quel numero è il punto di arrivo di un algoritmo solo apparentemente matematico, come il prezzo di un’opzione su un mercato non regolamentato.

Al liceo classico, si impara che i numeri sono meno importanti delle parole, non sono niente senza lo sforzo di capire che è proprio di chi cerca il significato delle parole e le parole contengono le persone.

Il secondo argomento è legato alla specificità del latino e del greco. Le lingue hanno sempre una loro specificità che deriva dalla funzione che hanno assolto. L’inglese è una bellissima lingua di connessione, la cui eleganza è la semplicità. Il francese è diplomatica poesia. Il tedesco, precisione di medici, ingegneri e filologi. L’italiano è una lingua di ricordi, serve per raccontare un paesaggio mentre sta scomparendo.

Il latino ed il greco, invece, sono lingue morte, che si conoscono non per come erano parlate da un mercante della Beozia o da un mercenario di Brutium, ma per come furono parlate da poeti talmente raffinati e profondi da resistere alle notti barbare.

Di una parola greca o latina, noi non conosciamo il significato quotidiano ma solo quello che ha avuto nella lingua scritta di uomini dalla sensibilità eccezionale, capaci di raccontare il discorso di un guerriero all’oceano dell’eternità e di esprimere con una sola parola la potenza di una persona nell’attimo in cui stava diventando polvere.

Ho pensato a questo oggi che era il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente e non glielo ho detto perché sono cose che si capiscono solo se si capiscono da soli.

A lei, ho detto solo che anche sul mio banco qualcuno aveva inciso con una chiave la frase “Dio aiutami”, che ha trovato incisa sul banco della sua classe e che mi ha fatto ricordare l’angoscia delle versioni prima di trovare il bandolo della matassa.

Perché il liceo è anche saper dialogare con quell’angoscia, senza la quale, forse, non s’impara molto.

Cose da Bimba Piccola (Adoro il Tasso)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/07/2018

Improvvisamente, ma molto improvvisamente, dice di adorare il Tasso.

Lo stupore del padre è evidente.

Sono anni che cerca un libro in grado di aiutarla a diventare grande leggendo, anche se non avrebbe mai pensato al Tasso e avrebbe preferito raccontarle l’Orlando Furioso.

Uno stupore che diventa interrogativo senza bisogno di aprire bocca.

Adoro le crociere…

Dice senza essere interrogata.

Il padre torna sulla terra e smette di domandarsi in quale scatolone si sia nascosta la sua Gerusalemme Liberata.

In fondo, se fosse orfana non sarebbe un suo problema.

Cose da Bimba Piccola

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
14/06/2018

Babbo, abbiamo la Gerusalemme Liberata?

Figliola, perché ti interessi al Tasso?

Mi piacciono moltissimo le crociere…

Se fosse orfana, non sarebbe un mio problema.

È crudele ma non riesco a non pensarlo.

I pensieri politicamente scorretti di Bimba Impertinente (Cinque e mezzo)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
17/05/2018

Adesso che è passato molto tempo da questa foto, ha preso il suo primo cinque e mezzo a matematica.

Fissa il nulla dentro una coperta a forma di sirena, perché è passato meno tempo di quello che può sembrare da questa foto.

La sorella la sfiora appena:

Ti devi volere bene

Risponde, senza uscire dalla sirena:

Se non ci si vuole bene, non si va da nessuna parte e aggiunge dopo qualche secondo E’ una frase da vecchi

No, è una frase del cazzo. Replica, lapidaria, Bimba Piccola.

E Bimba Impertinente esce dalla sirena per andare a giocare.

La fine di un amore

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
31/10/2017

La fine di un amore è un problema essenzialmente comunicativo.

Non è facile da spiegare che l’apparenza di eternità che permetteva di dare un colore più intenso alle cose è sfumata.

Bimba Piccola ha saputo risolvere il problema con la sua abituale ferocia.

Marco, mi dispiace. È che noi ci manchiamo in maniera diversa…

Il poveretto che non si chiama Marco, ma anche sbagliare nome fa parte di una strategia comunicativa, spalanca gli occhi interrogativo.

Si, tu non mi manchi

E va via perché la merenda al tempo dell’olio nuovo è più sacra di sempre.

I pensieri politicamente scorretti di una Bambina Impertinente (Il Lontra)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/10/2017

http://cjalcor.blogspot.it/2012/08/fino-una-cinquantina-danni-fa-cerano.html

Il lontra viene chiamato così perché sostiene di avercelo come questo animale e lo ripete :

Ce l’ho come una lontra…

E’ il tempo in cui i maschi hanno l’ossessione delle misure e le femmine li guardano con divertito disprezzo.

Bimba Impertinente non lo sopporta e lo considera un mentecatto.

Però non è facile azzittirlo.

La soluzione è la terribile mamma di Lapo e, soprattutto, fruttivendola al mercato centrale, che sente il ritornello all’ingresso di scuola e dice, veloce come se fossero appena arrivati i porcini:

Chi l’ha lungo se lo tira

Poi si accorge che la mamma del Lontra lo ha munito di una sciarpina e aggiunge:

E a te, a furia di tirartelo, t’è venuto anche il torcicollo

Il poverino arrossisce mesto come un disco di jazz scandinavo e si dice che da quel giorno abbia ricominciato a cantare le canzoni dello Zecchino d’oro.

Quando non avrà più paura del buio

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
03/10/2017

Bimba Piccola ha sempre avuto paura del buio.

Ha paura di quel viaggio al termine della notte che porta dalla sala da pranzo alla stanza della musica.

Ha paura di addormentarsi perché non esiste un telecomando dei sogni.

Ha perfino paura di tirare lo sciacquone dopo avere fatto la cacca perché le fogne sono piene di mostri blu.

Quando la paura entra fra le sue lenzuola, Bimba Piccola corre, piccoli passi che sembrano castagne nel vento d’autunno, si stringe sulle mie spalle per non svegliarmi ed io faccio finta di continuare a dormire.

L’insonnia del mattino diventa gioia seguendo la traccia dei suoi sogni nel suo respirare lieve e profondo.

Bimba Piccola ha paura del buio,

Io, di quando non ne avrà più.

Voglio credere in Babbo Natale e nel Topino che compra i denti dei bambini

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/09/2017
CicognaBabboNatale

Per il topino dei denti

Bimba Piccola ha perso due denti.

Non ha ancora finito di perdere i denti.

Li ha messi sotto il bicchiere e ha messo il bicchiere sopra il comò della Povera Mara che è un ponte fra dimensioni parallele.

Ha aggiunto un biglietto, per scriverlo ha chiesto la stilografica del padre, comunicando che siccome i denti erano due, uno sconto sarebbe stato accettato.

E’ una persona pratica.

Bimba Impertinente ha sorriso impertinente, scatenando la reazione di Bimba Piccola:

Voglio continuare a credere a Babbo Natale e anche al topino dei denti…

Nessuno ha detto nulla e non c’era niente da dire.

Dopo non molti minuti, la stessa bambina ha chiesto:

Per fare un figlio sono sempre necessari i maschi? Io ne farei anche a meno. All’inizio sembrano divertenti, però poi che noia…

Nessuno ha detto nulla.

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