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Santa [S]Fiducia: la democrazia delle trappole identitarie

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/02/2025

Sul piano tecnico, uno dei due rami del Parlamento ha respinto la mozione di sfiducia individuale presentata nei confronti del Ministro Santanché.

Il Ministro si è difeso sostenendo di essere il bersaglio dell’altrui invidia per i suoi tacchi, le sue borse, il suo modo di essere.

Può darsi che abbia ragione.

Ma può anche darsi che, come spesso capita a chi è accusato, la sua difesa si sia trasformata in un’accusa peggiore del capo di imputazione.

La Santanché è percepita essenzialmente come una donna di mezz’età che si veste con uno stile decisamente aggressivo, cerca, per quel che può, di mantenersi in forma e ostenta il proprio fisico.

Qualcosa che, absit injuria verbis, può essere definito come una cougar nel linguaggio di siti meno seri del Corriere della Sera ma con più visitatori.

Questa è la ragione che la rende un animale politico perché il suo aspetto, quell’abito di pelle_latex_quel che l’è, quella borsa, quei tacchi 12 è, per i suoi elettori, rappresentativo della nazione e meritevole di essere ricompreso nell’indirizzo politico di maggioranza.

Succede: quando la democrazia si trasforma perché gli organi eletti non sono più chiamati ad educare la nazione, secondo il modello di Bagehot, ma a rappresentarla, secondo il modello di Bockenforde, allora ci vediamo allo specchio e il nostro specchio ci mostra anche i tacchi 12 della Santanché.

Non è diverso da quello che succede a sinistra: che cosa fa Sara Funaro quando si arma degli opportuni utensili e scende da Palazzo Vecchio per smontare le key box? Esattamente la stessa cosa: dà vita al disagio di chi vive nella invidia di quelli che si “arricchiscono” con airbnb invece di fittare ad equo canone ai cittadini più bisognosi che sono costretti a vivere sempre più lontani dal centro in periferie che si alimentano di sogni al plasma.

In questa democrazia rischiamo di restare invischiati in una trappola identitaria perché se ciascun eletto concorre a rappresentare l’intera nazione trasformandosi in una maschera da commedia dell’arte, l’indirizzo politico non è più un consenso per intersezione guidato da valori alti. E’ una commedia.

Santa che compra borsette false per regalarle alla Pascale.

Genny che si fa illudere di essere diventato padre e finisce su tutti i rotocalchi insieme a Rosy e alla moglie piuttosto infastidita. Non si sa se per il tradimento o per il pentimento.

Michele che blocca un ristorante per pranzare con l’avvocata ambasciatrice della Puglia all’estero.

Sara con le pinze in mano che si trasforma nella vendicatrice del proletariato scacciato dal centro storico.

Etc.

Tutto sommato meglio di quello che accade dall’altra parte dell’oceano dove, per le stesse ragioni, ci si veste da Toro Seduto e si assalta il Parlamento.

L’ordine di pubblico di Sara (Sarà ordine pubblico?)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
07/08/2024

Le cose cambiano: molto. Non più Dario che rincorre coloro che imbrattano i monumenti ma la più sobria Sara che rincorre coloro che vanno troppo forte in macchina sui viali.

Sembra impossibile: i viali di circonvallazione, perfino adesso che è pieno agosto, sono rallentati dagli infiniti e interminabili lavori della tramvia, eppure taluno – il meschino autore di questo post, ad esempio – riesce ad oltrepassare i limiti di velocità.

Di tre chilometri orari, una velocità che costa € 33,70, se paghi entro cinque giorni, home banking si fa tutto con il telefono, pochi istanti e sei contento di nuovo.

Sara mi ha scritto per posta certificata cinque volte in un mese, cinque volte € 33,70.

E’ giusto: chi viola la legge, deve assumersi le conseguenze delle proprie azioni e, d’altra parte, non c’è una legge che sanziona chi obbliga i cittadini a passare un’ora in macchina per percorrere i sei chilometri che vanno da piazza Beccaria all’imbocco della FI-PI-LI, nemmeno se i lavori dovevano essere finiti da tempo perché anche i ritardi sono multe, solo che si chiamano penali.

Non c’è la legge, ci sarebbe la ragionevolezza: se so che chi vive sui viali e talvolta esercita la propria libertà di circolazione con la sua macchina deve affrontare un calvario per raggiungere prima piazza della Libertà e dopo Porta Romana, gli metto l’autovelox alla fine del suo calvario e lo punisco se oltrepassa i cinquantasette chilometri orari dopo mezz’ora in cui non ha mai raggiunto i dieci chilometri orari?

Lo posso fare, sono nel giusto a farlo, ma forse non è troppo ragionevole.

Non è ordine pubblico: l’ordine pubblico è educazione alla legalità, è sicurezza dei cittadini, non sono le multe che fanno cassa per un bilancio comunale che ha bisogno di interventi strutturali in grado di assicurare sostenibilità al debito e giustizia sociale per i cittadini.

Ma queste sono osservazioni qualunquiste e meschine.

Meglio prendere l’autobus, oggi: lì ci sono i controllori con la polo bianco, un’altra invenzione post elettorale.

Giusto anche questo, ma in una città soffocata dal turismo, il biglietto deve essere eguale per tutti, con l’unico temperamento dell’ISEE?

Firenze plurale, per chi ci ha creduto, era l’idea di una Firenze capace di ascoltare, capace di proiettarsi fuori da Palazzo Vecchio e questo appariva molto convincente in una campagna elettorale in cui la destra cavalcava una meschina concezione dell’ordine pubblico come pulizia della città.

L’ordine pubblico, però, non sono né gli autovelox né i controllori con la polo bianca.

Quelle sono solo scorciatoie per il pareggio di bilancio, obiettivo peraltro irraggiungibile.

L’orgoglio di Coppo

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/07/2023

Vedere da vicino i mosaici del Battistero è un’esperienza emozionante.

Fanno impressione i particolari.

La loro minuzia.

In un luogo destinato a essere buio: le finestre erano coperte da lastre di alabastro, e incendiato dalle fiamme delle candele.

Nessuno avrebbe mai visto questi particolari. Eppure ci sono e ci sono perché li ha voluti l’autore dei mosaici.

Ci vuole un grande e buono orgoglio per disegnare e realizzare dei particolari che non si vedranno mai e che rivelano l’essenza della perfezione.

Una cosa è perfetta non in ciò che si vede ma in ciò che non si vede e che inconsapevolmente si percepisce.

Assomiglia al motto di Thaon di Revel: non avere segreti e non avrai paura.

Anche nella vita ciò che conta è la perfezione di quanto non si vede.

Non si vede ma si percepisce.

Agosto in città (l’anormale sono io)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/08/2022

Agosto è il mese degli anormali.

Persone, forse spok: frammenti di energia vitale che la cabala riesce a trasformare in esseri quasi viventi, il ricordo di una persona che è sempre esattamente l’immagine esatta della persona nel ricordo, persone che negli altri mesi non ci sono, non si vedono, escono solo di agosto e si aggirano in città appropriandosene, come ratti che possono finalmente uscire dalle fogne e girare liberi senza che nessuno li guardi schifato o li rincorra con una scopa.

C’è la cicciona con il vestito giallo: non esiste se non di agosto, in nessun altro periodo dell’anno avrebbe il coraggio di mettersi quella specie di vestaglia svolazzante che non potrebbe rivestire neppure un disturbo alimentare senza farlo sembrare una mongolfiera spiaggiata dall’afa.

C’è il vecchio colorato come una pasticca di LSD, i capelli lunghi e le trecce al posto delle basette con le cuffie sopra le orecchie come un disc jockey di Ibiza che cammina saltellando contento.

C’è la ragazzina che si diverte a camminare mostrando il sedere come se Borgo Albizi fosse una passerella e chi la guarda un buyer dell’alta moda.

Eppoi ci sei te, te che li guardi e che ti incensi perché ricordi la cabala, te che li osservi dall’alto e che pensi di poterli raccontare come se fossero maschere di Molière e ti senti più tragico di Racine.

Tu che non hai capito di essere anche tu un anormale.

Perché se scrivi queste righe, sei anche tu in città d’agosto, esattamente come loro.

La croce di Martino

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
18/04/2020

Martino è una bicicletta da donna, una di quelle biciclette che usano gli anziani per evitare di dover alzare la gamba nel movimento con cui si inforca il sellino.

Fa parte del centro di Firenze, come l’imbecille munito di mantello che declama Dante ai turisti e il bidello dell’archivio storico comunale che si è tatuato il sole dell’avvenire sulla fronte, forse perché ha effettivamente un viso molto rivoluzione di ottobre.

Martino è stato un play boy di una gioventù allegramente dissoluta ed era già di mezz’età quando è stata scritta la sceneggiatura di Amici miei nel caffè storico che allora gestiva e che gli ha visto dilapidare le ultime macerie della ricchezza di famiglia.

Da allora, percorre il centro sulla sua bicicletta e trova sempre qualcuno con cui attaccare bottone, ha una memoria fantastica per le persone a cui si rivolge sempre con il giusto titolo e non dà mai del tu.

Fa effetto vedere la sua bicicletta immobile al bordo di piazza Santa Croce, lontano dal centro – centro, quello di cui fa parte, come la statua di Mercurio che si dice fosse dinanzi al Battistero.

Immobile perché non c’è nessuno con cui parlare.

Perché la pandemia ha sanificato la città da ogni tenerezza e Martino non lo accetta, sicché se camminando non troverebbe nessuno, spera che restando fermo qualcuno gli cada addosso.

Non mi sono fermato: quando la legge vieta gli abbracci, chi ne ha bisogno è condannato a morte dalla epidemia della paura e dalla sanificazione della tenerezza.

Ce la faremo?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/04/2020

Resta a casa, testa di cazzo

Le terrazze, in tempi di pandemia, aiutano.

Aiutano molto.

E’ divertente guardare il mondo dall’alto, anche un mondo a velocità ridotta.

Si finisce per conoscere i vicini.

Come quello dall’altra parte della strada, all’inizio molto entusiasta, il cartello Ce la faremo affisso fuori dalla finestra, l’inno d’Italia alle sei del pomeriggio, gli applausi a scena aperta. Quasi un bel signore e ben vestito. Poi sempre più stanco, sempre più provato, sempre più in pigiama tutto il giorno.

Finalmente è uscito, con la mascherina e le borse per la spesa. Si è fermato per soffiarsi il naso. Ha tirato fuori il fazzoletto di carta. Non si è ricordato di avere la mascherina e se l’è soffiato, con un terrificante moccolo a voce alta, un Dio serpente assolutamente fuori di contesto.

Il suo Ce la faremo di un mese fa, è diventato un sonoro Resta a casa, testa di cazzo. Dal chiuso di una persiana, naturalmente, perché questo è un quartiere signorile, in fondo.

Il Semestre europeo, il barbiere e la domenica pandemica

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/04/2020

La domenica comincia con la barba del sabato

Ci si abitua a queste strade abitate dalle ambulanze e dalle passeggiate dei cani, a questo silenzio irreale spezzato da qualche nota di pianoforte in case senza serenità, ad ascoltare il quartetto alla fine dei tempi al posto delle nozze di Figaro.

E’ una sorta di lunga domenica e la domenica di chi lavorava la terra, quando lavorare la terra era duro lavoro di braccia che addomesticavano cose d’altri e non passatempo di orti pensili, iniziava con la barba del sabato.

Con la coda dal barbiere del paese, l’attesa del pennello e del borotalco, il piacere della lama come una carezza.

Ci si preparava alla domenica.

Non a questa lunga domenica, nessuno ha avuto il tempo per prepararsi a questa lunghissima domenica, nessuno sa neppure quando finirà una domenica in cui le messe sono proibite, soprattutto nessuno sapeva che il giorno dopo sarebbe stata domenica e così il giorno dopo, fino a un quando che è impossibile da prevedere perché il virus non rallenta, il silenzio è un silenzio di ambulanze che lo violentano come se fosse notte, come se fosse sempre domenica.

Eppure la domenica è sempre l’occasione per ripensare a se stessi, alla propria vita, al proprio affannarsi, e questo vale anche per questa strana domenica delle salme e per questa nostra repubblica prostrata dal silenzio delle strade e di chi la governa guardando al futuro con il cannocchiale della paura, facendo della precauzione un principio di governo dell’economia.

E’ il momento di ripensare alla nostra idea di sviluppo e di coesione nel quadro di una governance condivisa non solo dell’economia, fa paura un governo che pensa all’indebitamento come strumento di sviluppo senza individuare le missioni e i programmi che dovranno guidare il rilancio dell’economia, che pensa all’innovazione senza individuare che cosa ha bisogno di essere innovato, che non si accorge che la proposta tedesca di sospendere per un anno il cd. semestre europeo non è un favore ai paesi più colpiti. E’ il modo per evitare alle economie più forti della zona Euro di condividere i propri bilanci, di mostrare come in quei paesi la sovranità nazionale si muoverà egoisticamente per rilanciare la propria economia consentendo alle proprie imprese di aggredire come lanzichenecchi affamati i membri più impoveriti del mercato comune, quelli che saranno costretti a vendere i propri figli più piccoli per dare un futuro ai figli più grandi.

Aprile, nel semestre europeo, è il mese in cui tutti i paesi della zona Euro devono comunicare alla Commissione Europea i propri programma di stabilità e di riforma e mai come in questo aprile di morte e pandemia è stato necessario avere contezza reciproca di quanto ciascuno può fare per venire incontro alle esigenze del proprio paese, mai è stato necessario come in questo aprile dimostrare di essere capaci di pensare insieme al futuro e questo non è un problema di obbligazioni sovrane e di MES, è il punto di partenza per capire quali strumenti attivare e come attivarli.

Rinunciare a questo meccanismo, pensare che questa rinuncia sia un dono è miopia, perché di domenica si pensa al lunedì, si prepara la settimana, si organizza l’agenda e si mettono in ordine le scadenze prima che si troppo tardi per non essere travolti dalla urgenza di una telefonata che rimette in discussione tutto quello che si era pensato di fare.

Spaventa un Parlamento che resta “aperto” solo per gli affari urgenti e che in questi affari urgenti ricomprende unicamente le interrogazioni a risposta immediata, che sono poco più di un rito quando le domande sono allegate all’ordine del giorno di seduta, e la conversione dei decreti legge.

Spaventa una Giunta per il regolamento che si preoccupa di organizzare i lavori dell’Assemblea e delle Commissioni rispettando il distanziamento sociale, piuttosto che cercare il modo di affrontare e discutere in termini costruttivi e di solidarietà nazionale la Decisione di Economia e Finanza, che dovrebbe essere adottata entro il mese di aprile e che, forse, non sembra nemmeno all’ordine del giorno della Conferenza dei Capigruppo.

In questo momento, dobbiamo pensare al futuro della repubblica, ripensare il nostro modello di sviluppo, approfittare di questa domenica e dei fondi che potrebbero essere stanziati per il futuro perché la crisi dell’economia possa essere superata cambiando un modello di sviluppo che ci ha portati alla pandemia. Solo per fare un esempio: quando potranno essere aperti di nuovo ristoranti e alberghi? Quando potranno tornare i turisti? Non lo sappiamo, ma forse sappiamo che il turismo delle città d’arte saccheggiate da stranieri in fila per una schiacciata consuma un patrimonio inestimabile senza dare niente in cambio. E’ un padre che vende i propri figli per un fiasco di vino all’osteria del paese.

Sono queste le cose che dovremmo pensare in questa domenica delle palme senza messe e in questa settimana santa senza vie crucis.

Il bello di un marciapiede

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
18/01/2019

Non c’è niente di bello in un marciapiede.

Quasi mai.

Persone corrono intabarrate di cose da fare.

Improvvisamente la strada viene chiusa.

Tutta la sede stradale e resta un sentiero fra le facciate e la rete che delimita il cantiere.

I passanti sono costretti a rallentare il passo. A stringersi al muro. A fermarsi per dare il tempo di passare.

Allora succede un piccolo miracolo.

Le persone si salutano e si sorridono mentre si incrociano.

Diventano vive.

Vivo l’anziano che cammina a fatica e al quale si chiede di fare con calma perché non si ha nessuna fretta:

ne ho ancora meno mica perché ho fatto tutto quello che volevo ma perché la mia ombra è scappata da tanti anni.

Con il sorriso delle difficoltà, il più bel sorriso del mondo.

Viva la suora che cammina con voce di baritono ed è felice di essere salutata.

Viva perfino la mamma che spinge la carrozzina con la faccia di chi ha smesso di fumare ma vorrebbe ricominciare.

C’è profumo di Pratolini, adesso.

Un profumo che non sanno fare nemmeno all’Officina di Santa Maria Novella.

Aureole con l’acne

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
04/01/2019

Se esiste un santo protettore degli adolescenti, spero che la sua aureola abbia l’acne.

Mica è facile essere alle sette e mezzo del mattino in una piazza del Duomo gelata dalla tramontana per vedere il set della Casa di Carta molto probabilmente sponsorizzato dalla Tachipirina.

Soprattutto quando si ha la certezza che stasera si dovrà essere alle due a recuperare le “ragazze” all’uscita di una discoteca perché hanno le minigonne e non possono tornare a casa in taxi.

Si: un santo che ti fa fare tutte queste cose merita sicuramente l’acne sull’aureola.

La Madonna di Renzi

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
14/12/2018

Renzi, ieri, ha presentato il suo programma televisivo su Firenze parlando della Madonna.

Era al Teatro del Sale.

Uno dei luoghi privilegiati della gauche meno radical e più chic fiorentina.

Ha illuminato spiegando agli invitati del Picchi che gli Uffizi sono un luogo magico, in cui ciascuno sceglie il suo capolavoro.

Il capolavoro di Renzi è la Madonna con il Cardellino perché rappresenterebbe la sua carriera politica.

Che avrà voluto dire?

Identificarsi con un’immagine che si presta a facili battute è contrario al patrimonio genetico dei cittadini di un luogo in cui ci si comincia a prendere per il culo quando si esce dalla fica.

Ma chi scrive, quando – spesso – va agli Uffizi si ferma sempre davanti al Bacco di Caravaggio e non alla Madonna del Cardellino di Raffaello.

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