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Tag Archive for: goliardia

Chi li ha sciolti? (Delikatessen)

10 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/01/2008

Esiste una ampia vulgata sulle allieve procaci che diventano professori ferocissimi.
Non ne conosco poche.
Ma ci sono esseri ancora peggiori.
O forse no.
Non saprei.
Immaginate un oggettino – una delikatessen – che riesce a procacciarsi un concorso.
Un concorsino, poco più di una borsa di studio.
Ma di questi tempi non è semplice.
Perciò la guardi con curiosità, conoscendo i gusti del suo sponsor.
E vedi: due piedi a papera, di quelli che guardano le botteghe con attenzione sublime; due gambe ad X, il genere che potrebbe dedicarsi a feticismi che le signorine con la sesta praticano nei siti specializzati; un sedere basso, sul tipo con glutei che scopano per terra; ventre_addome_torace_tutto_d’un_pezzo, senza nessuna soluzione di continuità.
Il tuo sguardo torna al cervello venato di incredulità.
Il suo sponsor non è uno stinco di santo ma nemmeno un passionista di vespasiani.
Lo trovi per caso su un treno.
Non puoi non parlarci.
Preferiresti il tuo blackberry, ma sei costretto ad una conversazione cortese.
Naturalmente non accenni a nulla.
Lui entra nel discorso: Hai conosciuto la dott.ssa ____
Si
Che ne pensi?
Mi sembra una persona molto seria [Che devo dire? Che assomiglia al lupo della tasmania in lingerie e tacchi a spillo?]
Assolutamente. Poi non è nemmeno brutta, non ti pare?
Per nulla. Può avere un suo fascino. Ha uno sguardo assolutamente interessanti [sono occhi da tiroide, il genere che ti fissa come se fosse un pesce rosso in una palla di vetro]
Ma si. Una persona seria. E nemmeno brutta – ripete.
Scendiamo dal treno.
Saluti.
Abbracci.
Resto stupito.
Faccio un paio di telefonate.
E’ la moglie del figlio.
Un nuovo genere di delikatessen.
La moglie sfigata del figlio sfigato.

Con lo strabismo nel didietro

8 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
23/01/2008

Nei sederi delle donne, si può scorgere l’ombra della loro origine.
Alcuni sono musicali. Come di antiche cortigiane.
Altri larghi e forti, da fattrici.
Oppure stretti, quasi efebici, come di danzatrici.
O ancora sfatti, da nomadi a cavallo, che hanno cucinato generazioni di tartare fra le gambe.
Ovvero duri e secchi, arcigni, da sciatrice di slalom, che fanno immaginare il coito retroverso come una ghigliottina.
L’antropologia dei sederi è arte raffinata.
Ma ha un grave difetto di carattere pratico: non può essere esercitata palesemente.
Queste sono tutte osservazioni prese a prestito.
Da un imbarazzante voyeur strabico ogni oltre misura.
A tal punto, da sostituire l’osservazione alla pratica.
Quella pratica che prende l’avvio in cene ed aperitivi piuttosto complessi da gestire senza riuscire a guardare il proprio oggetto del desiderio se non con acrobazie pupillari che lasciano sempre il dubbio di cosa il disgraziato stia fissando.

Tesi di laurea (Anche questo lo Scaccabarozzi non lo avrebbe mai fatto)

18 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/12/2007

La discussione delle tesi di laurea è un momento arcano ed oscuro della vita accademica.
Resiste nel rituale un tenue ricordo di quando le università erano composte di poche centinaia di studenti e le tesi venivano davvero discusse: l’allievo doveva dimostrare di essere all’altezza del maestro ed il maestro grazie ai suoi allievi affermava la sua sapienza.
C’è anche una vaga aria da festa di paese: l’aula magna si riempie di signore assai poco abituate ad infagottarsi nei vestiti della domenica e molte delle mani che si stringono quando si ha l’ipocrisia di congratularsi con lo studente non hanno l’aria di avere impugnato molte penne.
Di qua dal tavolo, le tesi di laurea sono un momento di straordinaria noia.
Ci sono varie tecniche per sopravvivere ad una sessione: contare i "cioè" della esposizione del candidato, scommettere sui voti finali prima della discussione, giocare a brik breaker o a sneak sul portatile, etc.
Uno degli strumenti migliori di sopravvivenza è il blackberry: consente di ripassare la posta dell’ultima settimana e di rispondere a quelle mail che sembrano scritte apposta per essere dimenticate.
Per fortuna, ci sono dei colleghi che fanno di tutto per movimentare le sedute.
Così, è successo che un simpatico collega piuttosto anziano, non particolarmente famoso per le sue doti scientifiche, ma molto più noto per i denti che si rincorrono l’un l’altro disegnando un labirinto cariato, abbia introdotto il suo candidato con uno splendido concione sulle conferenze di servizi: E’ una tesi davvero interessante, si occupa di un punto centrale del diritto amministrativo, le conferenze di servizi sono uno degli strumenti più moderni di raccordo interistituzionale, etc.
Fin qui, una relazione noiosa, ma nulla di eccezionale.
Lo strano era guardare il candidato, sempre più a disagio, sempre più preoccupato, si agitava sulla sedia, sembrava sull’orlo di sentirsi male.
L’anziano relatore si accorge che qualcosa non sta funzionando.
Si ferma.
Guarda il candidato.
Il candidato è completamente rosso.
Interviene il Presidente.
Chiede cosa stia succedendo.
Il candidato, con imbarazzata flemma, risponde che la sua tesi non riguarda le conferenze di servizi, ma la conferenza Stato – regioni, che sono una cosa completamente diversa.
A questo punto, è il relatore che arrossisce.
Nemmeno troppo.
Gli è successo di peggio: una volta è stato trovato in un gabinetto mentre si dilettava more ferarum con un giovane allievo e sono cose che nessuno dimentica.

Scene accademiche (Questo lo Scaccabarozzi non lo avrebbe mai fatto)

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/12/2007

Si è detto molte volte che l’università sa essere stupefacente.
Sa donare delle scene che non si sarebbero mai immaginate.
E’ un mondo divertente e terribile da osservare con animo distaccato.
Può succedere, ed è successo, che il telefono squilli improvvisamente alle sette del mattino.
Dall’altra parte, un professore al quale non si deve particolare gratitudine.
–   Buongiorno
–   Buongiorno
–   Mi scusi se l’ho svegliata
–   Non si preoccupi, non stavo sognando
–   Le dispiace fare lezione alle otto e trenta?
–   Affatto, lo considero un onore e La ringrazio. Di cosa devo parlare?
–   Mah, non lo so. Decida lei. Parli di quello che vuole. Farà sicuramente meglio di me
–   Parlerei di sistemi elettorali, se può essere d’accordo
La risposta resta nel filo del telefono. Ha agganciato.
Ecco una cosa che lo Scaccabarozzi non avrebbe mai fatto e che io spero di non fare mai.

Chi li ha sciolti? (Il cognato Osvaldo)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
11/12/2007

Il cognato Osvaldo è un grande rompicoglioni.
La caratteristica essenziale del cognato Osvaldo, che non è mio cognato, è di essere un entusiasta assertore del controllo chirurgico delle nascite.
A trenta anni, il cognato Osvaldo si è operato con una vasectomia, ovvero si è fatto tagliare e legare i dotti referenti degli spermatozoi.
Ha anche convinto la sorella Annabella, che non è mia sorella, alla salpingectomia, che è la stessa cosa ma fatta alle tube.
Adesso hanno cinquanta anni.
Dicono di essere contenti.
Hanno un cane, Ulisse, o qualcosa del genere, che tengono come un figliolo.
Hanno anche un anziano padre che tengono come un cane.
Trattano il genere umano come se fosse composto esclusivamente da irresponsabili che non si prendono a cuore il problema della sovrappopolazione.
Il che mi starebbe assolutamente bene se vivessero come missionari.
Ma non è così.
Vivono per il loro cane e nonostante il loro anziano padre.
Il che mi ha sempre fatto pensare che il normale funzionamento dell’apparato riproduttivo sia un formidabile fattore di salute mentale.

Verginello (Dietro ad ogni scemo c’è un villaggio)

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
07/12/2007

Il poveretto è sempre stato chiamato verginello.
Per un motivo molto semplice e se così si può dire onomatopeico: riusciva a barcagliare le ragazze solo per rimbalzarci come uno yo yo.
Altra caratteristica essenziale del povero verginello era l’assoluta semplicità di spirito.
Non riusciva a capire assolutamente nulla.
Così, una sera di inverno fu deciso che la sua imbecillità meritava una franchina.
Tutti conoscevano perfettamente la franchina e pareva impossibile che qualcuno non la conoscesse.
Verginello non la conosceva.
Gli fu detto che una ragazza, Valeria, che lui conosceva a mala pena, ma che era piuttosto carina, si era innamorata di lui.
Verginello si convinse subito.
Si convinse anche che Valeria aveva un padre talmente geloso che non poteva incontrarlo senza correre rischi seri.
Valeria una sera gli dette appuntamento in dei giardinetti.
Quasi in centro.
Verginello arrivò in macchina.
Pulitissima, lucida, perfetta: la macchina del babbo pronta per il primo amplesso del giovine.
Valeria salì.
Convinse verginello a lasciarle il posto di guida e a mettersi dietro: lo voleva guardare mentre guidava.
Iniziò a guidare.
Verginello si lasciò convincere a spogliarsi.
Quando fu completamente nudo, lei fermò la macchina.
Sempre in piena città.
Sempre vicino a dei giardinetti.
Scese.
Si avvicinò alla portiera.
Fece per salire.
In quel momento, il "padre" saltò fuori urlando.
Verginello si fece leone e uscì di macchina per difenderla.
Lei ed il "padre" saltarono in macchina e sgommarono via.
Verginello rimase solo e si chiuse in una cabina telefonica.
Un tipo – esistono sempre gli idioti – pensò che sarebbe stato divertente farlo uscire dalla cabina e cominciò a urlare come un ossesso.
Un altro buttò un paio di petardi modello El Alamein.
Qualche disgraziato che voleva dormire chiamò i vigili che accompagnarono il povero verginello a casa.
Nessuno lo ha più visto.

Gamba di legno

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
18/11/2007

Può accadere di camminare tranquillamente e di essere attratti dalla persona che ti cammina davanti.
Ha un passo veloce ma strano.
Non capisci perché muove in maniera circolare la gamba sinistra, come se la dovesse trascinare avanti ad ogni passo.
Poi vedi questa persona che quasi inciampa, sussulta, smorfia il viso, si appoggia al muro.
E distrattamente guardi per terra: due passi indietro è rimasta la sua gamba.
protesi_infO meglio, la fine della sua gamba: tibia e piede, di plastica rigida, calzate in una scarpa consumata.
Si è sganciata la gamba di legno.
Poveraccio.
Impossibile non farsi venire da ridere.
Ma soffochi il sorriso, ti chini, raccogli lo stinco di legno, lo porgi come se fosse la cosa  più naturale del mondo e chiedi: Posso essere d’aiuto?
Il tizio ti strappa la protesi di mano, se la aggancia rapido e riprende la sua strada, come se fosse colpa tua quello che è successo.
La prossima volta gliela porto via.
Così impara (mentre mi rincorre a zoppino).

Chi li ha sciolti? (calze e collant)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/10/2007

Chi è che ha sciolto il goliardico merciaio che ha venduto i collant a righe orizzontali a quella scatola di donna che mi sono trovato davanti in un ascensore?
Chi le ha consigliato di imballare i propri cotechini in una rete da salame?
Chi è stato così attentamente crudele?
Anche i venditori di biancheria, talvolta, dovrebbero praticare l’obiezione di coscienza.

Lapo ed Hitler

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
06/10/2007

Mentre Augias discetta dell’omosessualità latente o della palese bisessualità di Hitler, Gene Gnocchi domanda se Lapo è un citrullo.
Giovedì, un intorno di mezzanotte, salotto borghese, zappando fra rai tre e rai due.
Lapo ed Hitler.
Un dico della prouderie televisiva.
Di quel vedo e non vedo, che ha trasformato Lapo in una vittima della cocaina.
E non più in un disgraziato (ma il disgraziato vero non ha i soldi né per la cocaina, né per i travestiti) che si è trovato nell’imbarazzo delle prime pagine, a causa della perfidia di Moggi (e va bene che il nostro è un paese che vive di complotti e dietrologie, ma qui si è esagerato sul serio).
l05novHo sempre trovato difficile non provare pena, rabbia, schifo e malinconia per Lapo.
Soprattutto da quando hanno iniziato a pagarlo per stare lontano dagli affari di famiglia, per portare le sue basette in un altrove fatto di occhiali disegnati da entomologi.
Lapo è rinato grazie al marketing.
Il povero Adolfo è stato travolto dalla propaganda dei vincitori.
Ma se il fratello di Adolfo si fosse chiamato Alan, se il suo nonno fosse stato Gianni, noi consideremmo i suoi baffetti, eco di una cespugliosa faccia a culo, l’incarnazione del male?
O saremmo stati convinti che anche lui era una vittima coraggiosa, che aveva trovato il coraggio di uccidersi vinto dal rimorso?
Un amante degli animali, con una singolare idiosincrasia per gli ebrei causata dalle botte durante l’infanzia?
No.
Non mi pare corretto.
Le cose hanno bisogno di essere chiamate con il loro nome.
Lapo è un giovanotto che si fa (o si faceva) di cocaina e ha (o aveva) dei gusti sessuali complicati da esibire in società.
Esattamente come Adolf Hitler è stato un pazzo di talento che è riuscito a demolire lo spirito di una nazione.
Un cazzaro inimmiginabile.
E assolutamente detestabile.

Il giovane Scaccabarozzi

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
03/10/2007

Il giovane Scaccabarozzi si è laureato prestissimo.
Con una media himalayana.
Ha vinto un premio prestigioso con una tesi dal titolo assurdo.
E’ diventato l’assistente prediletto del suo maestro.
Il giovane Scaccabarozzi, senza voler offendere la sua attenta suscettibilità di audace luminare del diritto, è sempre stato un perfetto leccapalle.
In quegli anni, lavorava in un sottoscala.
Accanto alla stanza del Professore, che naturalmente non era un sottoscala.
Con lo Scaccabarozzi lavorava un giovane avvocato.
Uno di quei tipi che scherzano sempre.
Alto quanto lo Scaccabarozzi è minuto, atletico quanto il fisico dello Scaccabarozzi è pallido e panciuto.
Un bell’uomo nella misura in cui lo Scaccabarozzi ha il fascino erotico di un repertorio di giurisprudenza del Foro Italiano.
Il Professore aveva una singolare abitudine.
Verso le otto andava sempre via da studio.
A cena, al cinema, ovunque.
Il Professore era un viveur.
Tornava verso le due a riprendere la macchina per tornare a casa.
Lo Scaccabarozzi appena il Professore usciva, chiudeva baracca e burattini e si catapultava dalla mamma, che gli preparava le fettuccine aglio e olio o il fegato con la salvia.
Tornava in studio verso mezzanotte, in modo da farsi trovare alla scrivania.
Chino sulle carte.
Pallido, illuminato da pochi watt, gli occhi consumati dalla febbre di piacere.
Il Professore lo trovava sempre lì.
Gli accarezzava il viso, con quella sua aria paterna – il Professore era bravissimo a sembrare un padre, quando era una merda – e lo invitava a tornare a casa, sapendo che lo Scaccabarozzi sarebbe restato.
Imperterrito uomo di marmo.
Un giorno, il suo collega, il giovane avvocato brillante che si è detto, si ruppe i coglioni della pantomima.
Caricò in macchina un orrendo troione dai viali.
Uno di quei mostri di rossetto e cerone che non si vedono quasi più.
Uno di quegli oggetti che portano addosso l’odore di mille sudori diversi.
Appena il Professore lasciò solo lo Scaccabarozzi, il collega spalancò la porta del sottoscala, infilò il troione nella stanza e chiuse la porta a chiave.
Fu così che lo Scaccabarozzi fu liberato dalle segretarie al mattino.
Chino sulle sue carte.
Il troione sdraiato per terra che russava il suo sonno osceno.
E fu così che la dedizione del povero Scaccabarozzi venne premiata con la notifica – a mezzo di pubblici proclami – di un decreto ingiuntivo per prestazioni corrisposte ma non godute.
Quel decreto ingiuntivo è stato affisso per anni all’albo degli avvocati.
Lo Scaccabarozzi non voleva ritirare la notifica.
In ogni caso, non passò molto tempo che la perfidia dello Scaccabarozzi, fra i cui pregi non vi è la disponibilità al perdono, fece in modo di allontanare il giovane avvocato dallo studio del Professore.

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