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Tag Archive for: il professore va al congresso

Bella festa

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/12/2018

Bella festa.

Gli amici che conosci da una vita, quelle persone che ti sono sempre state vicine e che non ti hanno mai abbandonato.

Che hanno ancora voglia di giocare e sanno sorridere su un piatto di pici quasi crudi e sanno perfino divertirsi con il Karaoke.

Ma poi arrivano i ragazzi.

I ragazzi che hai visto nascere e crescere e che adesso sono adolescenti, guidano la macchina, hanno le loro feste.

Passano rapidamente, senza fermarsi, con lo sguardo non troppo divertito di chi dice Ma guarda questi vecchi che si divertono come se fossero ragazzini e ti viene voglia di un caminetto, un plaid e la pipa.

Perché hanno ragione.

Dannatamente e oscenamente ragione.

La Madonna di Renzi

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
14/12/2018

Renzi, ieri, ha presentato il suo programma televisivo su Firenze parlando della Madonna.

Era al Teatro del Sale.

Uno dei luoghi privilegiati della gauche meno radical e più chic fiorentina.

Ha illuminato spiegando agli invitati del Picchi che gli Uffizi sono un luogo magico, in cui ciascuno sceglie il suo capolavoro.

Il capolavoro di Renzi è la Madonna con il Cardellino perché rappresenterebbe la sua carriera politica.

Che avrà voluto dire?

Identificarsi con un’immagine che si presta a facili battute è contrario al patrimonio genetico dei cittadini di un luogo in cui ci si comincia a prendere per il culo quando si esce dalla fica.

Ma chi scrive, quando – spesso – va agli Uffizi si ferma sempre davanti al Bacco di Caravaggio e non alla Madonna del Cardellino di Raffaello.

Aviazione (Dove la mancia serve a comprare i lecca lecca)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/11/2018

L’Aviazione è una pizzeria, non troppo lontana dalla stazione di Campo di Marte a Firenze.

Una di quelle pizzerie che fanno anche hamburger con patatine, hot dog e ali di pollo fritte.

Teoricamente piacevole.

Piacevole fino a un venerdì nel quale la cena con i parenti venuti da lontano era stata prenotata da tempo per ovvia comodità ferroviaria e dopo ampie discussioni familiari.

La cena c’è stata e ci sono stati anche i parenti. Ma non c’erano solo loro, c’erano anche montagne di bambini scalmanati che hanno reso impossibile qualsiasi forma di conversazione , gridando, cantando e passando fra i tavoli come cuccioli di lupo della Tasmania. Inutile chiedere ai camerieri uno sforzo da domatori di fiere in fieri. Assolutamente inutile.

Per pagare il conto, bisogna andare alla cassa e alla cassa c’è il tipico proprietario di pizzeria che si veste alla boutique dei proprietari di pizzeria d’un certo livello, il quale chiede se è andato tutto bene.

E’ andato tutto bene, anche se nessuno ha chiesto il livello di cottura della carne quando veniva ordinata, ma è un particolare irrilevante. E’ dispiaciuto invece cenare con lo stesso livello di pressione sonora di una mensa d’asilo o di una cava di calcare.

Il proprietario della pizzeria risponde che, come sanno tutti, chi prenota non può non sapere che all’Aviazione il venerdì e il sabato ci sono bambini che giocano e corrono.

Il cliente si scusa: Se è così, se questo è il vostro business model, mi scuso per avere protestato. Evidentemente sono stato un idiota a ospitare da voi i miei parenti.

Prende il conto, paga con la carta di credito, si avvede dello sconto di dieci euro che gli è stato fatto, tira fuori una banconota da dieci euro dal portafoglio e la lascia con la ricevuta della carta di credito.

E’ la mancia? chiede il proprietario, stupito dal gesto.

No, è per i lecca – lecca, risponde il cliente, guadagnando l’uscita con la rapidità del suo mal di schiena.

Anche questa volta, gli occhiali sono serviti a qualcosa: senza non sarei mai riuscito a leggere lo sconto di dieci euro.

I pensieri politicamente scorretti di Bimba Impertinente (Marina Abramovic)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
16/10/2018

E’ qui l’artista? O qui c’è un’artista?

Sono le domande poste dall’adolescente Bimba Impertinente che il crudele padre ha portato con sé alla mostra di Marina Abramovic dentro Palazzo Strozzi.

La guida – una signora che si trova palesemente molto più a proprio agio con i fondo oro degli Uffizi e usa il “tu” sapendo che quello che gli altri avvertono come confidenza per lei e tutti i suoi avi si chiama “tuaccio” – ha avvertito che “Marina” (perché chiamarla per nome? Qualcuno ci ha mangiato insieme?) si può amare o disapprovare, ma non ignorare.

Bimba Impertinente osserva con curiosa disapprovazione. Cerca di capire, chiede. Il padre le spiega che la Jugoslavia dei primi anni settanta era un luogo lontano da tutto, prima di tutto da se stesso. Una sorta di razzo lanciato verso le stelle su una rotta sbagliata. Le rammenta Hrabal, che ha segnato la sua educazione sentimentale, e le racconta le performance di Károly Halász nell’Ungheria degli stessi anni.

Bimba Impertinente è scettica. Guarda con malcelato disgusto il furgone cellulare all’ingresso della mostra, considera come sgraziati i dipinti giovanili, cerca di penetrare il significato delle performance chiamate Rhythm, ma il bianco e nero virato su un contrasto quasi assoluto grazie ai nitrati di argento non le dice moltissimo.

Soprattutto, dal suo punto di vista, non è ragionevole considerare il proprio dolore una cosa interessante per altri da sé. Bimba Impertinente intende perfettamente il dolore della signora Abramovic, la difficoltà di crescere nell’affetto anaffettivo di due eroi (di guerra e serbi), l’oscurità delle notti di Belgrado, la perfetta solitudine di un aeroporto da cui non parte niente e dove non arriva nessuno. Tutto questo è vicino a un’adolescente, forma i suoi tessuti più profondi. Quello che non comprende è perché il dolore di un uomo, per colui che soffre, possa essere “interessante” e anche questo è tipico dell’epidermide con cui l’adolescente comincia a indossare il mal di vivere.

Per chi suona la campana? L’eterna domanda di John Donne ne nasconde un’altra: A chi interessa se la campana suona per me? o Mi interessa che a qualcuno interessi se la campana suona per me?

Forse è questa la vera domanda e l’osservazione di Bimba Impertinente, alla fine della mostra di Marina Abramovic, è

Perché alla signora Abramovic interessava tanto che gli altri conoscessero il suono del suo dolore? Che bisogno aveva di farlo conoscere?

Molto probabilmente non sarà mai un’artista, ma come “signora” promette davvero bene.

Il giorno dopo del giorno prima

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/10/2018

Il giorno dopo del giorno prima è una trattoria livornese.

La più tradizionale delle trattorie livornesi in cui gli unici turisti che sono arrivati, reduci di una crociera alla maniera di zek in “fuga di convalescenza” nella Kolyma di Salomov, probabilmente sono finiti nel cacciucco del giorno dopo.

Il tavolo degli intellettuali, praticamente una buca delle orate con i più fini cesellatori di triglie che la natura labronica abbia saputo produrre (con il deretano), si interroga a voce alta.

Uno dei suoi animatori (culturali) si produce nel noto: Bisogna pagare bene perché chi paga bene sa cosa paga e chi sa cosa paga conosce quello che compra. In Thailandia, si paga bene… A Cuba si paga bene…

Qui non ci sono né professori universitari che parlano del futuro dell’uomo occidentale né architetti d’affari che parlano di lottizzazioni. Ma un bel po’ di puzzo l’uomo lo fa anche qui.

Chi li ha sciolti? (Qualcosa, in occidente)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/10/2018

Pranzo di lavoro. Tre uomini con i loro fascicoli discutono di una lottizzazione: come gestire il completamento di un lotto malgrado la decadenza del piano attuativo, senza perdere il tempo necessario per vedere la fine del piano?

A poca distanza, un tipo e una tipa discutono animatamente.

Parlano di quello che è successo in occidente. Del fatto che improvvisamente il persiano, l’arabo, perfino l’ebraico, tutte le cose che la nostra cultura riceveva dall’altra parte del mediterraneo sono scomparsi e la nostra cultura ha iniziato a divorare se stessa.

Non ci sono orizzonti cosmopoliti nei fondamentalismi di oggi.

Solo loro capiscono quello che si dicono con l’aria da adorabile sopravvissuto che ha un intellettuale sul treno regionale o in un ristorante di lusso.

Gli altri hanno voglia di ridere perché colgono l’implacabile sdegno con cui vengono osservati i loro fascicoli. Sono uomini dai piedi saldamente ancorati a terra e pensano palesemente al denaro mentre c’è ancora chi pensa alla cultura.

Non è così.

I due sono professori e stanno parlando di concorsi. Il primo sta dicendo al secondo che il suo allievo, che si occupa di lingue orientali e medioevo, deve vincere e l’altro sta cercando di vendere cara la pelle dei suoi che non possono vincere a loro volta.

Non era facile capirlo perché quei due mondi parleranno sempre lingue diverse. Più di Maometto e Mammone.

Però chi meritava il sarcasmo era chi parlava di lottizzazioni sapendo di fare impresa o chi lottizzava i propri allievi fingendo di fare cultura?

Oggi, non c’ero (Il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente)

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17/09/2018

Oggi, il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente, non c’ero.

Non ci potevo essere e comunque non sarei stato una presenza gradita.

Non avrò le fotografie di Bimba Impertinente che attraversa il portone del liceo da collazionare con il nido, la materna, le elementari e la scuola media. Mi dispiace.

Io non volevo fare il liceo classico e nemmeno il liceo che ho fatto. Ne avevo paura. Avevo paura di non riuscirci, di non essere all’altezza.

Ho imparato ad amare questo liceo giorno per giorno, versione per versione, senza mai sentirmi davvero all’altezza delle cose che stavo studiando, dei temi che mi venivano proposti.

Poi mi sono trovato tante volte a spiegare perché quei cinque anni passati a sudare la Germania di Tacito e riflettere sul motore immobile di Aristotele erano stati per tutti noi così importanti.

Sono due gli argomenti che spesso ho utilizzato.

Il primo è che al liceo classico, non si impara a far di conto. La matematica è soffocata dal latino e dal greco e questo può disturbare molto chi crede nella importanza dei numeri e di saper far di conto più velocemente della persona con cui fa affari facendo le vesti di conversare.

La mia società conta spesso, l’essenziale è quasi sempre un numero e quel numero è il punto di arrivo di un algoritmo solo apparentemente matematico, come il prezzo di un’opzione su un mercato non regolamentato.

Al liceo classico, si impara che i numeri sono meno importanti delle parole, non sono niente senza lo sforzo di capire che è proprio di chi cerca il significato delle parole e le parole contengono le persone.

Il secondo argomento è legato alla specificità del latino e del greco. Le lingue hanno sempre una loro specificità che deriva dalla funzione che hanno assolto. L’inglese è una bellissima lingua di connessione, la cui eleganza è la semplicità. Il francese è diplomatica poesia. Il tedesco, precisione di medici, ingegneri e filologi. L’italiano è una lingua di ricordi, serve per raccontare un paesaggio mentre sta scomparendo.

Il latino ed il greco, invece, sono lingue morte, che si conoscono non per come erano parlate da un mercante della Beozia o da un mercenario di Brutium, ma per come furono parlate da poeti talmente raffinati e profondi da resistere alle notti barbare.

Di una parola greca o latina, noi non conosciamo il significato quotidiano ma solo quello che ha avuto nella lingua scritta di uomini dalla sensibilità eccezionale, capaci di raccontare il discorso di un guerriero all’oceano dell’eternità e di esprimere con una sola parola la potenza di una persona nell’attimo in cui stava diventando polvere.

Ho pensato a questo oggi che era il primo giorno di liceo di Bimba Impertinente e non glielo ho detto perché sono cose che si capiscono solo se si capiscono da soli.

A lei, ho detto solo che anche sul mio banco qualcuno aveva inciso con una chiave la frase “Dio aiutami”, che ha trovato incisa sul banco della sua classe e che mi ha fatto ricordare l’angoscia delle versioni prima di trovare il bandolo della matassa.

Perché il liceo è anche saper dialogare con quell’angoscia, senza la quale, forse, non s’impara molto.

Come se fosse Sartre

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23/07/2018

Tesi di laurea.

Il candidato affronta alcune questioni intorno alla nozione di pena e alla costruzione della fattispecie incriminatrice.

Dal punto di vista di un costituzionalista, il tema è interessante come un giallo di Don Wislow in russo. Avvincente ma solo per chi lo capisce.

A un certo punto il candidato cita Foucalt e si addentra nel suo pensiero. Diventa difficile non correggerlo.

Non fa una piega e si giustifica con un incredibile Ho usato Foucalt per semplificare.

Solo Sarte con la sua perfida ironia avrebbe potuto dire una cosa del genere.

Ma temo che questo signore di Sartre non abbia neppure gli occhiali…

Meglio Palaia: la grande batosta elettorale di Renzi

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26/06/2018

1 – Chi incontra Renzi per strada e sul Ponte Vecchio, gli dice Meglio Palaia.

Meglio Palaia si dice quando non si può fare peggio: Palaia fu distrutta dalle truppe di Carlo V in una maniera così crudele che quando qualcuno si lamentava per le angherie subite, gli si faceva osservare che a Palaia non sarebbe stato meglio.

La grande batosta elettorale del Partito democratico è evidente.

Come a Palaia, peggio non si poteva fare: ha perso tre roccaforti molto significative sul piano identitario: Pisa, Massa e Siena.

La città in cui è nato il sessantotto italiano, la città del Monte dei Paschi e la città delle lotte anarchiche e libertarie.

Il partito democratico non riesce più a parlare al suo popolo ma non ci si può dimenticare che solo quattro anni fa, aveva trovato un leader che aveva conquistato più del quaranta per cento dei suffragi e che sapeva parlare non solo al suo popolo, sapeva parlare anche al centro e trovare i voti della maggioranza degli elettori.

Lo faceva con una narrazione forte e convincente: Rottamiamoli tutti.

E’ evidente anche la batosta elettorale del M5S, anche se ha vinto quasi tutti i ballottaggi cui ha partecipato ma non è quasi mai arrivato al ballottaggio e talvolta non è neppure riuscito a selezionare i candidati per partecipare alle elezioni.

Salvini ha vinto, ma potrebbe essere meno immortale delle sue felpe e scomparire presto, come è successo a Renzi. Read more →

Il negozio politico (A proposito di Torino – Lione, Ilva e tassa di soggiorno)

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20/05/2018

1 – Il negozio politico è l’accordo di coalizione. Il negozio politico, come il negozio giuridico, ha bisogno di una causa per poter essere considerato lecito.

La causa del negozio politico dovrebbe essere la giustizia sociale, se manca la giustizia sociale, il negozio politico diventa il luogo di scambio di clientele basate su interessi particolari.

Praticamente, la bottega dei souvenir di Ho Chi Minh. Read more →

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