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Tag Archive for: libri

La nube di Conrad

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/04/2010

1
E' bella questa nube che paralizza gli spazi aerei.
Che fa prendere l'autobus alla Merkel per raggiungere Berlino da Lisbona.
Che sposta il Barcellona in pulmann e lo fa dormire a Cannes prima di arrivare a Milano.
E' la nube del gran tour.
Una nube che fa riprendere fiato all'idea di viaggiare.
Non più la formalina degli aereoporti.
Sale d'attesa per frequent flyer, borse leggere e piccoli feticci per dormire in un volo intercontinentale.
Di nuovo, il senso del viaggio.
Quel senso vero delle cose che entra nella mente del malato annullando la quotidianità.
Non sembrava possibile tornare a Conrad.
Ma l'Islanda è una terra di draghi ed i draghi sono imprevedibili.

La fortezza Bastiani di Ostrogorsky

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/03/2009

FortezzaBastianiTizio.
Collega.
Una carriera accademica molto brillante.
Ordinario già a trenta anni.
Erudita monografia sulle excerpta del Corpus Juris nelle Ekloghe bizantine.
Piccoletto.
Un ridere modesto.
Il ridere di chi è abituato a consumare i bordi dei corridoi.
Ci si trova a commentare il prossimo trasferimento dei dipartimenti giuridici in tal Palazzo Bastiani.
Mi pare naturale osservare che è un luogo molto appropriato.
Il diritto merita la Fortezza Bastiani.
Il luogo delle attese inutili.
Non capisce.
Non ha mai letto Buzzati.
Solo Ostrogorsky e una stuola di studiosi bulgari dal nome impossibile, di cui ormai è diventato parte.
Difficile non domandarsi che cosa gli può aver detto Ostrogorsky senza quella sensibilità poetica che consente di dare un senso vivo alle nozioni astratte e che si trova in un quadro di Paolo Uccello, in una sonata di Mozart o in una sottolineatura di Fresu.
Difficile non domandarsi che cosa può dire lui ai suoi allievi.

Istanbul (Un libraio improbabile)

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/06/2008

IMG00109E’ una strana città.
Una città che ha lottato contro l’Asia ed è stata sconfitta.
Non erano  barbari gli invasori.
Non lo erano affatto.
Non sono infedeli coloro che vivono di preghiera nelle moschee.
E’ meravogliosamente profonda la loro preghiera.
Silenzio.
Silenziose genuflessioni verso una finestra aperta in direzione della Mecca.
La preghiera non ha bisogno di immagini: gli iconoclasti hanno vinto.
Ha bisogno solo di una direzione, di guardare verso la salvezza, verso il ritorno, il pellegrinaggio.
Ci sono molte città in Istanbul.
Tutte vecchie.
Antiche.
Moderne.
Una continua – e viva – contraddizione.
Esiste a Galata un libraio.
Vende libri vecchi.
Libri nuovi e libri antichi.
Mischiati.
Non hanno prezzo i libri di Istanbul.
Non viene neppure stampato sulla quarta di copertina.
I libri, qui, sono ancora una mercanzia.
Il cui prezzo sta negli occhi dell’acquirente.

sPiando (Beate allucinazioni)

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/05/2008

Immag086
PioPesca
Sergio Luzzatto, ha scritto un libro molto interessante su Padre Pio (Id., Padre Pio. Miracoli e politica nell’Italia del novecento, Torino, Einaudi, 2008).
Forse non è un libro su Padre Pio.
E’ un libro sull’Italia che si è infatuata del santo.
Stupiscono le definizioni che ne venivano date dal Papa buono, credo santo pure lui, e comunque infallibile: Un immenso inganno che ha fatto un disastro di anime.
Di fatto, Padre Pio è diventato una icona.
Ma anche un gadget da autogrill.
E qualcosa da dipingere dappertutto.
Anche sui pescherecci.

Il convegnista

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
24/10/2007

Di tutti coloro che frequentano l’accademia, il convegnista è uno degli oggetti più abietti.
Lo si riconosce immediatamente.
Alto, anziano per il suo ruolo di giovane, deferente ed intellettualmente decotto.
E’ un esperto di rinfreschi: conosce l’esatto ritmo delle pause ed è sempre in prima posizione al banco del caffé.
Non c’è accozzo di camerieri talmente male organizzato da non consentirgli di afferrare il primo boccone o il piatto di pasta più abbondante.
Ne conosco uno.
Una cozza.
Mi si è appiccicato addosso, mitile costituzionale, dai tempi della tesi.
Non riesco a staccarlo.
Nemmeno con il coltello da ostriche.
Arriva con un sorriso assolutamente ebete.
Bussa.
Non rispondo (conosco bene il suo passo).
Entra lo stesso.
Sollevo a malapena lo sguardo dai miei fogli e grugnisco un buongiorno che farebbe passare la voglia di scopare a un divo del porno.
Mi pone sempre i soliti quesiti giuridici.
Inutili.
Mi sottopone le sue tesi.
Barocche.
Gli indico i libri che dovrebbe leggere, gli autori che hanno già scritto quello che lui dice.
E lui mi chiede, essere perfido e ignobile: "Allora, professore, che dice? Li devo leggere?"
Mi trattengo a stento dal tirargli dietro il commentario della Costituzione: "Certo, imbecille, prima di pensare, devi studiare, studiare, studiare, capito?!?!"
Ma poi torna. Sempre.
Per fortuna, stasera parte per il convegno annuale della associazione dei costituzionalisti, che anche quest’anno ho deciso di saltare.
Non sopporto vedere i denari investiti per la ricerca dissipati in un basso impero di pasta e pastiere.

Chi li ha sciolti? (Kapò libridinosa)

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
18/10/2007

Chi è che questa mattina ha sciolto:
–   la kapò da un paio di centinaia di libbre, con gambe ad X, culo  quasi per terra, calzoni neri a pinocchietto, calzerotti tigrati, blusa celeste angiolone,  che si tirava dietro una bambina d’un tre anni, alla quale ripeteva con slabbrato accento slavo: "Tu adesso dormire, cosa deve fare bambina? Dormire e mangiare. Questo deve fare bambina buona", facendomi ricordare che a me la strega di Hansel e Gretel ha sempre messo una gran paura;
–   la ciclista che mi ha scampannellato con somma urgenza perché ero fermo sul marciapiede a cercare di ricordarmi il nome dell’architetto che ha disegnato un palazzo e a chiedermi se era stato lui a progettare anche il giardino all’italiana sfruttando l’ideologia dell’ortus conclusus o se era stato un altro, e mi ha dato di imbecille addormentato con un tuaccio che ha fatto accapponare le mie già timide pudenda?
Ma soprattutto chi è che ieri sera ha sciolto il fine intellettuale che diceva "io sono un vero appassionato di libri, un uomo libridinoso: quando entro in una libreria non riesco a non comprare almeno un tascabile. Eppoi mi piace scrivere, so scrivere benissimo. Pensa che tutti i libri che avrei voluto scrivere sono stati già scritti"?

Morfologia del racconto erotico

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/10/2007

Vladimir Propp ha scritto la morfologia della fiaba (Leningrado, 1928: vi è un che di eroico in questo mite studioso del folclore che mentre la rivoluzione di ottobre prende i toni descritti da Pasternak si occupa di classificare le fiabe raccolte da Afanasev).
In questo libro, Propp individua 31 funzioni costanti, affermando che tutte le fiabe hanno la medesima struttura.
La morfologia della fiaba è stata sfruttata da Rodari nella sua grammatica della fantasia (Torino, 1974) dove si suggerisce che prendendo le 31 funzioni di Propp, mischiandole come se fossero carte da gioco, scambiandosele, affidando a ciascun giocatore il ruolo di autore del frammento narrativo rappresentato nella carta che gli è stata assegnata, è possibile inventare fiabe quasi dal nulla.
Naturalmente, l’eterogenesi dei fini operata da Rodari non tiene conto delle intenzioni di Propp che voleva analizzare il discorso fiabesco come forma immutabile di un percorso pedagogico, che termina immancabilmente con le nozze dell’eroe.
La meccanica di Propp mi ha sempre angosciato.
Le fiabe in questo modo diventano una sorta di catena di montaggio.
O meglio il processo di elaborazione di una fiaba, nel tempo, nell’accompagnare verso il sonno migliaia di milioni di bambini, rammentando la voce di un nonno o di una mamma o di un babbo, diventa il frutto di un processo standardizzato molto fordista, se così si può dire.
Vi è tuttavia un tipo di racconto che ha una struttura pressocché meccanica.
E’ il racconto erotico.
Non il racconto erotico di Anais Nin o di Marguerite Duras, ma quel racconto banalmente erotico che potrebbe essere pubblicato da Liala, o da Pizzo Nero, per essere maggiormente in tema: il racconto quotidianamente erotico che potrebbe leggere un commesso viaggiatore d’altri tempi in treno.
Ora se si mischiano le  funzioni di Propp con la morfologia del racconto erotico si potrebbe avere:
(i)    Allontanamento → il tipo esce di casa
(ii)    Divieto → dice alla moglie “mi raccomando non aprire a nessuno”
(iii)    Infrazione → la moglie apre al postino
(iv)    Investigazione → la moglie guarda la turgida patta del postino
(v)    Delazione → la vicina guarda dal buco della serratura e chiama il tipo
(vi)    Tranello → il tipo si era nascosto nel sottoscala
(vii)    Connivenza → il tipo guarda la moglie che si fa governare dal postino
(viii)    Danneggiamento (o mancanza) → il postino ha una defaillance
(ix)    Mediazione → la vicina cerca di svegliare la defaillance
(x)    Consenso dell’eroe → il tipo condivide la scelta della vicina e la titilla tutta
(xi)    Partenza dell’eroe → il tipo si è scocciato e va via
(xii)    L’eroe messo alla prova dal donatore → un vecchio laido incontra il tipo che si aggira in un notturno da Blade Runner e lo porta in un postribolo
(xiii)    Reazione dell’eroe → il tipo inizia a trafficare con le ospiti del postribolo
(xiv)    Fornitura del mezzo magico → il vecchio laido fornisce al tipo dei giocattoli sado maso
(xv)    Trasferimento dell’eroe → il tipo lascia il postribolo e sale in macchina
(xvi)    Lotta tra eroe e antagonista → torna a casa e trova la moglie con il postino e la vicina, il tipo ed il postino garaggiano in chi governa meglio il partner
(xvii)    L’eroe marchiato → il postino sbaglia mira e viene sul tipo
(xviii)    Vittoria sull’antagonista → il tipo è talmente efficace sulla vicina che la moglie se lo riprende
(xix)    Rimozione della sciagura o mancanza iniziale → il postino viene messo alla porta
(xx)    Ritorno dell’eroe → il tipo e la moglie restano soli, come all’inizio della storia
(xxi)    Sua persecuzione → il postino torna con i suoi amici e porta via il tipo
(xxii)    L’eroe si salva → il tipo riesce a liberarsi dalla orrenda cantina dove è stato rinchiuso e nella quale un sacco di signori si governano a vicenda
(xxiii)    L’eroe arriva in incognito a casa → il tipo torna a casa travestito da commesso viaggiatore
(xxiv)    Pretese del falso eroe → il postino cerca di metterlo alla porta
(xxv)    All’eroe è imposto un compito difficile → deve vendere delle spazzole al postino
(xxvi)    Esecuzione del compito → si fa aiutare dalla vicina per mostrare come possono essere usate le spazzole che ha nella borsa
(xxvii)    Riconoscimento dell’eroe → al tipo scappa il pisellotto fuori dalle mutande e la moglie lo riconosce dal tatuaggio con il suo nome che circonda il prepuzio
(xxviii)    Smascheramento del falso eroe o dell’antagonista → la moglie lava il pisello del postino e il tatuaggio con il suo nome si scolorisce: il bieco postino lo aveva fatto con una bic
(xxix)    Trasfigurazione dell’eroe → il tipo ha una erezione fantasmagorica da cui si vede che il punto dopo il nome era la scritta “Ti amo”
(xxx)    Punizione dell’antagonista → il postino viene spedito fuori di casa a calci nel culo e con il pisello penzoloni
(xxxi)    Nozze dell’eroe → il tipo si rigoverna la moglie con rinnovato vigore.
Ma naturalmente le varianti sono infinite, anche se la vera sostanza del racconto meccanicamente erotico è la descrizione pressocché immutabile del congiungersi dei corpi.
E questa sostanza meccanica rimane sempre più o meno il solito, banale, ripetersi di un membro che penetra, una lingua che titilla, un fiotto che si scarica.

 

Bertinotti e Calamandrei

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
06/10/2007

Il compagno Bertinotti ha deciso di recitare Piero Calamandrei, in uno spettacolo dedicato a Danilo Sbolci.
Ho vissuto a lungo in uno studio che era stato lo studio Calamandrei.
Bertinotti Dove la presenza di Calamandrei, i suoi libri, i suoi appunti a margine, le sue memorie, non solo processuali, si potevano toccare.
Non vi era un angolo senza uno foto di Calamandrei.
Di Calamandrei conosco mille aneddoti.
Quella volta che discuteva in Cassazione dinanzi ad un presidente svogliato che fece cenno di tagliare la sua arringa e ricevette come risposta "Vede, Eccellenza, se leggessi, potrei leggere una pagina si ed una pagina no. Ma gli è che parlo a braccio".
O quell’altra che cominciò a discutere, attento, preciso, brillante, finchè il suo giovane di studio non gli tirò la manica della toga: "Professore, noi siamo dall’altra parte" e lui "Vede, Eccellenza, questo avrebbe potuto dire il mio avversario, se ne fosse stato capace, ma se anche lo avesse detto, avrebbe avuto torto. Ed ora le spiego perché …"
Soprattutto conosco bene la sua personale angoscia.
Per tutta la vita fu tormentato dalle Fosse Ardeatine, rappresaglia ad un attentato che aveva organizzato suo figlio Franco.
Anche da questa consapevolezza è nata la retorica angoscia di quella lapide che era appesa nella stanza del professore che mi accompagnò fino alla tesi di laurea:
___
Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
___
Di Calamandrei conosco il dolore per la morte dell’amico Enrico Bocci – avvocato -, torturato a morte da quella Banda Carità che la magistratura fiorentina di recente ha quasi riabilitato nella sentenza di assoluzione dei suoi apologeti.
Conosco il suo dolore per non avere mai avuto il coraggio dell’amico che aveva continuato a scrivere, resistere, vivere a Firenze, mentre lui si era ritirato in campagna, verso Montepulciano:
___

VIVI E PRESENTI CON NOI
FINCHE' IN LORO
CI RITROVEREMO UNITI

MORTI PER SEMPRE
PER NOSTRA VILTA'
QUANDO FOSSE VERO
CHE SONO MORTI INVANO
____

So e ricordo che Calamandrei è fisicamente morto di povertà.
Pur essendo uno degli avvocati più importanti del paese, pur essendo professore universitario e presidente del consiglio nazionale forense, non trovava mai il tempo di scrivere le notule e la voglia di farsi pagare non faceva parte del suo carattere.
Calamandrei Così, quando arrivò il momento di una banale operazione dovette andare nell’ospedale di tutti e lì fu macellato, da qualche specializzando di cui non si è mai saputo il nome.
Troveremo tutto questo nella recitazione di Bertinotti?
Cosa c’entra questo brillante politico e sindacalista con Piero Calamandrei?
A me, pare quasi osceno che la memoria di Calamandrei sia recitata dal comunismo di cachemire (o cashmere?) di Bertinotti.
Anche se forse non si può dire, nella sua erre moscia, nel suo dibattere brillantemente fatto di nulla, mi sembra che la generazione di Calamandrei, Bocci, Amendola, Spartaco Lavagnini, Gobetti, Carlo e Nello Rosselli, sia davvero morta invano.
Ancora più che nei capelli trapiantati da non si sa dove (ma si immagina) di Berlusconi o nelle autoreggenti della Brambilla, cui – lo ammetto, è la seconda volta che le cito – sto iniziando ad affezionarmi.

Il libraio di Antigone

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/09/2007

Se Antigone, la dolce e disperata Antigone di Jean Anouilh, avesse avuto un libraio, questo libraio si sarebbe chiamato Glauco.
Anziano, in quella misura indecifrabile che i capelli bianchi e radi donano ad un adolescente.
Gli occhi azzurri.
Miopi, quasi invisibili dietro le pesanti lampade bifocali che usava per occhiali.
Appoggiato al banco di una libreria di quartiere.
Una camel senza filtro accesa, che si consuma nel portacenere a ghigliottina.
Gli scaffali pieni di libri invenduti.
Incapace di organizzare una resa.
Di pensare che una resa di libri non è un arrendersi nel proprio bisogno di far leggere, di far capire, di muovere idee.
Terribile nel suo bisogno di consigliare, di trasmettere le sue idee sulla cultura, il suo asciutto minimalismo.
Mite.
A lungo ho lavorato nella sua libreria.
A lungo mi ha pagato in libri.
Quei libri che la sua libreria non poteva vendere.
Cuore di tenebra, nell’inglese asciutto e bello che il mare dona ad un mozzo polacco.
Le belle immagini, nel francese pulito e fresco di una ragazza per bene.
La ricerca del tempo perduto, nella faticosa lingua degli abissi.
Le lettere di Piero ed Ada Gobetti, con il loro ritmo, dolce e profondo.
Tanti altri, oramai in alto nella mia libreria, spinti dalla marea delle novità, che non mi permetteva mai di comprare perché non avevo finito di leggere altri libri più importanti, e me li narrava, quieto, appena visibile nel fumo azzurro che lo consumava.
E’ morto.
Solo.
Nella sua libreria.
Cadendo nel pozzo dei libri che si apriva nel pavimento e che usava come magazzino.
I libri sono stati svenduti.
E’ restata una trattoria gestita da un calciatore.
Ed il mio ricordo, ogni volta che compro un giallo.

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