• Follow us on Twitter
  • RSS
Un altro giorno da descrivere close

ProfStanco

  • Home
  • Blog

Tag Archive for: madre

Martedì grasso (Oggi frittelle)

13 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/02/2008

Un bambino come tanti.
Martedì grasso.
Torna a casa.
Pieno di coriandoli.
Contento.
La mamma ha finito di preparare il pranzo.
Un po’ torva.
E’ a dieta.
Il padre è seduto.
A capotavola.
Il posto del paterfamilias.
Tutto è quasi allegro.
Malgrado la pasta scotta: la mamma mette l’acqua a bollire, quando bolle butta la pasta, quando la pasta è cotta spenge l’acqua, quando arriva il paterfamilias – e possono essere passate anche due ore – la scola.
Ma ci sono le frittelle.
Che bello, le frittelle: arrivano le frittelle.
Il paterfamilias le addenta e fa una faccia strana.
Il bambino le addenta e fa una faccia strana.
Il bambino guarda il padre.
Il padre non guarda il bambino.
La madre guarda entrambi, minacciosa.
Nessuno dice nulla.
Tutti mangiano le frittelle di riso.
Di riso al ragù avanzato dalla domenica.
Spolverato di zucchero, però.

Patchouli

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/12/2007

E’ sempre stato chiamato Patchouli.
Giocava a rugby.
In mischia.
Alto, grosso, una faccia inquietante.
Praticamente identico a Java, l’uomo di Neandhertal che gira insieme a Martin Mystere.
Il soprannome, che credo nessuno abbia mai avuto il coraggio di pronunciare dinanzi a lui, aveva le sue radici nello spogliatoio.
In cinque anni che abbiamo passato insieme, non ha mai fatto una doccia.
Di qui, l’atmosfera di toro muschiato che lo avvolgeva come un avatar.
Adesso lo si vede spesso in chiesa.
Entra.
Si ferma al centro della navata per l’intera durata della cerimonia.
Più o meno esattamente nello stesso posto in cui vengono messe le bare durante i funerali e resta lì immobile finché la messa non finisce.
Nella stessa posizione e con la stessa aria con cui un giocatore aspetta al centro del campo la fine degli inni.
Grosso.
Leggermente curvo.
Le braccia lungo i fianchi.
Le gambe larghe.
La testa sfrontatamente alzata verso il prete, con i capelli lunghi  indossati come un nido di rondini.
Fa così da quando è morta sua madre.
Quella madre che lo venne a vedere una volta giocare.
Patchouli entrò alto in una mischia e un avversario gli tirò una gran manata sul viso.
Nel silenzio attonito che aspettava la reazione di Pathouli, la sua mamma urlò: No, è il mio bambino.
Tutti si misero a ridere.
Patchouli mi è tornato in mente leggendo che a Ponte a Elsa, non lontano da Empoli, hanno dovuto interrompere il campionato di calcio dei bambini perché i genitori bestemmiavano sugli spalti.
Se un babbo che bestemmia durante una partita di calcio è una disgrazia educativa, una mamma che dice "E’ il mio bambino"  durante una partita di rugby è un duro colpo alla reputazione.

Stiven – Un disgraziato

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/11/2007

Stiven ha i piedi particolarmente lunghi.
Quando era piccolo, sua madre, che lo vedeva con gli occhi di madre, diceva: No, è normale, è solo che ha i piedi un pò troppo lunghi.
Non è cresciuto bene.
Per nulla.
A partire male, ci aveva pensato da solo.
La sfortuna ha pensato al resto.
I suoi genitori sono morti quando aveva quattordici anni.
Lui è rimasto con un fratello di una venticinquina di anni.
Si è appassionato ai baracchini: ci passava le giornate.
Intere giornate a urlare dentro una radio, senza accorgersi che il suo tono di voce, il suo modo di accavallare le parole, il suo modo di inciampare nei discorsi senza più riuscire a rialzarsi lo rendeva grottesco.
L’inverno capitava che il fratello avesse bisogno della casa libera per ragioni di carattere sentimental-igienico e Stiven veniva chiuso in terrazza, a notti intere, con la sua radio, a far finta di essere felice, che tutto andasse bene.
Ha trovato lavoro come facchino.
In un albergo di penultima categoria.
In estrema periferia.
Uno di quegli alberghi che le prostitute vicino al fondo della loro scala merceologica usano per incontrare i clienti.
Sitven è diventato un puttaniere convinto.
Con la sua bocca perennemente aperta, un filo di saliva che scende verso il mento, i capelli unti, la pelle piena di brufoli.
Sempre più grottesco.
E’ diventato difficile frequentarlo.
Parlava solo delle sue amiche.
Ci metteva ore e donava una angoscia terrificante.
Si è trasformato nella polvere che una colf pigra nasconde sotto il tappeto.
Invisibile.
Stiven adesso è in prigione.
Dicono che abbia violentato una bambina.
Non è improbabile.
Ieri, in centocinquantamila, hanno marciato anche contro di lui.
Forse non lo meritava.
Forse continua ad avere bisogno di una riflessione un pò più approfondita.
Forse se la sua mamma non avesse pensato che il suo problema fossero i piedi troppo lunghi, se qualcuno la avesse aiutata a capire quel figliolo sfortunato, se il fratello fosse stato un pò meno crudele, Stiven adesso sarebbe una persona ragionevolmente felice.

Uno che è stato un bambino invisibile

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
23/10/2007

Lo conosco fin da piccolo.
Quando gli altri bambini giocavano a pallone, lui faceva collezione di gomme da cancellare  profumate con le sorelle più grandi.
Una famiglia strana, soffocata da un padre molto di successo, affascinante, non particolarmente votato alla fedeltà coniugale.
La madre, triste: una bella donna invecchiata anzitempo dai tre figli, acida.
Lui quasi invisibile nell’assenza del padre, nella disperazione isterica della madre, nella graziosa vacuità delle sorelle.
Mi è cresciuto accanto.
Quando è diventato grande, ha cominciato a parere un pò troppo effeminato.
Delicatamente bello, quasi efebico, un modo cortese di porgere le cose nel conversare.
Sensibile, a tratti eccessivamente sentimentale, ma sempre intelligente.
Veniva spesso a casa mia, finché una volta si sentì in dovere di confessare al mio imbarazzo il suo innamoramento.
Non ci siamo quasi più visti.
Oggi era seduto su una panchina, nelle prime ore del mattino, il viso orrendamente truccato, l’aria disfatta di una notte malvissuta.
Mi  sono fermato a salutarlo.
A salutare il suo stupore: non pensava che mi sarei fermato.
E  mi sono ricordato di avergli  voluto bene.
Di volergli ancora bene.
Assorbendo una volta di più tutta la sua sofferenza di bambino invisibile.

Anziani

9 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
18/07/2007

Quello che non sopporto di vedere sono  i miei genitori che invecchiano.
Oramai sono anziani.
Ma non riesco ad accettarlo.
Non mi sembra possibile che mio padre non sia più la persona che ha una visione esatta delle cose e che suggerisce sempre la cosa giusta da fare.
Non mi sembra possibile che mia madre non sia più la persona che mi aspetta, che mi protegge, che sa cosa voglio.
Non riesco ad accettare la loro vecchiaia.
Ed è una vecchiaia strana, come tutte le vecchiaie.
Fatta di malanni.
Di stupide discussioni con i vicini.
Del portiere che non sa più fare il portiere.
Della governante che non sa più fare la governante.
Degli amici di sempre che scompaiono.
Uno dietro l’altro.
Sicché si respira sempre quest’aria da sopravvissuti.
Cerco di rimediare.
Cerco di trattarli come se fossero ancora giovani.
Gli chiedo consiglio.
Gli parlo quietamente.
Mi sforzo di non arrabbiarmi per le loro manie.
Per il loro modo di considerarmi forte e di preferire la debolezza di mio fratello, che ha bisogno di essere protetto.
Così oggi li ho accompagnati ad un esame.
Ecografia alla prostata.
Umiliante.
Mia madre è voluta venire.
Mio padre era straordinariamente nervoso.
Quando si è operato alla prostata è stato intrattabile per molti giorni ed accettava solo la mia presenza.
Passavo le nottate accanto al suo letto, leggendo a voce bassa il Talmud.
Confidando nella forza delle parole.
E lui lentamente si calmava.
Un sudore che pian piano si asciugava.
Una sete che diveniva meno insopportabile.
Così l’ecografia di oggi per lui era una preoccupazione.
Quasi un pellegrinaggio nelle sue paure.
Un pellegrinaggio nel quale mi sento in dovere di essergli accanto.
La sala di aspetto era la solita bolgia.
Persone che cercano di bere per riempire la vescica e spingerla contro la prostata.
E nessuno che riesce a sentire lo stimolo della pipi.
Mio padre sempre più nervoso.
Mille volte guarda i fogli della visita.
Il fascicolo degli esami fatti.
La prenotazione.
Mi spedisce in accettazione.
Mi fa cercare l’amico primario.
Mia madre recita il mantra dei tempi passati.
Alla fine siamo riusciti a tornare.
Nel caldo della macchina senza aria condizionata.
Mia madre continuava a spiegare i negozi che sono scomparsi.
Nel silenzio.
Mio padre non riusciva a parlare.
Finché non sono riuscito a chiedergli come si sentiva.
Ed ha cominciato a piangere.
Non riesco a vederlo piangere.
Sono rimasto con lui.
Ho rinviato tutto.
Lo ho accompagnato a fare una piccola passeggiata.
Ho cercato di farlo uscire dal suo mondo dentro una libreria.
Adesso spero stia leggendo.
Spero.

Page 2 of 212

Ultimi Tweets

  • https://t.co/f3p1xGFuox Se Rousseau vota Draghi, M5S si divide e Meloni non è più sola per Copasir etc. 13:09:42 12 Febbraio 2021

Archivi

Segui @ProfStanco

RSS

  • RSS – Articoli

Articoli recenti

  • Anche oggi, esami (18—-)
  • Il Maestro e il perfetto citrullo
  • Sorelle A Tebe

Categorie

  • jusbox
  • profstanco
  • Senza categoria
  • Uncategorized

Interesting links

Besides are some interesting links for you! Enjoy your stay :)

Pages

  • Blog
  • Welcome

Categories

  • jusbox
  • profstanco
  • Senza categoria
  • Uncategorized
© Copyright - ProfStanco - Wordpress Theme by Kriesi.at