Puntualità
E’ puntuale.
Come sempre.
Torna dalle vacanze e mi scrive.
La solita mail ammiccante.
Sul genere "Sono tornata e ti sto pensando. Perché non mi chiami?".
Come sempre, non la chiamo.
Non le rispondo neppure.
Ho risposto troppe volte.
Il fatto è che il nostro amore è finito da tanti anni.
Che le nostre vite vere, se così si possono chiamare (e forse no), sono iniziate dopo la fine di quell’amore.
Che mi ricordo sempre con un certo fastidio quando mi ha detto che si sarebbe sposata e si è arrabbiata perché non glielo impedivo. Come se fossi io a doverle dire che se si sposava pensando che non lo avrebbe fatto solo perché io le avrei detto che faceva una sciocchezza, non aveva bisogno che le dicessi nulla.
Che non mi piace chiamare una persona che è sposata, che ha dei figli e che mi cerca per tradire suo marito (ma anche i suoi figli).
Tutto qui.
Una storia che si ripete.
Con una costanza assurda.
Prima di andare in vacanza.
Al ritorno dalle vacanze.
Per Natale.
Per il suo compleanno.
Per il mio compleanno.
Una sorta di spamming doloroso.
Soprattutto per il marito.
Che in tutti questi anni, non pochi davvero, ha sempre continuato a cercare di tradurre l’Ulisse di Joyce.
Senza accorgersi di nulla.