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Tag Archive for: mood

Stultus clarissimus

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/06/2023

Il bello dell’avvocato – e Daumier li ha saputi disegnare come Michelangelo gli angeli – è che sa sempre perfettamente quello che dice.

Non perché lo sa. Ma perché è perfetto nel mostrarsi come se comprendesse il problema del suo cliente assai meglio di quanto Virgilio conoscesse l’inferno.

E quando non lo sa, l’avvocato preclaro scatta con il latinorum, con abbondanza di casi e gerundi affatto casuali. In fondo, Cicerone non faceva il ragioniere.

Ma ci sono dei casi eccezionali.

Così lo stultus clarissimus, colpito al ventre in un’operazione straordinaria dall’esercizio del diritto di recesso da parte del socio di minoranza che ha pretermesso, dopo lunga interdizione di pensiero, si avvede che al termine di quell’operazione la Società, sua cliente, avrebbe deliberato la liquidazione e re melius perpensa arriva alla esatta conclusione che la liquidazione paralizza il recesso.

Non capire dove si è va bene.

Guidare gli altri senza saperlo, un pochino meno.

Dirlo a voce alta, per di più in latino, decisamente meno.

Agosto in città (l’anormale sono io)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/08/2022

Agosto è il mese degli anormali.

Persone, forse spok: frammenti di energia vitale che la cabala riesce a trasformare in esseri quasi viventi, il ricordo di una persona che è sempre esattamente l’immagine esatta della persona nel ricordo, persone che negli altri mesi non ci sono, non si vedono, escono solo di agosto e si aggirano in città appropriandosene, come ratti che possono finalmente uscire dalle fogne e girare liberi senza che nessuno li guardi schifato o li rincorra con una scopa.

C’è la cicciona con il vestito giallo: non esiste se non di agosto, in nessun altro periodo dell’anno avrebbe il coraggio di mettersi quella specie di vestaglia svolazzante che non potrebbe rivestire neppure un disturbo alimentare senza farlo sembrare una mongolfiera spiaggiata dall’afa.

C’è il vecchio colorato come una pasticca di LSD, i capelli lunghi e le trecce al posto delle basette con le cuffie sopra le orecchie come un disc jockey di Ibiza che cammina saltellando contento.

C’è la ragazzina che si diverte a camminare mostrando il sedere come se Borgo Albizi fosse una passerella e chi la guarda un buyer dell’alta moda.

Eppoi ci sei te, te che li guardi e che ti incensi perché ricordi la cabala, te che li osservi dall’alto e che pensi di poterli raccontare come se fossero maschere di Molière e ti senti più tragico di Racine.

Tu che non hai capito di essere anche tu un anormale.

Perché se scrivi queste righe, sei anche tu in città d’agosto, esattamente come loro.

Moana (Ancora addio)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
01/11/2021

Moana Pozzi è un VHS sgranato dal ricordo manuale di un adolescente a cui non piaceva il calcio.

E’ stata bella, bella e troia, in un tempo in cui gli uomini potevano essere maiali restando gentiluomini e le donne a cui piaceva il sesso erano ancora puttane.

Ha fatto del suo essere porca un mestiere e ha saputo vivere quel tempo rivendicando il diritto di poter provare piacere nel fare cose che le altre donne potevano fare solo con mariti sovrappeso in letti stanchi di lenzuola che sapevano di sudore, calzini e canottiere Cagi anche d’inverno.

I suoi uomini sono stati giocattoli. Sex toys, non gigolò. C’è una soluzione di continuità fra questi due concetti: il gigolò è un uomo che sa dare piacere mantenendo la sua ars amatoria collegata allo spirito, che ha trovato una donna che gli chiede di essere amata anche se per finta, che gli chiede di essere accompagnata a cena e fatta sentire come ci si può sentire con un uomo che sa essere elegante prima di essere scopata da quello stesso uomo, che non indossa né calzini né canottiera, il toy boy è un uomo che dà il piacere che la donna gli viene chiesto da una donna che si domanda se la sua attrezzatura manterrà le promesse.

Tardelli, Craxi, gli altri uomini con cui si dice che sia stata – ma non lo si sa e non sarebbe da gentiluomini saperlo – hanno provato la terribile angoscia che si prova quando si incontra una donna come lei.

Il sesso fine a se stesso, il sesso che si consuma per piacere, il sesso senza altro che il sesso, il sesso che diventa competizione perché si sa di non essere soli fra quelle gambe, che quelle gambe sono come il cielo stellato: un multiverso che ospita mille uomini contemporaneamente anche se provengono da tempi profondamente diversi, è pura angoscia.

Lascia amarezza, solitudine e rabbia perché un uomo, se è un uomo come Craxi, o come Tardelli, un uomo che ha una vita oltre ciò che separa le gambe dal busto, pretende che la sua vita sia apprezzata insieme alle virtù amatorie, pretende che le sue capacità fisiche diventino una esperienza erotica unica perché la donna che sta amando è capace di sentirle insieme a tutto ciò che quell’uomo ha costruito con la sua vita.

Moana ha saputo separare il cazzo dalla storia individuale dei suoi amanti e non deve essere stato facile per loro sentirsi paragonati a ometti che erano solo giocattoli, ma giocattoli molto più perfetti per Moana di loro, perché a una donna come Moana piace essere portata a cena in un locale elegante, piace leggere un libro impegnato, discutere di musica e ricordare il tempo in cui suonava il clavicembalo ma dopo avere fatto tutto questo torna Moana e cerca il suo piacere.

Lo sa separare dalla sua intelligenza e questo per un uomo intelligente diventa un paragone insostenibile perché mette in dubbio tutto quello che ha saputo costruire, con l’intelligenza e la cultura e non con il pisello.

Moana racconta molto al mondo delle pari opportunità. Dice che non solo gli uomini possono essere maiali restando dei gentiluomini, come quando si ritrovavano nelle case chiuse e le case chiuse assomigliavano al Circolo Canottieri Savoia o allo Yacht Club Italiano perché il pianoforte era suonato da Satie, ma anche che le donne possono essere puttane restando delle signore.

Anche se forse il mondo delle pari inopportunità che ci piacerebbe costruire è un mondo in cui le donne rinunciano a essere puttane e gli uomini non vogliono essere il verro padrone del recinto delle maiale.

Un mondo in cui una donna non è un corpo che dà piacere ma un anima che riempie il corpo mentre riceve piacere da un’altra anima, così lontana finché non diventa così vicina da essere orgasmo, ma non l’orgasmo meccanico di un giocattolo, ma l’orgasmo pneumatico di due psiche che riempiono i corpi – e questo, forse, si potrebbe scrivere solo nel greco antico di quegli intellettuali che avevano rinunciato al genere delle pari opportunità per parlare di corpi e anime, di veneri celesti e veneri pandemie.

Vale la pena ricordare Moana, racconta bene lo spirito di quegli anni in cui l’amore è stato liberato dalla Democrazia Cristiana, ma solo se serve per capire che l’amore di Moana era una cosa terribile, per lei e per gli altri, che le donne come lei sono una maledizione per chi le incontra e per loro stesse che si incontrano ogni giorno e ogni istante.

Moana ha avuto la fortuna di morire giovane, di non conoscere il tempo in cui le donne diventano secche e si asciugano, di non vedere le proprie rughe nascoste da un trucco intelligente ma che rifioriscono come la ruggine che si può lavare ma torna sempre perché il ferro quando è ossidato non è più ferro.

Se fosse stata vecchia, forse, ci piace pensare così, avrebbe fatto sua la filosofia di queste righe: un boudoir non è solo un boudoir, è prima di tutto un talamo e quello che c’è nel boudoir sfiorisce nelle rughe che rifioriscono come la ruggine sotto il trucco sapiente della penombra, mentre ciò che si è costruito nel talamo trova in quelle stesse rughe il calore di una poesia di Yeats.

Ma questo è ottimismo perché – di solito – le donne come Moana non leggono Yeats, non sanno nemmeno chi è.

Ossessione

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/09/2021

I sogni tornano mentre la vita sfugge.

L’ossessione è un tormento continuo, infaticabile, conquista ogni centimetro della mente, la riempie, la svuota, la gonfia come sperma in utero putrefatto.

La tua ossessione.

Non la mia.

La mia era solo un romanzo da scrivere con le tue parole.

Sono Iacopo e vorrei parlare con Davide

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/04/2018

Sono Iacopo e vorrei parlare con Davide potrebbe essere stato il modo con cui Iacoboni avrebbe potuto evitare le polemiche che invece si sono scatenate quando il giornalista – non accreditato – non è stato ammesso a partecipare ai lavori del convegno organizzato da Casaleggio per discutere di politica con un respiro più ampio rispetto agli eventi di questi giorni.

Non lo ha fatto e non è stato ammesso a partecipare ai lavori: chi chiede di essere ammesso in un luogo privato aperto al pubblico deve dimostrare di essere in possesso del titolo di ammissione.

Detto così sarebbe molto semplice.

In realtà, però, dietro all’esclusione di Iacoboni dai lavori di un convegno in cui un soggetto pubblico, anche se non esplicitamente politico, si preoccupa dei valori che devono essere perseguiti per costruire un futuro condiviso, è di per sé preoccupante perché nasconde il desiderio di scegliere chi ci racconta.

Scegliere chi ci racconta, però, non parla di un free market of ideas, secondo la felice espressione di John Stuart Mill, ma ricorda piuttosto il meraviglioso Aspettando il voto delle bestie selvagge di Kourouma.

Detto così è un po’ più complicato ma ancora abbastanza semplice.

In verità, tuttavia, i giornalisti non sempre rispettano la verità e qualche volta nemmeno la verosimiglianza. Non è sempre facile ottenere la pubblicazione di una notizia o l’ascolto dei lettori. Nemmeno è facile che quello che si vorrebbe dire sia tradotto in maniera imparziale.

Il ruolo del giornalista dovrebbe essere la mediazione fra la complessità di un racconto e l’interesse dell’opinione pubblica a farsi un’idea, talvolta però la nobiltà di questo compito degrada verso il mestiere del promotore di un determinato interesse o di una determinata visione della realtà.

Detto così è definitivamente complicato, un rebus irrisolvibile se non si tiene conto che chi sta raccontando al paese una visione del mondo per ottenerne il consenso, non può negare a nessuno di dire la sua su questa visione del mondo. Ma anche che i giornalisti appartengono a un albo e sarebbe molto bello se questo albo si facesse effettivamente carico del decoro della professione.

Gli albi, però, sono troppo spesso alibi.

Esecrabile: quello che non vorrei avere pensato

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/08/2017

Due ragazzi, un ragazzo e una ragazza, si appartano su una spiaggia di una nota località balneare.

Di notte.

Vengono trovati da un gruppo di ragazzi meno fortunati di loro e più forti di loro.

Il ragazzo viene picchiato come un animale e lasciato per morte.

La ragazza viene violentata e buttata in mare.

Il gruppo di ragazzi fugge e continua la sua notte di violenza con un lavoratore del sesso che esercita ai margini di una strada.

Di tutto questo, ciò che è esecrabile non è solo la bestiale violenza del branco che si muoveva la notte di qualche giorno fa in quella località balneare.

La violenza ha sempre delle giustificazioni, sociali, economiche, culturali.

Un uomo diventa un animale perché è un animale e basta poco a farglielo ricordare.

Ciò che è esecrabile sono io.

Io che ho pensato che se due ragazzi si appartano al buio su una spiaggia di notte, può succedere di tutto.

Come se vivessimo in un fumetto di Dylan Dog che passa a trovare Dampyr.

Questo è esecrabile e davvero inaccettabile.

Nessuno può pensare che non si può vivere un chiar di luna sul mare perché è normale che ci siano degli licantropi che si aggirano di notte.

Né a Rimini, né a Saint Tropez, e nemmeno a Dover.

 

Il giorno dopo il giorno della memoria

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/01/2014

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Dolci le mani che accarezzavano quella testa di bambino in una antica foto

Mani di sconosciuta e memoria di madre

Tenacia di foglie all’ultimo inverno nella lana di un passamontagna

Niente di tutto questo chi mi è stato caro ha mai voluto ricordare

Arrossendo di cose oscene ogni volta che altri – non chi gli era familiare – lo induceva a quei mai lontani giorni.

Stupore di presepio

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
02/12/2013

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E’ un istante.

Un istante di fretta terribile e inutile.

Un istante vissuto nella coda dell’occhio.

Lungo come un’agonia.

Lieve come l’agonia di un santo bevitore.

Quello in cui si apre il sipario della strada, del freddo, della polvere di stelle macinata nell’asfalto, su di una vetrina.

Una vetrina di cartoleria, squallida come negli anni cinquanta.

Con dei presepi, in perfetto e adeguato tono.

Ma soprattutto un bambino, a tre passi di distanza, che lo guarda.

Con l’aria di cercare un mestiere nuovo, una figura mancante, un gioco di luci.

Lo stupore di presepio che illumina il deserto di una giornata.

Il disoccupato manda in paradiso

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/04/2013

Un disgraziato non molto informato spara a due carabinieri davanti a Palazzo Chigi mentre il nuovo governo giura al Quirinale.

Reazioni inconvulse e non troppi interrogativi, non troppe domande ragionevoli e quiete, non quelle di Sherlock Holmes che combatte il terribile Moriarty, piuttosto il genere che fa Nonna Papera quando non trova la torta di mele che ha lasciato a raffreddare sul davanzale.

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Crisi di identità

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/03/2013

Mercoledì, sei ore di lezione.

Ovviamente di cose diverse.

All’inizio della giornata, ci si chiede se sia spostato l’asse terrestre e se siamo finiti in Scozia. Sono dieci giorni che non smette di piovere.

Alla fine della giornata, quando si è salutati con un Buonasera Professore, ci si guarda alle spalle per vedere se c’è qualcuno, perché non si sa più chi siamo.

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