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Grillo e Conte il giorno prima dell’esame (Incollato alla colite)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/07/2022

La crisi di Governo impegna lo sguardo verso il Movimento 5 Stelle.

Uno sguardo di irrequieti aruspici, non di quieti osservatori della vita politica.

Non vi è molta logica nel loro comportamento, non ha molto senso a pochi mesi dalla fine del Legislatura, ma nell’immediato ridosso della sessione di bilancio, minacciare una crisi di Governo.

Non ha molto senso riunirsi per un percorso partecipato in cui scegliere una linea politica collettiva e restarci per oltre quattro giorni, quando il problema è dimostrare di essere patiscenti affidabili di un accordo di maggioranza.

Eppure il Movimento 5 Stelle è essenziale a questo accordo di maggioranza perché Draghi si rende perfettamente conto che una coalizione PD – Insieme per il Futuro – Calienda – Renzi, Lega e Forza Italia rischierebbe di essere sbilanciata sui capricci di Salvini e non intende cadere nella trappola del Conte I.

In questa situazione, l’osservatore che cerca di comprendere l’evoluzione della crisi è costretto a rivolgersi a segni quasi intangibili, memoria del raffreddore di Breznev.

L’elevato ha cambiato l’immagine del profilo di whatsapp: ha messo un vasetto di coccoina.

L’avvocato del popolo ha passato una notte all’ospedale, fra sabato e domenica, per una intossicazione alimentare.

A chi si rivolge Grillo con l’immagine della colla?

La versione politicamente corretta è ai parlamentari del Movimento, che sarebbero troppo attaccati alla poltrona, una versione molto comoda per giustificare la furia demolitrice di Conte, che ha poco a che vedere con il termovalorizzatore di Roma e parecchio con la scissione di Insieme per il Futuro.

Forse è più facile immaginare che l’incollato sia Conte e che sia lui a dover cominciare a pensare che la sua presenza non sia più indispensabile e neppure troppo gradita.

L’intossicazione alimentare del poveretto ricorda troppo il mal di pancia che prende durante gli esami quando si subisce la domanda che mai avremmo desiderato perché non lo abbia capito lui per primo.

E immaginare una pochette incollata alla propria colite non è una bellissima immagine.

Il caldo fa male

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/07/2022

Mattina, intorno delle otto, piazza della Repubblica, assoluto centro di Firenze.

Professore di mezz’età in bicicletta con giacca e cappello incrocia signora di mezz’età con gonna in bici con cestino.

Lei viene da sinistra, lui viene da destra.

Lui non dà la precedenza: non veniva da sinistra.

La signora inveisce. A lungo. In termini che immagina spiritosi e da signora. Pensa, evidentemente, che il codice della strada dovesse essere scritto da Giovanni Dalla Casa.

Lui, che finge di non essersi accorto di niente – è bravissimo in questo – pensa di avere torto: se non avesse torto, una signora non lo potrebbe sgridare. Perfino una signora come quella.

Ma non ha torto. Veniva da destra. E il galateo non ha niente a che vedere con le regole sulla circolazione.

Generalizza, allora, il suo pensiero: il suo problema è pensare di avere sempre torto con le donne. Le donne lo fanno sentire in colpa, solo alzando la voce.

Anche questa è parità di genere. Ma non basta una legge o una revisione costituzionale a risolverla.

Avventurose arringhe (Il rolex)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/07/2022

La storia è molto semplice: un tipo dorme in un albergo di lusso, doppia uso singola o qualcosa del genere, si sveglia, va a fare colazione: l’ingombrante orologio da polso lo ingombra e lo appoggia sul tavolo per leggere il giornale con maggior agio, viene colto da un bisogno che non tollera dilazioni, si precipita in bagno, ritorna al tavolo e non trova più l’orologio da polso, presenta la denuncia, vengono perquisiti tutti i dipendenti ma l’orologio non viene rintracciato.

Banale cronaca nera di piccolo e tristo cabotaggio.

Ma la storia potrebbe essere ancora più semplice: un tipo dorme in un albergo di lusso, doppia uso singola ma non troppo singola perché si accompagna a un qualche genere di partner, dopo aver soddisfatto quanto sperato per la serata, si addormenta lasciando l’orologio sul comodino, quando si sveglia non trova né l’orologio né il partner.

Quale più verosimile?

E quale può avere pensato la moglie del tipo quando ha letto la prima versione della storia sul giornale?

Non c’era solo Jacula

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/05/2022

Il fumetto per adulti è una forma di letteratura popolare molto interessante.

Le storie non dicono niente: sono definitivamente banali.

I protagonisti non tradiscono mai il loro carattere e il carattere dei protagonisti è solo un prologo per giustificare amplessi disegnati da matite grasse.

Parlano gli albi, i loro colori squillanti che appassivano al Sole delle edicole. Hanno lo stesso odore delle MS di quegli anni, secco, catramoso come la vilpelle dei treni carichi di sudore diretti verso il mare.

Sono tascabili per entrare in un borsello e salire in un’Alfa Sud.

Non esistono più eppure ci sono delle ragazze che ancora ancheggiano come quelle copertine.

Archetipi sopravvissuti agli anni in cui erano l’ispirazione manuale della leva obbligatoria.

Monadi fedeli a se stessi, anche quando fingono di essere diventate signore.

Perché il bello delle signore con il cuore di fumetto è che, prima o poi, viene sempre fuori il fumetto che sono state, un fumetto da nascondere in bagno, e chi ci è inciampato, una volta, due volte, tre volte, lo avverte con sollievo.

Meno male che non è cambiata, meno male che le sue promesse sono rimaste un assegno da cento lire stampato dalla Popolare di Bari, altrimenti c’era da farsi male.

Gli addii, con quelle anziane ragazze, hanno lo stesso imbarazzato sollievo della masturbazione maschile: svuotano un’urgenza feroce  e diventano subito vergogna di ciò che si è fatto perché un uomo non merita il piacere del suo polso.

Merita il piacere di una donna da poter osservare dopo l’amore dicendosi: Lei vale la pena. Lei è stata l’attesa di tutta la mia vita e quello che ho lasciato dentro di lei è, prima di tutto, il desiderio di trovarla accanto a me quando la furia dell’amore evapora illuminando ai piedi del letto le scarpe che aspettano di riprendere il cammino.

Poeti al Cacciucco

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/05/2022

La poesia livornese ha sempre un retrogusto di cacciucco con le lische.

Il poeta livornese non sa di essere un poeta e considera tempo sprecato ogni minuto che non dedica a prendere il Sole con le infradito e i Ray Ban a specchio.

Lo si riconosce perché una catenina d’oro con un Cristo inchiodato a un’ancora gli lascia un tatuaggio sull’abbronzatura altrimenti perfetta.

Non importa perché non la toglie mai.

Saverio della Saverio demolizioni è uno di questi gentiluomini e gira sempre con un cane di medie dimensioni. Un bastardo cresciuto a cacciucco con le lische e che è del tutto incapace di avere rapporti di normale cordialità con gli altri cani che incontra.

Quando il botolo si scaglia contro un cane di taglia decisamente grande, che, peraltro, non doveva essere livornese perché ha continuato la sua passeggiata con tutta la flemma di cui può essere capace un lord inglese sulla Somme, Saverio si è scagliato contro il padrone del cane:

Non lo potevi comprare più piccino? Non vedi che il mio cane si innervosisce quando incontra i cani più grandi di lui

Il nobiluomo lo fissa quasi con affetto e gli dice

Oggi è la giornata della poesia: a tutti i poeti manca un verso e ciascuno deve regalare a chi incontra un verso perduto

Saverio resta interdetto.

In effetti, il suo verso perduto è pretendere di avere ragione anche quando si ha completamente e dannatamente torto.

Il mio cane ed io (io non somiglio al mio cane: è lui che deve assomigliare a me)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/05/2022

I cani sono come i figli e i figli sono come i cani.

I genitori assomigliano ai figli come i padroni assomigliano ai loro cani, il che, fra l’altro, vale anche per il rapporto di identificazione fra gli avvocati e i loro clienti.

Dietro la banalità di queste osservazioni, facilmente desumibili dalla lettura di Desmond Morris: fra la scimmia nuda e il suo libro sulla educazione del cane, non vi sono distanze particolarmente significative, c’è una porzione del mistero educativo.

Un padre e una madre educano il loro figlio. Il loro figlio finirà per assomigliare loro.

Egualmente un figlio educa i propri genitori. I genitori finiscono per assomigliare al proprio figlio.

Queste affermazioni sembrano speculari e in una logica politicamente corretta lo sono.

Ma non sono corrette: è nel mestiere di chi educa far sì che chi è educato impari a rispettarne l’autorevolezza e sia educato attraverso la sua sua autorevolezza.

Educare rinunciando alla propria autorevolezza è far male ai propri figli. Non solo a se stessi.

E vale anche per i cani e per i clienti degli avvocati.

Nonché per altre cose che è diventato inutile ricordare.

La suocera Abelarda

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
17/05/2022

Tutte le suocere assomigliano ad Abelarda.

La loro bruttezza spaventa perché è la stessa bruttezza che un marito rischia di trovarsi a letto andando avanti negli anni.

In effetti, prima di sposarsi, uno più che guardare la moglie dovrebbe guardare la suocera e domandarsi se è disposto a vedere quella giovane fanciulla in fiore appassire e diventare sempre più dannatamente simile a sua madre.

Ed è una cosa che non si può dire, ovviamente.

Il mio più antico amico ha una suocera che assomiglia eccezionalmente ad Abelarda, ne costituisce in un certo senso l’archetipo.

Me l’ha mostrata in fotografia e non sono riuscito a trattenere il ridere: amaro come Villaggio, volgare come Fantozzi, triste come Carlo Delle Piane.

Un ridere che è continuato nei giorni successivi sino a che non ha perso la pazienza ed è sbottato difendendo la suocera dal mio body shaming. Difendendola e aggredendomi per il mio bullismo.

Mi è dispiaciuto, ovviamente.

Mi è dispiaciuto perché non poche volte ho cercato di essergli utile, ho impiegato il mio tempo per risolvere le sue beghe quotidiane, per tentare di esserci quando poteva avere bisogno di me.

Mi è dispiaciuto perché ho capito che tutto questo non mi aveva guadagnato il diritto di prendere in giro la sua suocera Abelarda, che, peraltro, è Abelarda non più della mia.

L’amicizia è conoscere anche i difetti dei nostri amici, conoscerli ed accettarli, sapere che l’amicizia che riceviamo ha come prezzo il carattere dell’amico che ce la dona, ci obbliga ad accoglierlo per la persona che è e non per la persona che vorremmo che fosse.

Ho trovato ingiusto pretendere il collaborativo affetto di un amico, da una parte, e aggredirlo perché non si è disposti ad accettare una sua risata o una sua presa in giro, dall’altra.

Mi è sembrato di non meritarlo e, lo confesso, sono stanco di chiedere scusa per come sono e di dire a me stesso che merito di essere aggredito perché dovrei essere diverso.

Soprattutto sono stanco di chi non capisce che la stessa persona che prende in giro la suocera Abelarda è quella da cui si va quando si ha bisogno di scrivere una lettera, preparare una testimonianza, acquistare una casa, dar soddisfazione a una ex non troppo simpatica e maneggevole per i suoi problemi legali, peraltro straordinariamente complessi.

Sono la stessa persona e rivendico il diritto di chiamare Abelarda tutte le suocere del mondo e lo faccio perché so di essere Abelardo per chi un giorno nemmeno troppo lontano ormai sposerà le mie figliole.

Ma soprattutto so quello che ho dato e non merito in nessun caso di essere aggredito.

Le monadi

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/05/2022

Le donne sono monadi.

Il punto di arrivo e di sintesi della disputa fra atomisti e scolastici.

Incomprensibili esattamente come una lezione di filosofia quando fuori c’è il Sole.

Diventano monadi con lo sviluppo: il Monarca. Da quel momento in poi, per cinque giorni al mese, non saranno in grado di pensare altro che al proprio disturbo.

Si affermano come monadi quando restano incinte. In quel periodo sono Monocinte perché non riescono a pensare ad altro che alla propria cova e la trasformano nella più noiosa delle esibizioni.

Ma soprattutto sono massimamente monadi nel periodo della menopausa: la Monopausa, anche qui non riescono a pensare ad altro e dopo una vita passata a ingurgitare pillole anticoncezionali, ricorrono allo stesso strumento per poter avere la gioia di continuare a indossare un tampone.

Gli uomini non riescono a fare molto.

Guardano, osservano, sperano che passi presto.

Così passa la loro vita: sguardi nel niente dove niente cambia e tutto semplicemente invecchia.

 

Da grande voglio fare il Rettore

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
25/03/2022

Fra le tanti mutazioni che interessano l’essere umano, una delle più interessanti è osservare la trasformazione in professore dell’assistente volontario.

Esseri mitissimi che sono solito scomparire nei corridoi se non per ossequiare reverenti anche il figlio del bidello improvvisamente diventano temutissimi Ustasha.

Ancora più interessante è la mutazione del professore in rettore.

Colui che fu un essere umano e che si è mutato in Ustasha, per tutto il tempo in cui è candidato, si trasforma in una sorta di Abbé Pierre.

Ricerca tutti i colleghi, manda mail ai bidelli, si presenta come il collettore di una democrazia che nasce dall’ascolto e scrive pagine e pagine di messaggi che ripetono tutte la stessa cosa: I tempi sono difficili ma sono anche opportuni per un forte cambiamento nella continuità.

La certezza è che se dovesse diventare rettore subirebbe una ulteriore mutazione: nei fumetti, il generale degli Ustasha è un vampiro o un maestro della notte.

Ma queste sono cose che dice uno che non sarà mai candidato a rettore.

Quello che invece viene da rammentare è che uno dei candidati a rettore, in questa campagna elettorale segnata da una primavera particolarmente piacevole, uno scrittore molto prolifico di messaggi elettorali, tanti e di straordinaria lunghezza, è stato a lungo preside.

In quel periodo, una delle sue attività predilette era appostarsi dinanzi all’ingresso del Dipartimento, in prossimità dei lungarni, e inserire nelle biciclette degli studenti e dei docenti dei biglietti che invitavano all’uso delle rastrelliere, minacciando pene corporee e la scomunica.

Mi viene da chiedermi e se questo dovesse arrivare al successo nella sua candidatura?

Inizio a temere che vorrebbe fare la stessa cosa con chi fa la pipì senza la precisione dei vent’anni.

Moana (Ancora addio)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
01/11/2021

Moana Pozzi è un VHS sgranato dal ricordo manuale di un adolescente a cui non piaceva il calcio.

E’ stata bella, bella e troia, in un tempo in cui gli uomini potevano essere maiali restando gentiluomini e le donne a cui piaceva il sesso erano ancora puttane.

Ha fatto del suo essere porca un mestiere e ha saputo vivere quel tempo rivendicando il diritto di poter provare piacere nel fare cose che le altre donne potevano fare solo con mariti sovrappeso in letti stanchi di lenzuola che sapevano di sudore, calzini e canottiere Cagi anche d’inverno.

I suoi uomini sono stati giocattoli. Sex toys, non gigolò. C’è una soluzione di continuità fra questi due concetti: il gigolò è un uomo che sa dare piacere mantenendo la sua ars amatoria collegata allo spirito, che ha trovato una donna che gli chiede di essere amata anche se per finta, che gli chiede di essere accompagnata a cena e fatta sentire come ci si può sentire con un uomo che sa essere elegante prima di essere scopata da quello stesso uomo, che non indossa né calzini né canottiera, il toy boy è un uomo che dà il piacere che la donna gli viene chiesto da una donna che si domanda se la sua attrezzatura manterrà le promesse.

Tardelli, Craxi, gli altri uomini con cui si dice che sia stata – ma non lo si sa e non sarebbe da gentiluomini saperlo – hanno provato la terribile angoscia che si prova quando si incontra una donna come lei.

Il sesso fine a se stesso, il sesso che si consuma per piacere, il sesso senza altro che il sesso, il sesso che diventa competizione perché si sa di non essere soli fra quelle gambe, che quelle gambe sono come il cielo stellato: un multiverso che ospita mille uomini contemporaneamente anche se provengono da tempi profondamente diversi, è pura angoscia.

Lascia amarezza, solitudine e rabbia perché un uomo, se è un uomo come Craxi, o come Tardelli, un uomo che ha una vita oltre ciò che separa le gambe dal busto, pretende che la sua vita sia apprezzata insieme alle virtù amatorie, pretende che le sue capacità fisiche diventino una esperienza erotica unica perché la donna che sta amando è capace di sentirle insieme a tutto ciò che quell’uomo ha costruito con la sua vita.

Moana ha saputo separare il cazzo dalla storia individuale dei suoi amanti e non deve essere stato facile per loro sentirsi paragonati a ometti che erano solo giocattoli, ma giocattoli molto più perfetti per Moana di loro, perché a una donna come Moana piace essere portata a cena in un locale elegante, piace leggere un libro impegnato, discutere di musica e ricordare il tempo in cui suonava il clavicembalo ma dopo avere fatto tutto questo torna Moana e cerca il suo piacere.

Lo sa separare dalla sua intelligenza e questo per un uomo intelligente diventa un paragone insostenibile perché mette in dubbio tutto quello che ha saputo costruire, con l’intelligenza e la cultura e non con il pisello.

Moana racconta molto al mondo delle pari opportunità. Dice che non solo gli uomini possono essere maiali restando dei gentiluomini, come quando si ritrovavano nelle case chiuse e le case chiuse assomigliavano al Circolo Canottieri Savoia o allo Yacht Club Italiano perché il pianoforte era suonato da Satie, ma anche che le donne possono essere puttane restando delle signore.

Anche se forse il mondo delle pari inopportunità che ci piacerebbe costruire è un mondo in cui le donne rinunciano a essere puttane e gli uomini non vogliono essere il verro padrone del recinto delle maiale.

Un mondo in cui una donna non è un corpo che dà piacere ma un anima che riempie il corpo mentre riceve piacere da un’altra anima, così lontana finché non diventa così vicina da essere orgasmo, ma non l’orgasmo meccanico di un giocattolo, ma l’orgasmo pneumatico di due psiche che riempiono i corpi – e questo, forse, si potrebbe scrivere solo nel greco antico di quegli intellettuali che avevano rinunciato al genere delle pari opportunità per parlare di corpi e anime, di veneri celesti e veneri pandemie.

Vale la pena ricordare Moana, racconta bene lo spirito di quegli anni in cui l’amore è stato liberato dalla Democrazia Cristiana, ma solo se serve per capire che l’amore di Moana era una cosa terribile, per lei e per gli altri, che le donne come lei sono una maledizione per chi le incontra e per loro stesse che si incontrano ogni giorno e ogni istante.

Moana ha avuto la fortuna di morire giovane, di non conoscere il tempo in cui le donne diventano secche e si asciugano, di non vedere le proprie rughe nascoste da un trucco intelligente ma che rifioriscono come la ruggine che si può lavare ma torna sempre perché il ferro quando è ossidato non è più ferro.

Se fosse stata vecchia, forse, ci piace pensare così, avrebbe fatto sua la filosofia di queste righe: un boudoir non è solo un boudoir, è prima di tutto un talamo e quello che c’è nel boudoir sfiorisce nelle rughe che rifioriscono come la ruggine sotto il trucco sapiente della penombra, mentre ciò che si è costruito nel talamo trova in quelle stesse rughe il calore di una poesia di Yeats.

Ma questo è ottimismo perché – di solito – le donne come Moana non leggono Yeats, non sanno nemmeno chi è.

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