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Tag Archive for: solitudine

Occhi vuoti

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/06/2022

Occhi vuoti d’anima

Occhi che aspettano di essere riempiti

Che esistono in funzione di chi li fissa

Che una volta sono occhi amati

Un’altra occhi desiderati

Ovvero curiosi, divertiti, umiliati, piangenti

Ma sempre e soprattutto vuoti d’anima.

Impenetrati silenzi

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/06/2022

Il silenzio sfinisce

Addolora le mani il silenzio della Musa e dei suoi fardelli

Addolora il pianto e trascina i piedi mentre il vento è una furia che scuote la mente

Il dannato osserva la sua Musa mentre tace

Ne assapora il silenzio, si lascia condannare dal suo nascondersi, lo vive come un harmattan

Oramai conosce il colore dei deserti e trova la sua strada nella sabbia

Strada di sete e naufragi

Il silenzio è sfinita sabbia mentre il dannato sa che la sua sete si può dissetare dal suo grembo

Quel grembo che è stato madre e amante e nel quale la sua anima si unisce al corpo dissecandosi

Questo silenzio che è vergine come le latrine di un postribolo.

Non è un Consiglio per vecchi

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/05/2022

Il Consiglio del dipartimento di giurisprudenza, per la seconda volta in meno di quattro mesi, non è riuscito a raggiungere nella sua composizione ristrettissima, ovvero limitata ai soli professori ordinari, la maggioranza assoluta che era necessaria per assegnare un posto da professore ordinario. Read more →

Quello che resta (Un mese dopo)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
14/01/2022

E’ passato un esatto mese dalla morte di mio padre.

Un mese in cui il suo pensiero non mi ha lasciato spesso.

Anzi.

Forse sono stato più tempo con lui in questi giorni che in tutta la mia vita.

Ho pensato molto a quella mano che mi stringeva e che, all’improvviso, ha smesso di stringere.

Al perché di quell’abbandono.

Perché vivere è egoismo.

E’ imporre la nostra vita a chi ci ama.

Pretendere di essere amati.

Morire, allora, è l’istante in cui si decide di non essere più egoisti.

Che non si può più imporre la nostra vita.

Si accetta di morire perché ci si rende conto che siamo solo una mano che stringe.

Penso questo mentre lascio che il Sole, quel Sole che a dicembre continuava a morire, tocca di nuovo il mio tavolo.

Penso questo mentre penso che anche io troppe volte ho imposto la mia vita.

Perché ci vuole coraggio a smettere di stringere una mano.

Coraggio e stanchezza.

Cancrene di amore (Ribellione è seppellire il proprio cuore)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/01/2022

Fame di diabetico, il bisogno d’amore, sete di alcolizzato

Gangrena

Non amata imputridisce carne

L’animo si abitua al delirio

Fame_sete, allegre compagne di chi discende nel proprio inferno

Divorano la mente

Popolano la carne

Prevalgono come neve che assidera abbracciando senza la crudele pietà dei sogni

Ribellione è seppellire il proprio cuore.

La corrente della verità

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
04/01/2022

Come sulla pescaia: il rifiuto della piena

Si aggancia alla speranza di non essere ancora e di nuovo travolto dalla corrente

La sua intera vita è quella speranza

La sua definitiva morte il precipitare di quei pochi metri

Eppure non è così

Non è così per chi osserva da lontano

Non è così perché la vera morte è vivere lottando contro la corrente della verità.

Uccelli di mare

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/08/2021

Gli uccelli di mare sono quasi tutti bianchi, non blu, azzurri o verdi:

Hanno il colore del mare in tempesta, vogliono poter essere scambiati per schiuma quando si posano fra le onde di una burrasca

Lì hanno bisogno di nascondersi e di non essere visti,

Non temono che qualcuno li possa predare. Maltempo non è stagione di caccia,

Ma perché a nessuno piace essere visto mentre si arrende al fato.

La tela di Penelope

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/01/2020

Penelope è una reggia vuota del suo re

Sono quelle stanze occupate da mille persone

Penelope sa benissimo come si riconosce un re

Un re pone il suo onore nel meritare fiducia. Ha il coraggio di esserci quando si ha bisogno di lui

Un re marinaio sa condurre la sua nave verso il porto, sa che navigare è riportare tutti i marinai che hanno messo la loro vita nelle sue mani alle loro case e lui per ultimo

Ulisse sapeva navigare, aveva il coraggio delle colonne d’Ercole, il coraggio di andare oltre il confine del mare e, soprattutto, di tenere la rotta quando il mare ribolle di sirene che chiedono solo di dimenticare una direzione, abbandonare la bussola, lasciarsi trasportare dalle onde, scomparire

Ulisse sapeva come si tradisce, sapeva usare l’astuzia dell’attesa, trasformare l’intelligenza in un tranello e in un inganno, perché un re vince le guerre, conquista il bottino di sangue che è la schiavitù di chi si è lasciato ingannare, di chi ha voluto l’inganno pur di finire una guerra, la morte per non aspettare la vita che si consuma dentro un assedio

Penelope aspetta il suo re nelle stanze del castello, finisce i suoi occhi al telaio, tesse come se non ci fosse nessun assedio, come se la nave di Ulisse non si incrociasse nel deserto mediterraneo con i lutti di Enea, non naufragasse nella ricerca di acqua, non soccombesse alla sordità dei banchetti di Didone

Si prostituisce all’assenza perché chi occupa la reggia non è un re ma sa offrire lo spazio di una gioia nel vuoto incavo della sua vagina secca di sale e lontane tempeste. Ama quei pretendenti. Di ognuno ama qualcosa. Di tutti ama il destino: morire di freccia, per mano di Re, morire perché la gioia di una regina deve soccombere al ritorno del suo signore

Nemmeno Omero, però, ha scritto cosa hanno fatto Ulisse e Penelope dopo quella strage danzante, dopo quelle frecce che hanno trafitto il cuore di coloro che avevano amato Penelope, di coloro che Penelope non aveva mai amato e ai quali aveva prostituito il suo bisogno di essere sazia e sola, di essere regina e vedova di un niente che sbiadiva il ricordo della sua anima

Non lo ha scritto perché non c’era più niente da raccontare. Perché Ulisse non ha solo trafitto il cuore di chi era colpevole di non essere amato. Perché alla fine Ulisse non poteva restare a Itaca, Itaca non poteva contenere i mari che lui portava dentro

Ulisse non è tornato a Itaca per restarci, è tornato perché aveva bisogno di Penelope per completare il suo viaggio. Per partire verso un dove che non conosce né ritorni né approdi.

 

Signorina è una espressione temeraria

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
23/07/2019

Alle sette, non manca già nessuno.
Il popolo della sala d’aspetto si è accomodato al suo posto.
All’apertura del cancello è sciamato come all’ingresso di scuola. La stessa inutile fretta. Incomprensibile perché le maestre assegnano il banco al cominciare dell’anno e così è qui dentro: il banco delle urgenze, il banco dei diabetici, il bando dei prelievi comuni e quello dei cronici.
Non c’è nessun bisogno di avere fretta, ma fa parte della stessa idea di assembramento il bisogno di passare avanti, di arrivare prima e qui il prima è mostra della propria sofferenza, della propria vecchiaia affamata di dolore. Quel dolore che fa sentire vivi perché la vita è speranza e il dolore apre il cuore alla speranza del sollievo. Chi soffre spera senza sosta di stare meglio, di riuscire a respirare senza affanno, chi ha sofferto non sta mai bene perché in quell’istante teme di tornare a stare male, sa che tornerà a stare male. Gode di questo spazio in cui può riuscire a passare avanti (sto un po’ peggio di voi) e magari a lasciare indietro chi sta peggio di lui/lei perché la sofferenza degli altri fa sempre compagnia e dà un grande sollievo, come una coperta carica di pulci per un mendicante che singhiozza di freddo.
L’ecosistema è tutto qui.
Manca solo la “signorina” dietro il banco.
Non ho idea di chi abbia avuto l’idea di definire “signorina” la cortesia più o meno sgraziata che siede davanti al computer dell’accettazione. E’ una definizione crudele.
Lo sottolinea il tipo che viene brontolato perché non si era accorto di essere chiamato, non aveva colmato lo spazio fra il suo banco e la cattedra nel tempo che gli era stato assegnato.
Accetta il rimprovero a testa bassa, ma poi alza gli occhi: “Signorina …, certo che signorina, nel suo caso, è davvero una espressione temeraria”

Il fotografo di matrimoni

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
09/11/2018

Il fotografo di matrimoni non voleva fare il fotografo di matrimoni ed è morto giovane.

Di qualcosa che non ha nome ma fa molto male. Anche a uno che amava il gioco e si stonava di bingo.

Odiava i matrimoni perché diceva che c’è una sottile distanza, un impercettibile confine fra gli istanti.

Ogni decisione è poco più di un attimo. Ma ci sono attimi nei quali si decide per tutta la vita.

Può andare bene e capita di essere felici ma può andare anche molto male ed essere infelici per tutta l’eternità. Può, infine, andare ancora peggio e passare la propria vita a rimpiangere di non avere deciso per paura di decidere.

Si deve scegliere con attenzione perché ci sono scelte che possono rovinare per sempre. Ma non con troppa attenzione perché niente è così importante da non meritare di essere giocato.

Odiava i matrimoni per questo. Perché lui sapeva vedere il futuro delle scelte degli altri attraverso il mirino della sua Yashica e non c’è niente di divertente nel fotografare la nascita di un inferno.

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