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Il referendum costituzionale e il voto di Crisafulli

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/11/2016

Le ragioni del SI stanno anche in chi dice NO chiamando i morti al voto

Il costituzionalista dolente non è un Cristo in croce

Gli ultimi giorni della campagna sul referendum costituzionale sono incandescenti.

Tutti hanno bisogno dell’ultimo voto, lo cacciano, lo cercano e lo stimolano.

Gli argomenti del SI sono più o meno i soliti: le ragioni che giustificano il superamento del bicameralismo paritario e quelle a favore di una diversa distribuzione delle attribuzioni fra Stato e regioni. Si può essere a favore o contro, ma sono argomenti che hanno qualche giustificazione sul piano teorico e di politica costituzionale.

Gli argomenti del NO si fanno sempre più ruggenti (e sfuggenti).

L’uno grida che questa riforma deve essere bocciata perché lo dice il buon senso, che è un argomento molto forte sul piano giuridico: lo dico perché lo dico io e se lo dico io vuol dire che ho ragione.

L’altro tuona che il suo maestro (defunto da tempo, da talmente tanto tempo che fra poco torna in qua, come si dice nelle campagne) non avrebbe mai votato questa riforma. Come se avessimo la possibilità di sapere che cosa farebbero i morti se fossero ancora vivi a parte suicidarsi.

L’ultimo di questa breve rassegna di opinioni effettivamente pronunciate da giuristi insigni coinvolti (stravolti?) dalla campagna referendaria piange perché il SI sarebbe incostituzionale, quasi fosse pacifico che le norme della Costituzione in vigore possono rendere incostituzionale la loro riforma, affermazione complessa sul piano della logica e molto difficile da argomentare nel caso di specie dove il principio che viene evocato è talmente supremo da essere evanescente sul piano normativo.

Il superamento del bicameralismo non può essere considerato incostituzionale se si cambia la Costituzione. Nè l’abolizione del CNEL, l’eliminazione delle province e la riforma dei rapporti Stato / regioni.

Sin qui, si può ridere delle diverse opinioni più o meno agitate come verità evangeliche dai diversi costituzionalisti trasformati in apocalittiche vergini sull’orlo del martirio dogmatico: la figura del costituzionalista dolente è diventata un canone del nostro tempo più o meno come la Madonna e le tre Marie al sepolcro di Cristo nel seicento.

Se vincesse il NO, non succederebbe molto: tutti coloro che hanno sostenuto il SI non hanno mai oltraggiato il testo costituzionale vigente e ne hanno parlato con la dovuta deferenza.

Se invece vince il SI, si avrà poco meno di una metà degli italiani che è stata convinta, strumentalmente e in male fede più spesso di quanto non appaia e di quanto non sia elegante scrivere, che l’altra metà degli italiani ha compiuto un attentato alla Costituzione.

“Loro diranno, noi diciamo” non è solo uno slogan di cattivo gusto, o una manifestazione di assenza di rispetto per l’avversario.

E’ soprattutto il tentativo di vincere demonizzando e questo lo si può fare solo se si è religiosamente convinti delle proprie ragioni ma se si è convinti religiosamente delle proprie ragioni non si è più dei giuristi, si è dei fanatici.

Il Senato del superamento del bicameralismo: proporzionalmente maggioritario

2 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/11/2016

tabella4

Uno dei temi più complessi da spiegare nel superamento del bicameralismo paritario è la composizione del nuovo Senato.

E’ facile lasciarsi andare alla retorica giacobina dell’attentato alla sovranità popolare che sarebbe determinato dall’elezione indiretta, indiretta come quella del Capo dello Stato, dei senatori.

Meno facile cercare di capire come stanno davvero le cose: il nuovo Senato è un organo eletto dal corpo elettorale tramite i consigli regionali e la sua composizione è coerente con le funzioni di indirizzo e controllo che è chiamato a svolgere. Read more →

Le bugie hanno le gambe corte anche quando portano il cappello

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
23/11/2016

compagnolenin

Dibattito referendario, le ragioni del Si e del No senza lamenti né proclami.
La presentazione della riforma procede lungo binari senza fretta, il relatore del Si spiega i motivi della riforma ed il più che ragionevole relatore del No contrappone i valori della stabilità costituzionale.
Il tutto senza scossoni né colpi di scena.
Finché non appare uno strano vecchio, infagottato in un maglione a collo alto, color vinaccia e con un buffo cappello da capitano di marina che assomiglia vagamente a quello indossato da Lenin.
L’ometto si lancia nel suo intervento: la riforma non si dovrebbe votare perché il senato non sarebbe più un senato ma uno iuvenato (sic), la riforma introdurrebbe dei vincoli a favore della legislazione europea del tutto ignoti al testo costituzionale in vigore, etc.
La prima obiezione è una sciocchezza. Dell’organo importano le funzioni, non certo l’età dei suoi membri e sarebbe bello se questo non fosse un paese per vecchi.
La seconda deve avere un suo perverso fascino perché è la quarta volta che ci inciampo.
È una profonda idiozia perché il vincolo del rispetto della legislazione dell’Unione europea da parte della legislazione regionale è stato introdotto dalla riforma costituzionale del 2001 e il nuovo testo non cambia nulla sul punto.
Però è preoccupante sentirla ripetere. Dà la sensazione di una sorta di catechismo del No che viene diffuso da qualche spregiudicato scribacchino e ripetuto più o meno a pappagallo da un buon numero di persone che prima di oggi non avevano mai incontrato la Costituzione.
Quelli con il cappellino non sono i più simpatici, ovviamente.

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