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Schiava Luna

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/09/2022

La Luna ha due facce, ciascuna invisibile all’altra.

Non ha specchi per guardarsi alle spalle.

Lo sa Orlando che ciascuna delle due facce della Luna ha i suoi abitanti.

Lui li ha conosciuti entrambi.

Ci sono gli abitanti della faccia che conosceva, quella che vedono tutti gli abitanti della terra e sulla quale lo ha portato il suo fedele cavallo alato.

Sono intelligenti, sensibili, pazienti. E’ un vero piacere dialogare con loro, anche se sono un po’ algidi.

Poi ci sono gli altri abitanti, quelli della faccia oscura. Sono altrettanto intelligenti, forse più belli, forse più sensuali.

I primi hanno dei celesti, i secondi adorano divinità infernali.

Non si incontrano mai e solo Orlando li ha conosciuti entrambi.

Gli uomini normali possono conoscere i primi ma impazzirebbero se conoscessero anche i secondi e così quelli che hanno conosciuto gli oscuri non possono pensare che esistano anche i celesti.

Così sono alcuni uomini.

Hanno due volti e chi conosce uno di questi non vuole conoscere l’altro.

Gli è insopportabile se conosce il volto celeste essere consapevole di quello oscuro.

Mentre se conosce quello oscuro gli è ancora più insopportabile accompagnarcisi.

Non così Orlando.

Ma lui era un paladino.

Antropogie mutilate (L’inizio della storia)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/08/2022

L’Amazzonia è il cuore del mondo. Un’enorme Silva Magica. Più Magica di un sogno nella scuola del cavaliere azzurro. Forse è questa la sua importanza, essere il testamento della memoria ancestrale di una intera razza, contenere le radici spiritualmente ancestrali di ogni uomo, la memoria di ciò che siamo stati prima di immaginare con le parole e disegnare cerchi per spostare il mondo.
È uno spazio infinito perché ogni popolo che lo occupa si costruisce come un universo e come un universo non pensa che possano esistere altri universi. Il proprio degli universi è l’unicità, un dogma etico.
E, in fondo, conta poco la sua importanza per la sopravvivenza dell’oceano o la sua incredibile e magica potenza.
La verità è che questo luogo sa essere giovane e antico nello stesso tempo, sa muovere ricordi che nessuno possiede se non come tatuaggi dello spirito, ricordi infiniti che si muovono come fiumi di nubi.
Ciascuna nazione ha bisogno di distinguersi dalle altre. Lo fa con tatuaggi, colori e, le più antiche, con mutilazioni permanenti del corpo che modificano definitivamente ed irreparabilmente.
L’appartenenza è una mutilazione con almeno due significati, uno più profondo dell’altro.
Prima di tutto, il bisogno di distinguersi dagli animali. Nessun animale è capace di modificare per sempre il proprio corpo e l’uomo, questo uomo giovane che è ancora capace di dormire su un albero, ha bisogno di sentirsi diverso, di creare una narrazione, di cominciare a ricreare sentimenti e trasformarli in storia attraverso l’arte. Anche quando l’arte è mutilazione.
Il secondo è che questo piccoli uomini sanno di esistere all’interno della loro nazione, di avere un significato che li rende diversi da ogni altro uomo che percorre questo inferno e di avere bisogno di appartenere alla loro famiglia fino a modificare per sempre il proprio corpo e questo è l’inizio dell’amore, un amore che è solo appartenenza e che esiste come storia condivisa: è il mio popolo che mi permette di leggere la realtà e di attraversarla consapevolmente.

Agosto in città (l’anormale sono io)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/08/2022

Agosto è il mese degli anormali.

Persone, forse spok: frammenti di energia vitale che la cabala riesce a trasformare in esseri quasi viventi, il ricordo di una persona che è sempre esattamente l’immagine esatta della persona nel ricordo, persone che negli altri mesi non ci sono, non si vedono, escono solo di agosto e si aggirano in città appropriandosene, come ratti che possono finalmente uscire dalle fogne e girare liberi senza che nessuno li guardi schifato o li rincorra con una scopa.

C’è la cicciona con il vestito giallo: non esiste se non di agosto, in nessun altro periodo dell’anno avrebbe il coraggio di mettersi quella specie di vestaglia svolazzante che non potrebbe rivestire neppure un disturbo alimentare senza farlo sembrare una mongolfiera spiaggiata dall’afa.

C’è il vecchio colorato come una pasticca di LSD, i capelli lunghi e le trecce al posto delle basette con le cuffie sopra le orecchie come un disc jockey di Ibiza che cammina saltellando contento.

C’è la ragazzina che si diverte a camminare mostrando il sedere come se Borgo Albizi fosse una passerella e chi la guarda un buyer dell’alta moda.

Eppoi ci sei te, te che li guardi e che ti incensi perché ricordi la cabala, te che li osservi dall’alto e che pensi di poterli raccontare come se fossero maschere di Molière e ti senti più tragico di Racine.

Tu che non hai capito di essere anche tu un anormale.

Perché se scrivi queste righe, sei anche tu in città d’agosto, esattamente come loro.

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