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Preghiera del Patriarca Morente

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/08/2022

La casa del Patriarca sembra vuota mentre sta morendo.

Perfino il cane non si avvicina più a lui.

Insofferente, non riesce a stare nel letto, nudo, le sue vergogne esposte, non sopporta il peso delle lenzuola: sudari.

Nudo sono nato, nudo voglio morire ma non vorrei essere nato, ripete.

La moglie lo guarda, lo lava, lo accudisce, gli massaggia i piedi.

Dal naso scende un filo nero: sangue, pus e tumore.

Non c’è nessuna speranza nello sguardo dei figli che lo accarezza.

Urla: Sarà come Dio vorrà.

Grida: Banalità! Era solo una banalità.

Vorrebbe un caffè, un buon caffè, un caffè di Voltaire.

Dio tace, silenzioso, e lui sussurra una preghiera:

Padre nostro, come puoi essere padre di tutti? come puoi essere padre dei buoni e dei malvagi, come puoi condannare gli uomini a essere fratelli, senza premiare il giusto e punire il malvagio?

Che sei nei cieli, tu sei nei cieli, lontano dagli uomini, e niente è più crudele per un figlio della distanza dal padre.

Sia santificato il tuo nome, il tuo nome non è santo, lo diventa, sono gli uomini che ti santificano, tu sei il tuo nome e il tuo nome è invano senza le loro preghiere che lo pronunciano.

Venga il tuo regno, il tuo regno non c’è. E’ una promessa. Un miraggio.

Sia fatta la tua volontà, la tua volontà è il vento che trascina le foglie, il mare che annega, la pioggia che affoga ed è questo che vuoi per noi, che siamo come foglie, pesci o grano.

Come in cielo così in terra, neppure in cielo c’è il tuo regno. Neppure lì hai voluto governare, come un re buono, che si prende cura dei suoi sudditi, che amministra la giustizia, che separa il bene dal male e insegna a ciascuno quello che deve sapere per capirti.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, insegnaci a vivere di pane. Fai che la nostra fame sia saziata tutti i giorni. Fai che la nostra sia fame di pane, solo di pane. Fai che non desideriamo mai altro se non il più umile degli alimenti e che non desideriamo altro desiderio che non sia cibo.

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, tu sei esattamente come noi. Esigi e riscuoti esattamente come noi. Non sei diverso da noi e ciascuno di noi è condannato a vivere soffocato dai debiti.

Non ci indurre in tentazione, sei tu che ci hai creato fragili. Affamati non di solo pane. Debitori di tutto e creditori di tutto. Ma noi dobbiamo evitare le tentazioni. Dobbiamo restare legati al nostro aratro. Contadini di sangue.

Ma liberaci dal male, e questa è davvero l’unica cosa che ti si può chiedere: liberaci dal male di vivere e non ci fare più nascere.

Lo guardo mentre dice il rosario.

Lo trasformo dentro di me in una preghiera blasfema.

La preghiera di un dio sconfitto e dolce che scopre di avere sbagliato tutto, di avere creato un essere che poteva solo peccare, di averlo condannato a vivere e diventare cattivo e lo scopre dopo tanto tempo.

Lo scopre e decide che può fare una cosa sola per quell’essere maledetto: morire anche lui.

Lo guardo mentre muore, il mio amico, sto accanto a lui.

Lo guardo ma non lo riesco a consolare perché il suo sudario, la sua nudità, il suo odore, le sue mani sempre più fredde, il suo muco canceroso, mi raccontano di questo dio dolce e sconfitto che sa, anche lui, di poterlo solo guardare morire.

Senza neppure la pace di una lancia di centurione a liberare l’anima dal dolore di vivere.

Tristi addii (L’Università e i gabinetti intersessuali)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
20/07/2022

L’ultima novità gay friendly della comunità universitaria pisana sono i gabinetti intersessuali.

E’ finita l’epoca dei gabinetti separati per maschi e femmine: adesso i gabinetti sono unici per entrambi. Ci si incontra per lavarsi le mani, ci si saluta per fare i bisogni.

Può essere giusto: perché costringere chi non si sente né uomo né donna a dichiarare le proprie preferenze sessuali per fare quanto non ha – solitamente – niente a che fare con la sessualità: pipì e popò non hanno sesso sembrano dire questi interessanti cartelli.

E’ però la fine di un’epoca.

La fine delle toilette femminili, luoghi di cortesi e perfide conversazioni in cui il ritocco del trucco era un momento di socialità intensa ed esclusivamente unisessuale.

La fine dei vespasiani, luoghi di terrificanti paragoni, in cui il “vero” maschio salutava il vicino altrettanto maschio ma meno “vero” di lui, solo per ostentare, dalla giusta distanza, la propria esuberanza.

Dispiace, ma si deve sopravvivere perché se Vespasiano disse, alzandosi dal letto, prima di abbandonare questo mondo, che un imperatore deve  morire in piedi, per quali ragioni si deve far pipì seduti?

Dispiace anche perché i gabinetti intersessuali lasciano immaginare il sorgere di una delle liti più frequenti in una qualsiasi casa abitata da maschi e da femmine: tu non alzi la tavoletta quando fai la pipì.

E, questo, non lo fanno solo i maschi alpha, lo fanno tutti i maschi, anche quelli a cui non piacciono le femmine e che, magari, si travestono da donna.

Grillo e Conte il giorno prima dell’esame (Incollato alla colite)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/07/2022

La crisi di Governo impegna lo sguardo verso il Movimento 5 Stelle.

Uno sguardo di irrequieti aruspici, non di quieti osservatori della vita politica.

Non vi è molta logica nel loro comportamento, non ha molto senso a pochi mesi dalla fine del Legislatura, ma nell’immediato ridosso della sessione di bilancio, minacciare una crisi di Governo.

Non ha molto senso riunirsi per un percorso partecipato in cui scegliere una linea politica collettiva e restarci per oltre quattro giorni, quando il problema è dimostrare di essere patiscenti affidabili di un accordo di maggioranza.

Eppure il Movimento 5 Stelle è essenziale a questo accordo di maggioranza perché Draghi si rende perfettamente conto che una coalizione PD – Insieme per il Futuro – Calienda – Renzi, Lega e Forza Italia rischierebbe di essere sbilanciata sui capricci di Salvini e non intende cadere nella trappola del Conte I.

In questa situazione, l’osservatore che cerca di comprendere l’evoluzione della crisi è costretto a rivolgersi a segni quasi intangibili, memoria del raffreddore di Breznev.

L’elevato ha cambiato l’immagine del profilo di whatsapp: ha messo un vasetto di coccoina.

L’avvocato del popolo ha passato una notte all’ospedale, fra sabato e domenica, per una intossicazione alimentare.

A chi si rivolge Grillo con l’immagine della colla?

La versione politicamente corretta è ai parlamentari del Movimento, che sarebbero troppo attaccati alla poltrona, una versione molto comoda per giustificare la furia demolitrice di Conte, che ha poco a che vedere con il termovalorizzatore di Roma e parecchio con la scissione di Insieme per il Futuro.

Forse è più facile immaginare che l’incollato sia Conte e che sia lui a dover cominciare a pensare che la sua presenza non sia più indispensabile e neppure troppo gradita.

L’intossicazione alimentare del poveretto ricorda troppo il mal di pancia che prende durante gli esami quando si subisce la domanda che mai avremmo desiderato perché non lo abbia capito lui per primo.

E immaginare una pochette incollata alla propria colite non è una bellissima immagine.

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