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Il celolunghismo accademico, ovvero delle immatricolazioni

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/09/2007

Il consiglio di facoltà di oggi ha visto il preside comunicare i primi dati relativi alle immatricolazioni del primo anno.
L’aula è appena rientrata dalle vacanze: le colleghe maggiormente convinte di sé e della propria abbronzatura arrivano volutamente in ritardo, per poter ruotare intorno al tavolo della presidenza e farsi vedere mentre firmano il ruolino delle presenze.
Un immaginario defilé di anziane ragazze.
Mi chiedo anche questa volta perché sia necessario passare dal parrucchiere e dall’estetista prima di un consiglio di facoltà.
I corsi sono chiamati uno per volta.
I presidenti dei singoli corsi di laurea sudano: taluni soddisfatti, altri imbarazzati (loro sanno già i risultati).
Ciascuno sa di essere alla premiazione del campionato, a quella classica gogna che ogni casa del popolo conosce quando costringe gli allenatori dei vari bar ad ascoltare il dettaglio delle proprie sconfitte.
Le squadre – pardon, i corsi – sono illustrate: iscritti precedente anno accademico, iscritti in questo anno accademico, variazione percentuale.
Dapprima in ordine alfabetico, poi secondo il numero di iscritti, infine guardando alle variazioni percentuali.
Sorrisi, parole di apparente comprensione, tentativi di spiegare le ragioni di qualche fallimento.
La premiazione è quasi finita, quando il professor TT, che  indossa i soliti occhiali scuri e tiene come sempre la camicia aperta fino all’ombelico, scende dalla spider, che ha lasciato sul posto riservato ai diversamente abili (e chi può negargli questa qualifica?), per un ingresso trionfale.
Fortunatamente sbaglia il senso di circolazione del defilé e consente al preside di dargli pubblicamente di idiota, con un “devi entrare dall’altra parte [, idiota]”, nel quale il cortese epiteto è perfettamente percepibile nei puntini di sospensione.
Anche questa volta, mi alzo prima della fine del consiglio.
Avevo esami.
Erano fissati da tempo e non credo corretto far aspettare i miei studenti.

Il libraio di Antigone

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/09/2007

Se Antigone, la dolce e disperata Antigone di Jean Anouilh, avesse avuto un libraio, questo libraio si sarebbe chiamato Glauco.
Anziano, in quella misura indecifrabile che i capelli bianchi e radi donano ad un adolescente.
Gli occhi azzurri.
Miopi, quasi invisibili dietro le pesanti lampade bifocali che usava per occhiali.
Appoggiato al banco di una libreria di quartiere.
Una camel senza filtro accesa, che si consuma nel portacenere a ghigliottina.
Gli scaffali pieni di libri invenduti.
Incapace di organizzare una resa.
Di pensare che una resa di libri non è un arrendersi nel proprio bisogno di far leggere, di far capire, di muovere idee.
Terribile nel suo bisogno di consigliare, di trasmettere le sue idee sulla cultura, il suo asciutto minimalismo.
Mite.
A lungo ho lavorato nella sua libreria.
A lungo mi ha pagato in libri.
Quei libri che la sua libreria non poteva vendere.
Cuore di tenebra, nell’inglese asciutto e bello che il mare dona ad un mozzo polacco.
Le belle immagini, nel francese pulito e fresco di una ragazza per bene.
La ricerca del tempo perduto, nella faticosa lingua degli abissi.
Le lettere di Piero ed Ada Gobetti, con il loro ritmo, dolce e profondo.
Tanti altri, oramai in alto nella mia libreria, spinti dalla marea delle novità, che non mi permetteva mai di comprare perché non avevo finito di leggere altri libri più importanti, e me li narrava, quieto, appena visibile nel fumo azzurro che lo consumava.
E’ morto.
Solo.
Nella sua libreria.
Cadendo nel pozzo dei libri che si apriva nel pavimento e che usava come magazzino.
I libri sono stati svenduti.
E’ restata una trattoria gestita da un calciatore.
Ed il mio ricordo, ogni volta che compro un giallo.

Vaccheseiforte

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
18/09/2007

Tra le icone di bar sport, o forse era stranalandia, una delle più belle è il vaccheseiforte.
Uccellino che sta sulle spalle di un gorilla e gli sussurra "vaccheseiforte, vachetihaguardatomale, vachelodevimenare" etc.
Naturalmente il gorilla segue i consigli dell’uccellino e mena tutti.
Ho sempre amato fare il vaccheseiforte nelle discussioni politiche.
Mi piace inventarmi idee che non mi appartengono per vedere fin dove arrivano quelli che ci credono.
Mino è un perfetto idiota.
Un perfetto idiota dell’estremo sud.
Me lo trovo a cena.
Amico di amici.
Inizia a parlare di politica.
E’ tremendamente fascista.
Di quelli che hanno una soluzione per tutto.
Esasperato dagli immigrati clandestini.
Arroganti.
Senza voglia di far nulla.
Ma che rubano il lavoro agli italiani.
Ho proposto di affondare i gommoni.
Con una serie di azioni di guerra.
E senza applicare la convenzione di Ginevra ai prigionieri.
Anzi.
Senza fare prigionieri.
Ha iniziato a sorridere.
Alla fine della cena, mi ha salutato come un vero camerata.
Chi gli spiega che se io fossi davvero un camerata del genere che dice lui, per me non ci sarebbe molta differenza fra lui e gli immigrati che non sopporta?

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