Banalità
Il radiogiornale di oggi ha raccontato una notizia piuttosto singolare.
Un marocchino di trenta anni è stato travolto da una ruota a Mirabilandia.
Il poveretto ha deciso di andare in gita a Mirabilandia con la fidanzata italiana.
Durante un giro della ruota ha perso il cappellino.
Si è disperato.
Ha deciso di cercare di riprendere il cappellino.
La fidanzata italiana ha cercato – inutilmente – di dissuaderlo.
Il marocchino ha oltrepassato la recinzione del terreno al di sotto della ruota.
Non si è accorto che la ruota stava per passare.
O, mi permetto di aggiungere, se ne è accorto ma ha pensato che la ruota sarebbe passata sopra di lui.
E’ stato colpito alla testa dalla gamba di una ventenne italiana.
La gamba si è rotta in più punti ed il marocchino anche.
Osservazioni possibili:
perché il marocchino era marocchino, la fidanzata era italiana e la gamba egualmente?
la notizia sarebbe cambiata molto se il marocchino fosse stato un avvocato olandese o un medico americano in viaggio di nozze?
Ma queste sono osservazioni di banale cinismo.
Esiste però anche un’altra possibile narrazione che può dar vita a riflessioni diverse.
Ieri (18 agosto 2007) una persona ha perso la vita cercando di recuperare il proprio cappellino.
Che cosa può spingere una persona a rischiare la propria vita per un cappellino?
Fino a che punto si deve essere poveri per provare autentica disperazione nella perdita di un berretto?
Forse sono queste le riflessioni che avrei voluto ascoltare.
Molto di più del papa che invita a riflettere sul rapporto fra fede e ragione.
Del segretario di Stato vaticano che si interroga sulla relatività dei valori.
I valori sono diventati talmente relativi che una persona è potuta morire per un berretto.