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Il campanello di Bimba Piccola

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/06/2020

Bimba Piccola suona il campanello con imperiosa cafonaggine.

Lo suona una volta e se nessuno le apre, perché in una casa grande tutti si aspettano che apra qualcun altro, suona di nuovo.

Con ancora più imperiosa cafonaggine.

Mi domando se non debba rimproverarla per questa sua abitudine che mi fa letteralmente saltare i nervi.

Mi dico di no.

Per Bimba Piccola, il tempo non è lo stesso che è per me.

Il suo tempo gira molto più velocemente del mio.

Il suo tempo davanti a una porta che non si apre è molto più lungo del mio davanti a una frase che non si compone da sola sulla tastiera.

Gli spettri di Itaca

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
23/06/2020

Le unghie si spezzano se le mani costruiscono qualcosa che non esiste, qualcosa che Penelope disfa mentre tu, il più inutile dei suoi corteggiatori, continui a cercare i suoi sogni e la sua pace.

Non puoi trovare la pace di una donna che ti guarda sognando un uomo in viaggio.

Non sei tu la sua pace, non sei tu i suoi sogni. Tu sei ciò che è casa quando la casa è vuota.

Lo sai, lo sai benissimo e sai anche che il tuo viaggio dovrebbe riprendere, non può essere fatto di parole che offendono l’intelligenza, di risposte che non hanno letto la sostanza del tuo cuore, che lo calpestano senza comprendere, senza che tu meriti di essere compreso.

Non ci sono lacrime negli occhi di Penelope quando Ulisse imbraccia il suo arco. C’è una sorda gioia che segue il percorso delle frecce che ti trafiggono. Tu la vedi quella sorda gioia. Ti trafigge prime delle frecce.

E resti in quella reggia perché il tuo cuore è diventato lo spettro di tutto quello che aveva sognato e indossa le sue catene sperando di non svegliare Penelope mentre dorme accanto al suo Ulisse, senza che tu sia mai stato veramente un suo pensiero.

Il fantasma di Anna Bolena

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
18/06/2020

Anna Bolena era una troia, non una troia da baraccone, ma una troia reale. Magari non era nemmeno troppo troia, magari non scopava con il fratello, il musico e il pirata, magari era solo una rompicoglioni ma il suo re decise che era una troia perché l’amava teneramente, profondamente, ingenuamente.

Anna Bolena aveva un amante, magari non ce l’aveva, ma il suo re decise che aveva un amante e che questo amante era un vichingo, che fosse il fratello, il musico o il pirata, chiunque di questi fosse, o fossero anche tutti e tre insieme, in ogni caso l’amante di Anna Bolena era un vichingo e la scopava come un vichingo prosciugandola e dissentandosi. Prosciugandosi e dissetandola.

Abbastanza per un processo: un re non si tradisce.

Abbastanza per una condanna a morte: un re non si tradisce con un vichingo.

Anna Bolena era una troia elegante e indossò il suo abito da sposa per il boia che l’avrebbe prosciugata senza dissetarsi, era un francese e non un vichingo. Provò la testa sul ceppo nella notte prima della esecuzione. Se si tradisce un re, si deve saper morire da regine, anche se il re non si è tradito, anche se il sesso con il vichingo, fratello, musico e pirata era un’invenzione di corte.

Anna Bolena era una troia piangente, capace di fuggire dagli Yeomen che la scortavano per spezzarsi le dita contro il granito della porta dietro alla quale Enrico pregava, perché i re pregano e gli dei hanno sempre belle parole per chi sa che cosa devono dire, ma non hanno orecchie per ascoltare chi gli chiede frasi che solo loro possono pronunciare.

Anna Bolena adesso è solo il fantasma di un’opera per abiti da sera e vernissage eleganti, ma a lungo è stata il fantasma dell’uomo che aveva tradito o che non aveva tradito, poco importa a una testa che rotola dal corpo. Quell’uomo che si era convinto che lei scopasse con un vichingo mentre lui l’amava teneramente. Che si era sentito umiliato dal fratello, musico e corsaro, dal loro dissetarsi dissetando, prosciugare prosciugandosi. Come si può sentire defraudato un amore tenero da un amore selvaggio, quasi un teorema per Sanremo. Ma non era così: le donna che si dissetano prosciugandosi, che non si fermano alla prima fonte che trovano lungo il sentiero, che cercano il sapore di tutte le bottiglie che un sommelier può aprire durante un’orgia, non vogliono tenerezza. La tenerezza chiede comprensione, la dolcezza vuole perdonare, l’amore chiede amore. Vogliono uno che si sappia prosciugare come loro, che sappia far male. Perché non ci sarà bisogno di comprensione, dolcezza o amore per bere a un’altra fonte e tornare a dissetarsi del fratello, musico, pirata. Non ci sarà bisogno di niente. Solo di una festa in maschera.

Questo Enrico non lo aveva capito. Per lui, era solo una troia. La troia di un re. Il fantasma di un re. Perché quando un re ama una troia e la troia muore, il fantasma di quell’amore resta. Non basta la dignità a scacciare i fantasmi. Non basta sapere che la sete di chi sa dissetare prosciugandosi è inesauribile. Che chi non nasce vichingo non lo diventa neppure se sposa Freya.

Ogni addio genera un fantasma e quel fantasma ripete, ogni notte, con la testa sotto il braccio, E’ inutile cercare quello che non esiste. E’ inutile, Anna, cercare un vichingo. E’ inutile, Enrico, cercare una sposa. Si trovano solo fantasmi e, in questa storia, i fantasmi si dissetano prosciugando.

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