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Risacca

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/07/2021

Scrosci di risate, pianti e orgasmi su di una risacca di incubi.

L’amore è una risacca. Ogni onda trova la sua forza nella sabbia. Ogni onda cerca di arrivare alle montagne e le manca. Inesorabilmente. Ogni onda segue l’onda che l’ha preceduta. Torna indietro e in avanti. Ha il cuore di Sisifo dentro ogni sua cellula.

L’amore è una risacca. Non si vuole arrendere. Vuole tornare dove le montagne erano più vicine. Meno distanti. Ma, di nuovo, è vinto. Sisifo è ancora sconfitto. Risale dove precipiterà e precipita laddove risale.

L’amore ha il sapore di sale della risacca, quando torna verso il profondo immoto della solitudine marina e quando ambisce al cielo delle montagne.

Lo stesso sapore di sale delle lacrime.

 

 

I pensieri di un’adolescente innamorata (il cavaliere azzurro e i belgi)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/07/2021


Bimba Adolescente si è innamorata ed è bello vedere i suoi occhi diversamente luminosi.

Ha l’età in cui i fidanzati sono cavalieri azzurri e le fidanzate principesse.

Il padre la guarda con la domanda di ogni padre: ma i cavalieri azzurri hanno i brufoli?

Bimba Adolescente è entusiasta di tutto, del sushi con il cuoco cinese, dei pomeriggi sulle panchine dei giardinetti, persino della cena per il compleanno della madre del cavaliere azzurro.

Ed il padre la guarda felice della sua gioia che gli ricorda un’estate fino a ieri più lontana dei dinosauri, ma anche preoccupato: gli amori adolescenti sono cime da cui è facile precipitare in abissi.

Finalmente Bimba Adolescente torna a casa un po’ meno felice del solito e anche un po’ prima del previsto buttando un viso deluso sul divano del televisore.

Ha visto Italia – Belgio insieme agli amici del cavaliere azzurro e nemmeno una principessa delle fiabe riconosce il suo cavaliere azzurro quando alla televisione c’è la nazionale e lui si comporta come se fosse in campo.

Il padre, che ha passato la serata con Netflix, tira un sospiro di sollievo. Il cavaliere azzurro si sta finalmente togliendo l’armatura per mettersi la canottiera d’ordinanza.

Il ritorno di Ulisse in Patria (alternative take)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/06/2021

Ulisse quando esce dalla caverna di Circe prende fiato
Respira profondamente il marinaio bugiardo perché il mare ha l’odore di un telaio lontano
Ulisse sa che Circe potrebbe chiamarlo indietro
Che basta una sola sua parola a fargli dimenticare per sempre il rumore della spola
Ma Circe tace
Tace su un talamo che non le appartiene e non le è mai appartenuto
Si lava selvaggiamente dello sporco che sente dentro di sè
Di quell’ano tante volte dilatato ma mai così violentato come da un ritorno a casa
Circe sa che Ulisse si allontana e lo lascia andare
Non vuole più essere violentata,
Non così,
Vuole tornare a essere chi desidera
Una regina capace di generare oblio
e una donna capace di annientare la memoria scompare con la resurrezione dei ricordi.

Il ritorno di Ulisse in patria

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
28/06/2021

Ulisse viaggia un mare che non esiste più, il mare di tutto ciò che ha vissuto da quando ha lasciato Itaca iniziando un viaggio verso l’inferno, l’inferno di una figlia d’altri chiesta come sacrificio per una dea falsa, l’inferno di una guerra nella sabbia tempestosa dei Dardanelli, l’inferno di un ritorno in Patria che non finiva mai, di una nostalgia affamata di emozioni.

Ulisse viaggia per tornare a casa perché una guerra non si dimentica facilmente, è compressione dell’anima, abitudine all’odio, al sapore di sangue su denti che vedono le vittime colpevoli d’ispirare la pietà della morte.

Ha vissuto il desiderio di tornare a casa come il solcometro di un sogno e la certezza che sarebbe svanito.

Ulisse che torna in Patria non è l’orgia delle frecce che uccidono come pioggia di fuochi e meteoriti. E’ il piacere di trovare un figlio, capire che questo figlio non sarebbe diventato re senza la tempesta di dardi scatenata dalla rabbia del padre. E’ anche il bisogno di tornare per mare perché un figlio di re diventa re quando il padre muore e la morte perfetta è quella di chi parte per oltrepassare le colonne di Ercole. Non per tornare da Circe o cercare il tempio di Ifigenia. Ma per dimenticare ogni nostalgia.

La nostalgia di Circe che ha ucciso Penelope e la nostalgia di Penelope che ha ucciso Circe.

 

I pensieri di Bimba Piccola (Fame di bellezza)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
25/06/2021

Bimba Piccola quando è diventata donna si è accorta di avere fame di bellezza.

Una fame assoluta e terribile

che ha iniziato a divorare i suoi arcobaleni

Lei lo ha chiamato disturbo:

Siamo in due a mangiare. Il mio disturbo ed io…

Fino a che non ha trovato il coraggio della consapevolezza e l’ha chiamata dispercezione.

Una parola molto vicina a disperazione,

perché anche dispercepire è percepire.

I pensieri politicamente scorretti di una ragazza impertinente (Buonanotte)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
22/06/2021


https://profstanco.com/files/2021/06/RagazzaImpertinente.jpg

Ragazza impertinente oramai è grande.

Passa ogni tanto su queste pagine.

Le piace ritrovarsi negli occhi di suo padre quando la osservava crescere.

Al padre, invece, piace rendersi conto che, adesso, è lei che quando torna a casa la sera, lo trova a letto e sente il bisogno di dargli la buona notte.

Gli piace e lo trova commovente.

Memoriale di via Giusti

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/04/2021

Via Giusti quando ho iniziato a studiare il diritto costituzionale prendendolo sul serio era un singolare ensemble di archetipi.

Paolo Barile aveva dato vita a una scuola che riuniva persone molto diverse.

Cheli non si vedeva quasi mai ma faceva sempre sentire il suo pensiero, con l’intelligenza della saggezza che sa di dover essere parca se vuole guidare uno stormo assai disordinato e inquieto.

De Siervo arrivava ogni mattina con un sorriso buono e la sua stanza era ordinata come se ci fosse sempre il Sole.

Caretti parcheggiava una cinquecento rossa arrampicandosi sulle altre macchine e la sua scrivania ribolliva di libri letti e da leggere.

Zaccaria faceva il presidente della Rai. Lo vedevo allo studio del prof. Barile quando era tempo di auguri. Glieli faceva sempre di persona. Con affetto. Con vero affetto romagnolo.

Grassi arrivava di corsa e si pagava sempre il telefono, anche se non lo usava mai. Aveva l’onestà del cattolico spaventato dalla facile disonestà di una fede abile a evadere sia dalla morte che dal sepolcro.

Merlini, che è morto ieri mattina, si vedeva poco. Lui era affascinante e dinoccolato. Le sue spiegazioni erano colte. Ragionamenti di storico oltre che di giurista. E appassionate. Pensieri di un uomo che leggeva la Costituzione come un documento politico prima che giuridico.

Ho imparato a conoscerlo in treno, accompagnandolo a Roma o trovandolo per caso sulla via di un qualche convegno.

Sempre mi ha trattato come un allievo del suo maestro, con spirito di fratello maggiore, e spesso mi ha donato una riflessione musicale, uno sguardo rapito nella bellezza, spesso demolendo le mie convinzioni, troppo ingenue e persino rozze.

Non abbiamo mai avuto molto in comune. Le sue idee politiche erano diversamente appassionate rispetto alle mie, avevano lo charme del cachemire sotto l’eskimo. Ma era questa la scuola del prof. Barile: persone diverse tenute insieme dal fascino del loro maestro.

E Merlini di Barile aveva carpito – più di ogni altro allievo – il fascino assoluto e amabile di un mondano ambasciatore fin de siecle.

Un foulard che sapeva di cioccolata

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/03/2021

Oggi non compi ottantasette anni.

Non ci sei arrivata e non ho avuto bisogno ieri sera di comprarti un regalo all’ultimo momento perché ti piacevano i regali e ti dispiaceva non riceverli.

Una delle tante cose in cui siamo uguali.

Ti avrei comprato un foulard.

Non perché ti piaceva, ma perché piaceva a me, quando ti toglievo il cappotto o la pelliccia sentire per un istante il tuo profumo su quel pezzo di seta.

Sono andati persi, come i tuoi gioielli. Rubati da badanti e da cattivi affetti.

Ti avrebbe fatto male e non avresti sorriso.

Bambina sfollata nelle campagne dove la nonna doveva andare a servizio da una contadina che la pagava con qualche fetta di pane perché il nonno era scomparso nei labirinti della seconda guerra mondiale.

Hai conosciuto il sapore della fame, hai sognato con quel dolore a riempire lo stomaco.

Lo hai portato dentro di te per sempre, anche quando la fame non c’era più da tanto tempo.

Perché la cioccolata degli sfollati ha un sapore tutto suo.

Un sapore che tatua l’anima.

E quei tatuaggi hanno accompagnato tutti i tuoi sorrisi.

I sorrisi di una bambina che non riusciva a guardare i fochi di San Giovanni senza ricordare i bengala dei bombardamenti che hanno distrutto la casa in cui eri nata.

Mi manchi e soprattutto mi addolora non essere mai stato capace di cancellare quei tatuaggi dalla tua anima.

Anche i figli, in fondo, sono doni e come tutti i regali possono essere una gioia o una delusione.

Ed io so di essere stato una delusione per te perché non ho mai sopportato di dover essere un regalo che cancellava dolori che non mi appartenevano, sanava ferite che non comprendevo.

So di essere stato questo: un regalo sbagliato e, purtroppo, l’ho sempre saputo.

L’anno che San Giuseppe non è più la festa del Papà

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
20/03/2021

Zeppole

San Giuseppe, fino a ieri, era svegliarsi con un biglietto, accanto alla colazione apparecchiata.

Una cosa del genere: Sei il papà migliore del mondo.

Ieri erano due adolescenti di fretta, che bevevano il loro caffè, prima di indossare le mascherine e correre a scuola.

Il vocabolario di greco sotto braccio.

Auguri, babbo.

Dicono con un piede sulla porta e un bacio distratto.

Per un attimo, mi intristisce.

Dura solo un attimo.

Perché è bello che siano cresciute.

E’ bello che io sia una parte e non la metà di tutto.

Il mestiere di padre è essere una frazione il cui divisore cresce in misura esponenziale.

L’unicità dell’amore

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
18/03/2021

Una buona madre si vede guardando la sua casa il giorno del suo compleanno
È un figlio che la sa trovare nel giardino di cui ogni fiore è sbocciato nel calore delle sue dita, è quei piedi bagnati di rugiada che cercano le sue labbra per adagiare un bacio bambino, il più bello dei baci
È il fuoco che si accende con l’intelligenza del legno e non l’astuzia della tecnica, che profuma la casa scacciando il freddo con il profumo dell’ulivo, della ginestra e dei rovi
È un animale che sa trovare la pace delle sue carezze e che non vuole disturbare il suo sonno per un capriccio domestico
È l’ordine e la pulizia di ogni stanza perché ogni stanza è il suo cuore che accoglie le persone che ama
Tutto questo risuona di un amore capace di far sentire tutto amato
E la buona madre nel giorno del suo compleanno raccoglie il frutto dell’amore che ha disseminato
Lasciandosi osservare, da lontano, da chi l’ha amata senza essere per lei casa, marito o amante.
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