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Chi li ha sciolti? (secondo)

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/10/2007

Chi è che stamattina ha sciolto:
–   la tipa in carne con minigonna nera aderente, gambe modello colonna dorica, e collant rosa shocking;
–   il tipo con gli occhiali spessi che fruga fra i pornazzi del giornalaio alle nove del mattino;
–   il conducente del treno che ha deciso di partire con cinque minuti di anticipo e mi ha lasciato a piedi;
–   l’orologiaio che mi ha restituito un orologio che perde cinque minuti al giorno;
–   mio fratello che si è infilato un abito di sartoria, una camicia con le cifre ed i gemelli, ma la tiene aperta su una maglietta che ha almeno cinque giorni (a giudicare dal collo laido);
–   la strafica che porta a spasso il barboncino, rimane incastrata con un tacco a spillo nel selciato sconnesso, e tira un moccolo;
–   il cameriere che allucchetta sempre la sua bicicletta, bloccando la mia?
Ecco, anche stamani, se chi ha sciolto questa pepiniera di imbecilli, li riportasse a casa, forse non sarebbe un grave problema per l’umanità

Mancie

9 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/10/2007

Poco più che ragazzo, fui spedito a Milano.
Dovevo portare qualcosa a qualcuno in prima mattinata.
E mi  fu fissato un albergo.
Un albergo di lusso.
Di quelli con l’omino vestito da generale che apre la porta.
Dopo essermi registrato, il facchino mi prese la valigia.
Provai un sincero imbarazzo e passai tutto il tempo fra il bancone della reception e la mia camera a chiedermi cosa dovevo fare.
Il facchino mi aprì la camera, mi spiegò le solite cose: gli interruttori, la televisione e tutto il resto.
Poi fece per andare via.
Io feci per prendere il portafoglio.
Lui mi guardò e disse: "No, la prego: è il mio mestiere".
Ed ancora oggi arrossisco e non sono capace di dare una mancia.
Nemmeno i venti centesimi del piattino di un bar napoletano.

Come zingari al chiosco degli sportivi

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/10/2007

Se sei uno zingaro ed entri al chiosco degli sportivi, passi davanti a tutti.
Il muro di clienti che folleggia davanti al bancone si apre.
Il barista ti prepara subito il caffé.
Il proprietario urla di servirti subito perché hai da fare cose urgenti.
E tu ti comporti in maniera antipatica.
Ostenti la sporcizia colorata della tua gonna.
Mostri i denti d’oro in una risata sguaiata.
Urli nella tua lingua gutturale.
Bevi rumorosamente.
E reciti la parte della signora con l’euro di mancia che lasci nel piattino.
Quell’euro che io, che vengo sempre salutato con un bel coretto di "buongiorno, professore", non ho mai lasciato.

La maestrina di tennis

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/10/2007

Ad una certa età, ci si deve accontentare di giocare con la maestra.
E’ più facile.
E più comodo: lei può quando tu puoi e ti tira le palle in modo da farti sentire un campione.
La mia maestrina di tennis si atteggia a perfetta dama.
Si veste da gran fica del tennis.
Gioca come se fosse ad una sfilata della linea erotica della Babolat.
E non ha mai capito che le sue coscie sono tre volte quelle di un ciclista.
La maestrina di tennis è in perenne crisi sentimentale.
Ed ha delle idee geniali per rimediarle: il mio ragazzo ed io non riusciamo più a parlarci, non c’è più intesa. Abbiamo pensato di andare a Gardaland.
Oppure: è il suo compleanno, non so cosa regargli per fargli capire che lo amo, pensi che vada bene un manuale dal titolo "Come smettere di farsi le seghe mentali"?
La caratteristica essenziale della maestrina è che quando viene lasciata – perché la maestrina viene sempre  lasciata – inizia a dimagrire e nell’arco di tre settimane perde almeno dieci chili, rischiando l’inedia.
In questi casi, giocare con la maestrina diventa imbarazzante.
Tipicamente la maestrina ha il vizio di svenire a metà di un set.
La prima volta mi sono preoccupato molto.
Ho chiamato di corsa il custode.
Che è arrivato, ha svuotato per terra il cestino dello sporco, lo ha riempito dell’acqua che usa per bagnare i campi e glielo ha rovesciato sul viso.
Uno schifo tremendo.
La maestrina si è vista scaricare addosso la risciacquatura di mesi di sporcizia, comprese le cicche che erano rimaste appese al fondo del cestino.
Ma si è alzata, con la sua solita aria da gran fica, ed ha ricominciato a giocare.

 

Morfologia del racconto erotico

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/10/2007

Vladimir Propp ha scritto la morfologia della fiaba (Leningrado, 1928: vi è un che di eroico in questo mite studioso del folclore che mentre la rivoluzione di ottobre prende i toni descritti da Pasternak si occupa di classificare le fiabe raccolte da Afanasev).
In questo libro, Propp individua 31 funzioni costanti, affermando che tutte le fiabe hanno la medesima struttura.
La morfologia della fiaba è stata sfruttata da Rodari nella sua grammatica della fantasia (Torino, 1974) dove si suggerisce che prendendo le 31 funzioni di Propp, mischiandole come se fossero carte da gioco, scambiandosele, affidando a ciascun giocatore il ruolo di autore del frammento narrativo rappresentato nella carta che gli è stata assegnata, è possibile inventare fiabe quasi dal nulla.
Naturalmente, l’eterogenesi dei fini operata da Rodari non tiene conto delle intenzioni di Propp che voleva analizzare il discorso fiabesco come forma immutabile di un percorso pedagogico, che termina immancabilmente con le nozze dell’eroe.
La meccanica di Propp mi ha sempre angosciato.
Le fiabe in questo modo diventano una sorta di catena di montaggio.
O meglio il processo di elaborazione di una fiaba, nel tempo, nell’accompagnare verso il sonno migliaia di milioni di bambini, rammentando la voce di un nonno o di una mamma o di un babbo, diventa il frutto di un processo standardizzato molto fordista, se così si può dire.
Vi è tuttavia un tipo di racconto che ha una struttura pressocché meccanica.
E’ il racconto erotico.
Non il racconto erotico di Anais Nin o di Marguerite Duras, ma quel racconto banalmente erotico che potrebbe essere pubblicato da Liala, o da Pizzo Nero, per essere maggiormente in tema: il racconto quotidianamente erotico che potrebbe leggere un commesso viaggiatore d’altri tempi in treno.
Ora se si mischiano le  funzioni di Propp con la morfologia del racconto erotico si potrebbe avere:
(i)    Allontanamento → il tipo esce di casa
(ii)    Divieto → dice alla moglie “mi raccomando non aprire a nessuno”
(iii)    Infrazione → la moglie apre al postino
(iv)    Investigazione → la moglie guarda la turgida patta del postino
(v)    Delazione → la vicina guarda dal buco della serratura e chiama il tipo
(vi)    Tranello → il tipo si era nascosto nel sottoscala
(vii)    Connivenza → il tipo guarda la moglie che si fa governare dal postino
(viii)    Danneggiamento (o mancanza) → il postino ha una defaillance
(ix)    Mediazione → la vicina cerca di svegliare la defaillance
(x)    Consenso dell’eroe → il tipo condivide la scelta della vicina e la titilla tutta
(xi)    Partenza dell’eroe → il tipo si è scocciato e va via
(xii)    L’eroe messo alla prova dal donatore → un vecchio laido incontra il tipo che si aggira in un notturno da Blade Runner e lo porta in un postribolo
(xiii)    Reazione dell’eroe → il tipo inizia a trafficare con le ospiti del postribolo
(xiv)    Fornitura del mezzo magico → il vecchio laido fornisce al tipo dei giocattoli sado maso
(xv)    Trasferimento dell’eroe → il tipo lascia il postribolo e sale in macchina
(xvi)    Lotta tra eroe e antagonista → torna a casa e trova la moglie con il postino e la vicina, il tipo ed il postino garaggiano in chi governa meglio il partner
(xvii)    L’eroe marchiato → il postino sbaglia mira e viene sul tipo
(xviii)    Vittoria sull’antagonista → il tipo è talmente efficace sulla vicina che la moglie se lo riprende
(xix)    Rimozione della sciagura o mancanza iniziale → il postino viene messo alla porta
(xx)    Ritorno dell’eroe → il tipo e la moglie restano soli, come all’inizio della storia
(xxi)    Sua persecuzione → il postino torna con i suoi amici e porta via il tipo
(xxii)    L’eroe si salva → il tipo riesce a liberarsi dalla orrenda cantina dove è stato rinchiuso e nella quale un sacco di signori si governano a vicenda
(xxiii)    L’eroe arriva in incognito a casa → il tipo torna a casa travestito da commesso viaggiatore
(xxiv)    Pretese del falso eroe → il postino cerca di metterlo alla porta
(xxv)    All’eroe è imposto un compito difficile → deve vendere delle spazzole al postino
(xxvi)    Esecuzione del compito → si fa aiutare dalla vicina per mostrare come possono essere usate le spazzole che ha nella borsa
(xxvii)    Riconoscimento dell’eroe → al tipo scappa il pisellotto fuori dalle mutande e la moglie lo riconosce dal tatuaggio con il suo nome che circonda il prepuzio
(xxviii)    Smascheramento del falso eroe o dell’antagonista → la moglie lava il pisello del postino e il tatuaggio con il suo nome si scolorisce: il bieco postino lo aveva fatto con una bic
(xxix)    Trasfigurazione dell’eroe → il tipo ha una erezione fantasmagorica da cui si vede che il punto dopo il nome era la scritta “Ti amo”
(xxx)    Punizione dell’antagonista → il postino viene spedito fuori di casa a calci nel culo e con il pisello penzoloni
(xxxi)    Nozze dell’eroe → il tipo si rigoverna la moglie con rinnovato vigore.
Ma naturalmente le varianti sono infinite, anche se la vera sostanza del racconto meccanicamente erotico è la descrizione pressocché immutabile del congiungersi dei corpi.
E questa sostanza meccanica rimane sempre più o meno il solito, banale, ripetersi di un membro che penetra, una lingua che titilla, un fiotto che si scarica.

 

L’uccello di Clemente

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/10/2007

New York, 8 ottobre 2007 – Columbus Day (che peraltro cade il 12 ottobre)
Il ministro della giustizia, e non anche della grazia, italiano sbotta in un simpatico: "I biglietti, li ho pagati io, per i cazzi miei: 8.800Euro per me e mia moglie Sandra".
Di conseguenza l’uccello del ministro vale più di ottomila Euro, quasi novemila.
Non è male.
A parte, il feticismo, quello che conta mi pare che siano due polemiche.
Da una parte, i costi della politica e dell’uso personale della politica. E’ una polemica che si affaccia dai tempi della unificazione, che ha ammalato politici, come Giolitti, dallo spessore un pò più denso del guardasigilli di Ceppaloni.
E’ una polemica su cui continua a valere la pena di interrogarsi perché coinvolge il prezzo del consenso e le dinamiche della democrazia.
Temo, però, che sia una polemica vecchia: il consenso si forma in maniera sempre meno clientelare.
O meglio attraverso clientele sempre meno ceppalonesche.
E’ sempre più vecchio, e forse anche sterile, il meccanismo del voto di scambio, il prezzo dello scambio ha un moltiplicatore molto più basso del costo della propaganda.
Le autoreggenti della Brambilla generano più consenso per Berlusconi di un posto alle poste e gli costano molto meno.
La seconda polemica riguarda l’autonomia della magistratura.
Qui, forse, Mastella non ha tutti torti.
Esiste uno scandalo in Lucania: avvocati e magistrati che pilotavano le cause, non solo penali, ma soprattutto civili, per il tramite di una consorteria trasversale al sistema politico e fortemente interconnessa con lo stesso.
E’ uno scandalo di cui non si comprendono bene i confini.
I giornali ne hanno sempre parlato nelle pagine interne.
Non è facile nemmeno rammentare il suo esatto contenuto.
La comunicazione di questo scandalo oggi è che il magistrato coraggioso che ha cercato di portare in dibattimento il malaffare rischia di essere trasferito.
Ma:
(i)   questo magistrato aveva chiesto di essere trasferito a Napoli per motivi personali, sicché aveva già deciso di mollare l’osso;
(ii)  questo stesso magistrato ha consumato somme particolarmente ingenti, oltre un milione e mezzo di Euro, in indagini che potevano essere delegate alla polizia giudiziaria, come indagini assai più complesse e delicate sono state affidate alla polizia giudiziaria da Falcone o Borsellino;
(iii)  vi è nella autonomia costituzionale della magistratura, un duplice filtro: da una parte, gli ispettori ministeriali cui sono affidate le indagini che sole possono giustificare l’attivazione del potere disciplinare del CSM su impulso del guardasigilli sono magistrati; dall’altra parte, il CSM è composto per due terzi da magistrati, sicché il potere politico può materialmente molto poco nei confronti di un magistrato se la classe dei magistrati non condivide le sue censure.
In questo, Mastella mi pare che abbia assolutamente ragione: se i suoi ispettori gli denunciano delle irregolarità, lui ha il dovere di attivare il consiglio supremo della magistratura ed il consiglio ha il dovere di verificare la sostanza di queste irregolarità.
Aggiungo che, a mio parere, non è una irregolarità da poco l’esternalizzazione delle indagini. Lo Stato ha il dovere di far fronte alla lotta contro il malaffare utilizzando il proprio apparato perché la pubblica amministrazione è vincolata al principio di legalità ed al dovere di imparzialità. Fare a meno di questo appparato significa anche fare a meno di questi valori costituzionali. In questi casi, ci si deve chiedere perché il magistrato titolare delle indagini ha utilizzato dei consulenti di propria esclusiva fiducia e rispondersi che gli apparati dello Stato erano al servizio del malaffare può essere comodo.
Infine, dire che il CSM ha già censurato Mastella perché non ha concesso le misure cautelari che il guardasigilli chiedeva (così Giuseppe D’Avanzo su Repubblica di oggi) è falsificare la realtà: le misure cautelari sono concesse sulla base di una cognizione sommaria, che lascia del tutto impregiudicato il merito della questione.
Insomma, Mastella è un relitto storico.
Naif.
Non simpatico.
Odioso quando afferma di non poter essere sottoposto al giudizio della opinione pubblica perché sorretto dal voto massiccio dei suoi elettori.
Ma anche la magistratura non è sempre simpatica.

Chi li ha sciolti? (primo)

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
09/10/2007

Chi è che anche stamani ha sciolto:
–   i vigili urbani a cavallo, che non hanno mai capito di non essere a Central Park,
–   le vigilesse con le calze a rete, che sacrificano le loro vene varicose sull’altare di una seduzione grottesca,
–   quelli con il banchetto delle firme contro la droga: "yur sigg againss droccs" che continuano a devastarmi la quiete del basso ventre senza capire che non sono inglese,
–   il barista che si sente in dovere di narrare la composizione del menu serale e la sua contemplazione notturna del dio gaviscon, come se me ne fregasse qualcosa,
–   il banchiere, un banchiere vero con dodici cognomi, che prima ti saluta deferente e poi si gira verso il mendicante che gli chiede l’elemosina con un "basta, hai rotto i coglioni", che non sfigurerebbe in una commedia in vernacolo,
–   il furbetto con il cartello da invalido che posteggia in pieno divieto di sosta ed in palese zona blu per scaricare una sacca da  golf di Luis Vuitton,
–   l’anziano invalido con il cappellino da baseball d’ordinanza che guida semidisteso, gli occhi a fanale appena al di sopra del volante, e cerca di centrarti, costringendoti a fare la figura del toro, davanti ad un corteo di turisti giapponesi che non si esumano da scattare fotografie?

Il trans di piazza Savonarola

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
08/10/2007

Se piazza Savonarola, è una piazza a strati, nel senso che vi si trova di tutto, ma veramente di tutto, nel suo strato più profondo c’è Mery, il trans.
Lo si può trovare a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Non esercita la sua professionalità in piazza.
Si limita a portarci i cani.
Due orrendi Chihuhua, lunghi non più di trenta centimetri.
Legati alla loro padrona con un guinzaglio a molla da dieci metri.
Mery fuma le multifilter.
Lunghissime, una dietro l’altra, tutte consumate fino a bruciare le dita.
Viene da Trani.
Ed è un personaggio dalle frasi storiche.
Sul genere: "non è importante come si nasce. Guarda me: sono un carciofo che è diventato un fiore".
Oppure: " i cani sono cani. Non si possono confondere i cani con i bambini".
O, ancora, "non sopporto gli anziani con i badanti. La solitudine è uno stato dell’anima che si deve affrontare con dignità".
La si vede sempre a parlare con le mamme dei bambini.
Fa gente e le piace farsi ascoltare.
Consiglia generosamente in caso di crisi coniugali, raccontando del suo uomo, che russa, le ruba le coperte.
La costringe a dormire seduta su un angolo del talamo.
Ma è un vero uomo.
Un torello, secondo quanto dicono i vicini che godono la colonna sonora dei loro amplessi a finestre aperte durante il periodo estivo.
Mery porta lunghi capelli ossigenati, un’ombra di baffi, i seni a balcone – a terrazza, si potrebbe dire -, i jeans attillati sul bacino per far vedere il successo della operazione di riattribuzione chirurgica del sesso.
Ed è triste.
Tristissima, nella sua continua ricerca di una credibilità borghese.

Se Dio fosse

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
07/10/2007

Se Dio fosse semplicemente un ingegnere che costruisce mondi.
Con una grande barba bianca.
DioEd un monile a forma di triangolo con un occhio nel mezzo,
Ecco, allora, mi piacerebbe immaginare questo ingegnere, che accende il computer.
Un mac, naturalmente.
Si connette.
Una lan che corre alla velocità del pensiero.
E lancia messanger o un qualsiasi altro programma di chat.
Distratto.
Senza voglia di fare nulla.
Curioso di capire che cosa ha creato.
Che cosa si dicono quelli che ha creato quando parlano fra sconosciuti.
Mi immagino questo stravagante Dio ingegnere, i capelli spettinati come Yul Brynner, che impara a scrivere mmmmmmmmm.
Che riceve proposte di sesso virtuale: ehi, dio, ho una bottiglia di acqua gelata in frigo, che dici, la devo prendere?
Che scova il blog della signorina che ama le sculacciate, o del tizio che si pensa Milo Manara, o della donna che racconta l’impossibile amore normale di una persona su quattro ruote.
Me lo immagino mentre raccoglie tutta questa tristezza.
Scrive i suoi commenti, indeciso, perplesso ma curioso.
Finché, stanco, con gli occhi gonfi di chi ha navigato per l’intera notte del settimo giorno, non va a riposarsi.
Indeciso se creare il prossimo mondo.

Lapo ed Hitler

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
06/10/2007

Mentre Augias discetta dell’omosessualità latente o della palese bisessualità di Hitler, Gene Gnocchi domanda se Lapo è un citrullo.
Giovedì, un intorno di mezzanotte, salotto borghese, zappando fra rai tre e rai due.
Lapo ed Hitler.
Un dico della prouderie televisiva.
Di quel vedo e non vedo, che ha trasformato Lapo in una vittima della cocaina.
E non più in un disgraziato (ma il disgraziato vero non ha i soldi né per la cocaina, né per i travestiti) che si è trovato nell’imbarazzo delle prime pagine, a causa della perfidia di Moggi (e va bene che il nostro è un paese che vive di complotti e dietrologie, ma qui si è esagerato sul serio).
l05novHo sempre trovato difficile non provare pena, rabbia, schifo e malinconia per Lapo.
Soprattutto da quando hanno iniziato a pagarlo per stare lontano dagli affari di famiglia, per portare le sue basette in un altrove fatto di occhiali disegnati da entomologi.
Lapo è rinato grazie al marketing.
Il povero Adolfo è stato travolto dalla propaganda dei vincitori.
Ma se il fratello di Adolfo si fosse chiamato Alan, se il suo nonno fosse stato Gianni, noi consideremmo i suoi baffetti, eco di una cespugliosa faccia a culo, l’incarnazione del male?
O saremmo stati convinti che anche lui era una vittima coraggiosa, che aveva trovato il coraggio di uccidersi vinto dal rimorso?
Un amante degli animali, con una singolare idiosincrasia per gli ebrei causata dalle botte durante l’infanzia?
No.
Non mi pare corretto.
Le cose hanno bisogno di essere chiamate con il loro nome.
Lapo è un giovanotto che si fa (o si faceva) di cocaina e ha (o aveva) dei gusti sessuali complicati da esibire in società.
Esattamente come Adolf Hitler è stato un pazzo di talento che è riuscito a demolire lo spirito di una nazione.
Un cazzaro inimmiginabile.
E assolutamente detestabile.

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