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Un meraviglioso ribelle – Di nuovo

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
03/09/2007

Non c’è più.
Anche lui è scomparso.
Il suo semaforo è vuoto.
Immobile.
Sospeso fra le auto che lo circumnavigano.
Senza più nessuno che lo usa come sosta.
Non più  idea di moderno tabernacolo, ma realtà di semplice palo.

Un meraviglioso ribelle

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/08/2007

Piazza della Libertà è un luogo come tanti.
Uno dei monumenti all’urbanistica ottocentesca che hanno preso il posto delle antiche mura di Firenze.
Oggi è una grande rotonda che accoglie il traffico quando si circumnaviga il centro storico.
Da almeno tre anni, si è arenato sul semaforo che si affaccia verso Fiesole un vagabondo di nazionalità incerta.
Vive lì.
Trascinandosi fra le macchine con un fazzoletto sudicio e lavando i fari.
Lo si incontra al supermercato, ad ore improbabili.
Il primo mattino, insieme ai pensionati che cercano un modo per passare la giornata.
Passa ore a fissare lo scaffale dei liquori.
Sempre incerto.
Un bambino in un negozio di giocattoli.
Sporco.
Inoffensivo.
Perso in un pensiero che mi piace immaginare pura poesia.
Ieri era l’ultimo lavavetri della città.
Ancora al suo posto.
Ignaro.
Stupito degli sguardi stupiti.
Un meraviglioso ribelle.

Una ordinanza singolare

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/08/2007

Mi sono permesso di trascrivere l’ordinanza del sindaco del Comune di Firenze perché mi sembrano necessarie alcune osservazioni.
Più per spirito civico che per mestiere di costituzionalista.
Prima di tutto, l’ordinanza del 25 agosto 2007 si fonda su due presupposti:
(i)     i lavavetri esercitano abusivamente un mestiere che dovrebbe essere autorizzato;
(ii)    i lavavetri sono diventati una emergenza tale da dovere essere affrontata con gli strumenti che l’ordinamento giuridico offre per rimediare a situazioni eccezionali nelle quali l’urgenza di provvedere non consente di rispettare il principio di legalità della azione amministrativa.
Il primo di questi presupposti è sicuramente sbagliato.
L’art. 121 del Testo unico di pubblica sicurezza (che prevedeva: "Salve le disposizioni di questo testo unico circa la vendita ambulante delle armi, degli strumenti atti ad offendere e delle bevande alcooliche, non può essere esercitato il mestiere ambulante di venditore o distributore di merci, generi alimentari o bevande, di scritti o disegni, di cenciaiolo, saltimbanco, cantante, suonatore, servitore di piazza, facchino, cocchiere, conduttore di autoveicoli di piazza, barcaiuolo, lustrascarpe e mestieri analoghi, senza previa iscrizione in un registro apposito presso l’autorità locale di pubblica sicurezza. Questa rilascia certificato della avvenuta iscrizione") è stato abrogato dall’art. 6, D.P.R. 28 maggio 2001, n. 311.
Di conseguenza, è venuto meno il presupposto che giustificava l’art. 119 del regolamento di polizia municipale richiamato dalla ordinanza (in questi termini: la sentenza della Cassazione penale numero 37112 del 2.10.2002).
Il secondo di questi presupposti mi pare molto discutibile.
Predicare dell’esistenza di una emergenza perché ci sono delle persone che propongono (rompendo le scatole, sicuramente, ma non meno di chi chiede l’elomosina all’uscita delle poste) di lavare i vetri è molto tranchant.
Soprattutto mi sembra difficile sostenere – senza nessuna particolare motivazione – che questa situazione sia diventata insostenibile il 25 agosto 2007: cosa ha di diverso il 25 agosto 2007 dal 25 agosto 2006 o dal 25 dicembre 1997?
C’è stata una invasione di lavavetri?
Sono venuti con una improbabile piena estiva dell’Arno?
Di più.
Se davvero esistesse una norma del regolamento di polizia municipale che impedisce ai lavavetri non autorizzati di svolgere il loro mestiere, procedere con una ordinanza sarebbe assurdo: i vigili hanno il dovere di far rispettare i regolamenti comunali e questo dovere non può dipendere da un atto contingibile ed urgente.
Ancora.
Se è come scrive il Comune, un comune che fosse una amministrazione responsabile ed al servizio dei cittadini (ovvero anche dei lavavetri e dei loro utenti) nel vietare l’esercizio di un mestiere a chi non è autorizzato, dovrebbe informare come si può ottenere l’autorizzazione.
In questo modo, il lavavetri diligente potrebbe regolarizzare il suo mestiere.
Da ultimo.
Si è chiaccherato tanto delle lenzuolate di Bersani, possibile che per i lavavetri resista una norma il cui retaggio è la necessità di tenere sotto controllo mestieri pericolosi per l’ordine costituito perché girovaghi?

Lavavetri

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/08/2007

COMUNE DI FIRENZE, ORDINANZA DEL SINDACO

Numero: 2007/00774

Del: 25/08/2007

Esecutiva da: 25/08/2007

Proponente: Direzione Corpo Polizia municipale

OGGETTO: Divieto di esercizio del mestiere girovago di "lavavetri"

IL SINDACO

CONSIDERATA la crescente situazione di degrado venutasi a creare nelle strade cittadine anche a causa della presenza sulla carreggiata di persone che esercitano il mestiere girovago di cosiddetto "lavavetri";

RITENUTO che i soggetti di cui sopra, nell’esercizio di tali attività, stanno causando gravi pericoli intralciando la circolazione veicolare e pedonale, bloccando le auto in carreggiata e costringendo i pedoni a scendere dal marciapiede a causa di occupazioni abusive di suolo pubblico composte da secchi, attrezzi, ombrelloni, generando disagi e ponendo a repentaglio l’incolumità personale propria e altrui;

DATO ATTO che nell’esercizio delle attività suddette ed in particolare in quella di "lavavetri" si sono verificati molteplici episodi di molestie soprattutto agli incroci semaforizzati e che ciò configura pericolo di conflitto sociale per i numerosi alterchi verificatisi, in particolare nei confronti delle donne sole;

DATO ATTO inoltre che in conseguenza all’esercizio delle attività suddette trova nocumento anche l’igiene delle strade a causa della presenza di secchi o altri contenitori e attrezzi usati per la lavatura dei parabrezza dei veicoli, nonché a causa dello sversamento dai medesimi di acqua sporca;

VISTO l’articolo 119 del Regolamento di Polizia Municipale Del.Pod.28/09/1932 e successive modifiche e integrazioni che assoggetta ad autorizzazione dell’Amministrazione comunale tutti i mestieri girovaghi;

CONSIDERATO che il mestiere di lavavetri, non essendo mai state rilasciate autorizzazioni, è quindi al momento svolto abusivamente ed esercitato con modalità tali da creare una situazione grave di pericolo per la cittadinanza e per la sicurezza, nonchè per l’ordinato svolgimento della circolazione stradale e l’igiene pubblica come sopra specificato;

RITENUTO che ricorrano pertanto le condizioni per l’assunzione di un provvedimento contingibile ed urgente che vieti il mestiere di lavavetri;

Visto l’art. 54c.2 del D.Lgs.18/08/2000 n.267 e successive modifiche – Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Visto l’art. 81 dello Statuto del Comune di Firenze;

ORDINA

1 – Fino al 30 ottobre 2007:

a) è vietato su tutto il territorio comunale l’esercizio del mestiere girovago di "lavavetri" sia sulla carreggiata che fuori di essa;

2 – L’inosservanza delle disposizioni di cui al punto 1 è punita ai sensi dell’art. 650 c.p. e con il sequestro delle attrezzature utilizzate per lo svolgimento dell’attività e della merce.

Agli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e a chi altro spetti è affidato il compito di far osservare la presente ordinanza.

Firenze, lì 25/08/2007.

Sottoscritta digitalmente da

Assessore
Graziano Cioni

Il sonno del senatore. Nuovi profili del diritto di resistenza

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/08/2007

Pare che nel porto di Lipari vi sia stato un importante attentato.
Lo yacht dell’industriale Della Valle è stato sganciato dagli ormeggi.
Abbandonato, libero di insabbiarsi o di arenarsi o – più probabilmente – di urtare altre imbarcazioni.
A bordo, il senatore Mastella.
Un’unica dichiarazione: "non mi sono accorto di nulla. Dormivo".
Sembra possibile osservare che:
(i)   quando accade qualcosa di potenzialmente irreparabile, il senatore Mastella dorme;
(ii)  quando il senatore Mastella non può dire di non essere stato presente, ammette la presenza, ma la ammanta di un sonno provvidenziale, che ricorda i miti greci o l’Ariosto;
(iii) il sonno dell’onorevole Mastella è pesante;
(iv) sullo yacht di Della Valle l’onorevole Mastella si sente a casa e dorme della grossa, come non può fare in Parlamento, dove è impegnato a difendersi dai multiformi attentati che le opposizioni (l’attuale e la potenziale) muovono alla sua forza di governo (attuale e potenziale);
(v) l’onorevole Mastella non è interessato né alle primarie del partito democratico (brillantemente occupate dal dibattito Venditti – De Gregori, rispettivamente spalleggiati da Milva e Vecchioni), né alla maliziosa occupazione mediatica della autereggente Brambilla, né al pellegrinaggio verso Santiago di Cuffaro, che ieri invocava la sua presenza con toni nostalgici.
Al di là di queste osservazioni, l’attentato appare nobilmente simbolico.
L’attentatore non ha cercato di fuggire e – nella consapevole adesione alle tradizioni risorgimentali – si è lasciato arrestare dai carabinieri.
L’attentatore ha spiegato il suo gesto con il fastidio per i privilegi dei notabili nella assegnazioni dei posti barca a Lipari.
Fastidio assolutamente condisibile, anche dal punto di vista dei valori costituzionali.
L’attentatore ha dimostrato una garbata fantasia nello scegliere il gesto cui affidare la protesta.
In altri tempi, avrebbe anche potuto dare fuoco allo yacht, invece di limitarsi a costringere i marinai di guardia ad accendere i motori per ormeggiare di nuovo l’imbarcazione.
Sembra, insomma, possibile sostenere che il diritto di resistenza stia trovando nuovi orizzonti, i quali in una logica strettamente bipartisan, potrebbero completarsi con la ribellione di una pattuglia di pompieri che spenge il vulcano di Berlusconi, il furto dei parabordi all’Icarus di D’Alema, etc.
Dal punto di vista etico (ma anche costituzionale), pare però che l’unica vera osservazione riguardi la legittimità dell’uso di uno yacht privato da parte di un personaggio politico: lo yacht ha un costo, i costi dei capitani di industria hanno un ammortamento, quale è l’ammortamento del sonno dell’onorevole Mastella?
Anche questo a ben vedere è un problema che riguarda i costi della politica, esattamente come lo stipendio dei barbieri di Montecitorio o le indennità dei parlamentari.
Solo che questi dati sono conoscibili, mentre dell’ammortamento del sonno del senatore nessuno avrebbe mai saputo nulla se un nobile attentatore non avesse protestato.

Il primo giorno del Dragone Alberto

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/08/2007

È accaduto molti anni fa.
Il Dragone Alberto è arrivato improvvisamente.
Una bimba piangeva.
Il pianto dei bimbi appena nati.
Un misto di fastidio e bisogni che si impara a comprendere lentamente.
E nel frattempo piange.
Con l’urgenza di un suono programmato per essere insopportabile.
Era aprile.
Un aprile piovoso e mite.
Dolce.
Come sa essere questo mese.
Quando la primavera non vuole ancora essere estate.
E si appoggia lieve ad un sole che si fa lentamente forza.
La bimba piangeva.
Ma era pulita.
Aveva appena mangiato.
Era ancora presto per le coliche e terribilmente presto per i primi denti.
In questo pianto arrivò il Dragone Alberto.
Con una voce quieta.
Tranquilla.
Un po’ roca.
Una voce che ha visto molto.
Ed iniziò a raccontare le sue avventure.
Prima però si presentò, spiegando di essere un dragone molto giovane.
Di non conoscere altri dragoni.
(In realtà, conosceva solo Nonno Vulcano, dragone assai irascibile)
E di viaggiare molto.
Narrò del suo paese.
Era nato in una grotta, come quasi tutti i dragoni.
Mamma Dragona si era allontanata dalla terra dei suoi antenati, che è in Persia, quando iniziò a capire che il petrolio sarebbe diventato importante per gli uomini.
Il Dragone Alberto spiegò che i dragoni mangiano il petrolio.
Molto petrolio.
Da sempre.
(Qualche volta anche il carbone o il gas, se proprio non c’è altro, per dire il vero)
Ma adesso anche gli uomini mangiano il petrolio.
Più dei dragoni.
Soprattutto, gli uomini che cercano il petrolio scacciano i dragoni, che sono timidi ed odiano essere visti.
Per questa ragione, Mamma Dragone decise di cambiare dieta e di scappare dalla Persia.
Emigrò, si potrebbe dire se questa non fosse una fiaba.
Ed iniziò a cercare un posto adatto per vivere.
Trovò – dopo molto tempo e molte avventure, ma questa è un’altra storia – lo Stagno Minestrone.
Lo Stagno Minestrone è un lago di zuppa bollente.
Un vero minestrone di verdure.
Molto salato, a dire il vero.
Anche un po’ sciocco, se proprio devo essere sincero.
(In realtà, ma questo il Dragone Alberto non lo aveva capito, lo Stagno Minestrone è vicino al mare, sicché è salato quando la marea sale, sciocco quando scende)
Sulle rive dello Stagno Minestrone, il Dragone Alberto è nato.
Il primo dragone che mangia solo zuppa di verdure.
E non sbuffa fuoco.
Quando proprio si arrabbia sputa carote, sedani, cavoli, bietola e quant’altro.
Ecco, così il Dragone Alberto si presentò alla bimba.
Che cominciò ad ascoltarlo.
Gli occhi – azzurri, quasi grigi – che lo seguivano.
Nella danza delle parole sulle ombre.
Suoni, che diventavano sogni.
In quel sonno_con_le_manine_alzate dei bimbi appena nati quando vengono posati nella culla.

Il Dragone Alberto

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/08/2007

Non saprei definire l’odore di questa giornata.
È calda e un po’ sporca.
Ha l’impronta delle cose smesse.
Di un pigiama lasciato su di un letto dopo una notte di insonnia.
Potrebbe essere una giornata perfetta.
Forse.
Potrebbe.
Ma è solamente un mood.
Il mood della mia tristezza.
Mentre cerco una ragione per continuare a raccontare fiabe.
Per ricordare dove ho lasciato il Dragone Alberto.
Che ha sempre accompagnato il sonno delle mie bambine.
Insieme allo Gnomo Riccardo.
Ed alla loro casa vicino allo Stagno Minestrone.
La realtà è che provo sempre più dolore.
Oramai sono più quarantasette giorni dall’ultima volta che ho dormito per più di due ore consecutive.
E non ricordo nemmeno l’ultima volta che sono riuscito ad alzarmi dal letto senza avere bisogno di lasciarmi scivolare a terra.
La realtà è che inizio a non resistere più.
Mi arrendo lentamente.
E le fiabe del Dragone Alberto fuggono dalla mia bocca.
Restano sospese.
Mentre cerco una solitudine densa.
Fumosa.
Grumi dentro ai quali non essere visto.

Banalità

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19/08/2007

Il radiogiornale di  oggi ha raccontato una notizia piuttosto singolare.
Un marocchino di trenta anni è stato travolto da una ruota a Mirabilandia.
Il poveretto ha deciso di andare in gita a Mirabilandia con la fidanzata italiana.
Durante un giro della ruota ha perso il cappellino.
Si è disperato.
Ha deciso di cercare di riprendere il cappellino.
La fidanzata italiana ha cercato – inutilmente – di dissuaderlo.
Il marocchino ha oltrepassato la recinzione del terreno al di sotto della ruota.
Non si è accorto che la ruota stava per passare.
O, mi permetto di aggiungere, se ne è accorto ma ha pensato che la ruota sarebbe passata sopra  di lui.
E’ stato colpito alla testa dalla gamba di una ventenne italiana.
La gamba si è rotta in più punti ed il marocchino anche.
Osservazioni possibili:
perché il marocchino era marocchino, la  fidanzata era italiana e la gamba egualmente?
la notizia sarebbe cambiata molto se il marocchino fosse stato un avvocato olandese o un medico americano in viaggio di nozze?
Ma queste sono osservazioni di banale cinismo.
Esiste però anche un’altra possibile narrazione che può dar vita a riflessioni diverse.
Ieri (18 agosto 2007) una persona ha perso la vita cercando di recuperare il proprio cappellino.
Che cosa può spingere una persona a rischiare la propria vita per un cappellino?
Fino a che punto si deve essere poveri per provare autentica disperazione nella perdita di un berretto?
Forse sono queste le riflessioni che avrei voluto ascoltare.
Molto di più del papa che invita a riflettere sul rapporto fra fede e ragione.
Del segretario di Stato vaticano che si interroga sulla relatività dei valori.
I valori sono diventati talmente relativi che una persona è potuta morire per un berretto.

Il chiosco degli sportivi

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
01/08/2007

E’ rimasto uno degli ultimi bar per indigeni del centro di Firenze.
Sopravvive ai margini di piazza della repubblica.
Di fronte all’ingresso posteriore della procura della repubblica.
Ed ha la consistenza di un acquario.
La cassiera del mattino ha i riccioli pettinati alla maniera di un film muto.
Il cassiere del pomeriggio è inutilmente cordiale.
Tutti portano una cravatta viola, un gilet nero ed una camicia bianca.
Tristi quelle cravatte annodate a festa.
Tristi quelle camicie stirate come se fossero magliette.
Per tutto il giorno, un televisore da pochi pollici è acceso su programmi casuali.
Mi piace questo posto.
La sua aria dimenticata.
La finestra che offre su un mondo che passa distratto.

Amici

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31/07/2007

I miei amici sono persone normali.
Alcuni si sono persi.
Altri si sono sposati.
Molti hanno figli e vite di cui cercano di non vergognarsi.
I miei amici hanno vacanze normali.
Alcuni vanno al mare.
Altri cercano i libri per l’estate.
Molti hanno trovato un modo per non sentirsi in colpa.
I miei amici sono ammalati di asincronia.
E’ davvero difficile ritrovarli tutti insieme.
Per bere un bicchiere di qualcosa e ricordarsi quando a San Niccolò Franco ci chiedeva sempre 5.000lire.
Ci siamo persi.
Da tanto tempo.
E quando ci incontriamo un angolo dei nostri occhi cerca sempre qualche immagine che non esiste più.

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