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L’ombra della cortigiana

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
02/12/2019

La cortigiana conosce le ombre e sa essere bella nell’ombra.

Lo sa perché sa come si vive nell’ombra.

L’ombra è un vino che separa la luce dal sogno e lei sa essere sogno quando non c’è luce ad illuminare la realtà.

Lo sa e lo odia.

Odia se stessa.

Odia l’ombra perché odia i sogni che scompaiono alla luce.

Odia la luce perché odia i sogni che non sono fatti di ombra, perché invade l’ombra distruggendo i sogni.

Pensa anche a questo la cortigiana mentre riprende il suo cammino. Non basta l’esperienza a dimenticare tutte le ombre in cui si è vissuti e a desiderarne una nuova capace di dimenticare ancora.

L’ombra è un vino che divora l’anima, che abitua a dimenticare, a vomitare tutto ciò che si è inghiottito solo per tornare a inghiottire, è il vino del barbone: una coperta di sogni che separa la mente dalla coperta di vomito e piscio in cui muore assiderato dall’indifferenza della luce.

Ogni volta che la cortigiana riprende il cammino, che ritrova la perfezione dei propri riccioli, l’arroganza intangibile dei suoi seni, la sottile timidezza delle sue caviglie e pensa alle ombre cui di nuovo si offrirà, sentendosi libera di ogni catena e sogno, vede l’illusione di un mondo senza ombre, l’unico nel quale potrebbe davvero vivere e uno dei tanti da cui è stata di nuovo vomitata.

In quei momenti, i suoi occhi vedono la Provenza di Cezanne ma, come Cezanne, Gauguin, o Utrillo, sa che il suo mondo non è quello. E’ la notte di Montparnasse impastata da un tubetto di colore spremuto da Soutine con gli inganni delle nebbie di Montmartre.

E scompare negli abissi di tutte le ombre che altri ha vomitato nella generosa avidità del suo animo.

Il sarcasmo della felicità

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/10/2019

La più falsa immagine dell’amore è un bambino al seno,

quel bambino è egoismo soddisfatto: tutto dipende da quello che non si ha il coraggio di pensare possa diventare abbandono.

Non è nemmeno un ricordo, non si ricorda il sapore del latte materno.

E’ una paura, la paura di poter dipendere ancora completamente da una persona, dal suo cuore,

una consapevolezza, la consapevolezza che una madre non pensa sempre al figlio. Che spesso si sente morire nel suo sguardo. Che può pensare che lui le stia rubando la vita. Ma non glielo dice. Finge di amarlo. Il suo amore è menzogna per non fare male con una verità troppo grande per il suo bambino, e quel bambino è più solo della solitudine perché la mano che stringe non pensa a lui, prova compassione solo per se stessa con pura crudeltà di madre,

eppure si cresce nel rimpianto dell’egoismo soddisfatto, è una malaria dell’anima, quell’abbandono che genera la pietà della menzogna.

Niente è più lontano dall’amore dell’istinto che si abbarbica alla speranza di una fiducia capace di sconfiggere la paura del buio, di quella notte che incombe in ogni goccia di pioggia, di quella voglia di travestire la paura che è mestiere di vivere.

Ma uno dei tanti sarcasmi della felicità è che le menzogne sono un cibo che svezza dal bisogno di speranza.

La città in cui viviamo (3156)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/10/2019

Il treno soppresso

La città in cui viviamo è anche una ragazza di ventuno anni che si suicida sotto un treno.

Il traffico che si blocca a causa degli accertamenti della polizia giudiziaria. E neppure un trafiletto sul giornale del giorno dopo, che era il 15 ottobre 2019.

Nemmeno una riga che ricordi quell’istante di dolore estremo che solo alla fine dell’adolescenza si può provare.

Perché era il giorno della cittadinanza onoraria a Richard Gere. Del sindaco che gli regala una maglia della fiorentina. Di un libro grande e bianco firmato con la calligrafia nitida di un giorno felice.

E il ricordo di quell’angoscia è solo nelle parole del capotreno ai pendolari del 3156 soppresso.

Richard Gere avrebbe detto commuters.

I pensieri scomposti di una ragazza irriverente (I jeans strappati)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/10/2019

L’accompagno a scuola, non lo faccio quasi mai e a lei non piace per niente.

Ci passa davanti una tipa che sembra un confetto.

Brutta come solo l’adolescenza quando lo specchio è un baratro.

Vestita come una bambina caduta in un un tubetto di colori di Otto Dix.

Lo dico.

Non rallenta, non mi guarda, quasi non parla.

Semplicemente, sottovoce, come se parlasse alla punta dei suoi piedi:

E lui quando si mette i jeans strappati?

Pozioni di amore

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
23/10/2019

http://simonabaldanzi.it/figlia-di-una-vestaglia-blu/

Le pozioni di amore sono intrugli di mandragola e ramerino,

mela e cannella, aglio e sangue, mescolati con birra chiara e malto,

le streghe sanno farle, gli uomini non sanno rifiutarsi.

Portano ovunque, fanno dimenticare tutto,

trascinano in un mondo in cui sembra che tutto sia ancora giovane,

in cui i sogni sono adolescenti e il cuore ricomincia ad ascoltare i suoi battiti.

Non perdono i loro effetti le pozioni di amore.

Sono persistenti, allegano l’anima al sogno, dissetano il cuore con la geometria della speranza.

Solo chi le ha confezionate, conosce il rimedio e ha bisogno del buio, di uno sguardo cattivo, di parole senza dolcezza, di nervosa cattiveria,

Fino a che non è vomito, un feroce e amaro schizzo di vomito, nel quale si riconosce tutto ciò che quell’amore è stato, pezzi di anima e di cuore come cibo maldigerito dal vino di una nottata di bagordi.

Quel vomito è l’antidoto perché dall’amore si guarisce solo sputando i succhi gastrici dei propri sentimenti che non sono riusciti a digerire la potenza del sogno.

I pensieri politicamente scorretti di una ragazza impertinente (albe)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/10/2019

L’alba è stupore di occhi che sanno vedere

Ragazza Impertinente si alza presto al mattino.

Si sveglia con i libri di greco e li guarda con l’angoscia del liceo.

Poi vede dalla finestra di camera un’alba.

Un’alba di autunno, quando il Sole si comincia ad ammalare del pallido inverno.

E chiama.

Chiama perché vuole condividere l’alba.

Senza rendersi conto che non ci sono doni più grandi di una ragazza che apre gli occhi e ti considera meritevole di vedere l’alba attraverso i suoi occhi.

Il pianto della baldracca (Otto Dix)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
14/10/2019

Otto Dix sapeva disegnare.

Con coraggio.

Anche le baldracche. Le dipingeva come nature morte. Per raccontare di altro.

Hanno visi che raccontano le baldracche di Otto Dix, perché ci sono molti modi di guardare per una donna.

Lo sguardo che allontana è tipico della donna felice. Passa, semplicemente, attraverso.

Lo sguardo che accetta la conversazione degli occhi che la osservano. Esprime solo curiosità e non aggiunge nulla.

Lo sguardo malizioso che si allontana tornando. Lo si percepisce a distanza, timido ma rapace.

Ma gli sguardi delle baldracche di Otto Dix sono diversi. Sono gli sguardi offesi dalla conquista inutile. Che sanno di essere state di un uomo incapace di proteggere. Sfacciati.
Sbellacciati di rossetto disfatto. Con l’arroganza del trucco pesante alla fine di una notte oltraggiosa.

Questi sguardi sanno di andare verso la morte inghiottendo schiaffi e sperma. Non hanno nessuna confidenza con le mani che – vedendo quello sguardo – perdono ogni rispetto e ogni ritegno. Appartengono a uomini che pretendono con la stessa compassione di un’onda che scopa uno scoglio.

Non era degenerata l’arte di Otto Dix. Era degenerato il mondo che lui vedeva e che non è cambiato per nulla.

Perché il segreto di quegli sguardi non è la lascivia del vuoto. E’ l’eredità del vizio.

Compleanni putrefatti

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/10/2019
Compleanni putrefatti

Niente è più lussurioso e devoto di una natura morta.

Il dialogo putrefatto è un monologo
Assenza decomposta in memoria
Ricordi marciti per il dolore di dimenticare
Rimpianti abbandonati come ombrelli
La morte, un giorno di calendario
Un anniversario decomposto
Incapace di arrestare l’erosione della dimenticanza
Fino a quando cade l’ultimo eco di memoria.

Ogni uomo è un cimitero destinato a svanire nel multiverso della memoria.

Il giardino del pittore

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
25/08/2019

Il pittore aveva imparato a dipingere remando contro corrente. Nella Parigi di Maupassant, con la lentezza inesorabile del genio, aveva vinto i maestri che lo avevano preceduto. Dipingendo l’anima delle cose. Quello che resta del giorno quando ci si abbandona a Morfeo.

Il giardino del pittore, forse, è il suo quadro più bello e stupefacente. Il pittore ha dipinto molte volte quel giardino e questo lo sanno tutti. Perfino i visitatori. Ma prima di dipingere quel paesaggio, il pittore lo ha inventato. Ha trasformato un pezzo di loro edificabile vicino alla Senna delle passeggiate in canotto nel passaggio della sua anima.

Questa volta non ha chiuso gli occhi per cercare le impressioni che la luce aveva appoggiato dietro l’ombra delle palpebre. Ha trasformato quelli che vedeva con gli occhi chiusi dando forma a quelle are di terra. Ci vuole amore per farlo. Si deve essere innamorati della luce. Un amore profondo e ricambiato. Indimenticabile. Di quelli che si scoprono quando si pensa di conoscere tutto e che non si possono più abbandonare.

Le ninfee del pittore sono il suo vero autoritratto e Michel Bussi è uno scrittore da autogrill.

Programmazione (La crisi di Ferragosto non convince i capigruppo)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
14/08/2019

La crisi di Ferragosto ha fatto un passo in avanti quando la Presidente del Senato ha deciso di convocare l’assemblea ai sensi dell’art. 55, quarto e terzo comma, r. S.

Sul calendario decide l’unanimità dei capigruppo o la maggioranza dell’assemblea: la regola della maggioranza può essere disapplicata solo con l’accordo di tutti e se c’è l’accordo di tutti non c’è nessuna questione politica.

Sulla base di queste regole, la Presidente del Senato ha proposto le modifiche al calendario necessarie per inserire nella programmazione dei lavori la discussione della fiducia al governo. La Capigruppo non ha raggiunto l’unanimità. La Presidente ha convocato l’assemblea. Un senatore per gruppo ha potuto presentare le proprie proposte di modifica al calendario proposto dalla Presidente. L’assemblea ha deciso a maggioranza.

Non è una maggioranza diversa da quella che il governo Conte deve mettere insieme il 20 agosto. E anche la maggioranza sul calendario è una maggioranza politica perché le scelte sull’agenda delle scelte possono essere più importanti delle scelte stesse. Ma è una politica che guarda al futuro con uno sguardo tattico e cinico. È difficile parlare di valori guardando l’orologio.

La parola che manca a questa crisi è “linee programmatiche”: Conte il 20 agosto presenterà al Senato le direttrici essenziali della sua azione di governo che riguardano la sopravvivenza aritmetica dell’esecutivo o uno scenario concreto di politica economica che proponga il rientro del debito pubblico?

Parlerà del fallimento del reddito di cittadinanza spiegando che se un cittadino apparentemente privo di reddito non chiede il sostegno del Stato, si ha che quel cittadino ha tremendamente paura dei controlli del fisco?

Racconterà che l’aumento dello spread sui titoli di Stato trasferisce ricchezza dalla fiscalità generale a coloro che si occupano di finanza?

Parlamentarizzare una crisi significa proporre ai rappresentanti della nazione le idee per il futuro della nazione e queste continuano a mancare.

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