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I sofferenti sogni di Leda

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/04/2019

Ci sono sogni che fanno soffrire fino a che non sanguina il naso

Leda dormiva uno di questi sogni

L’amore di Tindaro la cingeva come edera

Eterno

L’amore dell’edera, un rampicante sempre verde che abbraccia e fa morire,

Dormiva quando Giove stuprava i suoi sogni

Li faceva sanguinare

L’amore di un dio, dimenticato e distratto che abbraccia e fa morire,

Ma non erano i sogni di quella notte che fecero davvero soffrire Leda

Fu l’amore di Tindaro che chiedeva vergogna per uno stupro

Leda non poteva vergognarsi

Non di un sogno

Non della propria natura che aveva generato quel sogno

Nemmeno quando questa nasce, nove mesi dopo.

Venere giardiniera

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/04/2019


Venere è stanca

Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo

Sa che il segreto dell’eternità è l’eterno ripetersi

Non è immortale chi non muore

Sarebbe troppo semplice

E’ immortale chi si ripete e, ripetendosi, smette di vivere

Smette di provare l’attimo di stupendo stupore di una goccia di luce bagnata da un raggio di rugiada

Stupore che giustifica e paga la morte

Questo non è se tutto si ripete, esattamente eguale, ogni giorno

Lo ha imparato da Sisifo

Immortale perché condannato a trasportare una pietra che sempre cade e sempre deve essere trasportata da dove di nuovo cade

La condanna di Sisifo è il rimprovero dell’astuzia che ruba ciò che dovrebbe essere pagato

Non sapeva Sisifo il prezzo del fuoco?

Non sapeva Sisifo di essere debitore per quel fuoco e di essere creditore per quel dono?

Non sapeva che solo chi non accetta i propri debiti non sa esigere i propri crediti?

Questo pensa Venere mentre si rifugia in giardino

Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo

Ignorante di chi le è creditore e di chi può chiederle lo spreco di un sorriso

Guarda Venere il suo giardino

Lo osserva e pensa a quelle piante

Così legate fra di loro e fra di loro legate a lei

E pensa non io devo sapere chi mi deve e a chi io devo

Non se sono una pianta

A tutto collegata e a tutto connessa

Debiti e crediti che si compensano fra di loro perché la vita è neurale

Lo pensa e vede che anche questo è immortale

Noioso e immortale come la pietra di Sisifo.

Le lacrime di Giocasta

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/03/2019

Giocasta, Caterina Vertova – Valle dei Templi

Edipo ha bevuto, leccato, baciato le lacrime di Giocasta ogni volta che l’ha amata

Nulla conosceva di quegli amplessi se non l’orribile oblio che li accompagnava

Questo ha amato Edipo amando la madre come una vecchia puttana da possedere su un triclinio zoppicante, pensando

Che sarebbe stato dimenticanza, facile perdono, vergogna e orgoglio

Spirito, carne, piacere, dolore

Ma soprattutto orribile oblio

Che sarebbe stato piacere e lacrime a bagnarlo, un pianto di occhi che avevano imparato l’apnea dei sogni perduti nel letto di Creonte

Nelle notti passate ad aspettare un re che solo sapeva chiedere risate di falsa gioia e apparenze d’allegria senza capire di russare accanto a lei che vegliava gli incubi tessuti dalle cicatrici che l’amore disegna

Tatuaggi di lebbra

Era questo il pianto di Giocasta: non ci sono parole che possono scivolare nelle fantasie dei sempre quando l’ipocrisia dei mai è un trucco che si indossa per sopravvivere

Giocasta, al culmine dell’orribile oblio, ha donato i suoi occhi a Edipo, azzurri come la pietra di cui è fatto il cielo, sapevano di pianto e profumavano di grotta

Li ha regalati perché imparasse a vedere come se fosse lei, perché guardasse quello che lei vedeva, per guardare quello che lui vedeva

Edipo ha visto

Ha visto così forte da accecarsi e ha vagato l’infinito deserto del mito continuando a chiedersi se Giocasta gli avesse donato il buio della notte o la luce delle stelle

Non ci sono, però, risposte alle domande intrise della rugiada salata che cade dal cielo orribile dell’oblio

L’amore di chi si abbandona all’amarezza di donarsi per dimenticare

Cancellando – con furia di baccante – ogni ricordo di dolcezza

E’ il dono che lasciano alla notte le stelle quando decidono di fuggire.

 

 

La Venere di Caravaggio

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
25/03/2019

Venere è una tela che Botticelli ha copiato da un sogno neoplatonico. Due pezzi di lino cuciti insieme. Gesso e oro per disegnare il mare di Zante senza avere mai visto un’onda ma come lo osserva chi accarezza il dorso delle onde con la chiglia e ne penetra i segreti con il timone.

Venere, però, è anche una tela che Caravaggio ha copiato da Botticelli, corrompendo quelle linee tagliate come norme e numeri, osservando quel mare come chi c’è caduto e sa che manca poco ad affogare. Il volto di Venere è più dolce e sporco. Il volto di una madre che gode mentre i figli dormono nella stanza accanto. I suoi piedi sono perfetti: Caravaggio sapeva che Botticelli non era capace di disegnarli. Hanno unghie consumate dagli anni, quel colore di avorio sporco e accidentato che prendono le unghie dei barboni quando escono dalle loro scarpe.

Anche questa Venere è nata di marzo, esattamente come quella disegnata e dipinta da Botticelli. Tutte e due hanno sul volto la stessa domanda, la domanda di chi sa che nascere è abbandonare un abbraccio senza più poter dimenticare la sua dolcezza:

Adesso, dove vado?

Botticelli sa che dopo marzo viene aprile e che tutto questo è primavera e lo sa la sua primavera.

Caravaggio, invece, nel suo marzo sa vedere già il dolore di febbraio.

 

P.s.

Ovviamente Caravaggio non ha copiato la Venere di Botticelli.

Ovviamente e purtroppo.

Oggi che è quasi il tuo compleanno

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
25/03/2019

Oggi che è quasi il tuo compleanno perché sei nata pochi giorni dopo l’Annunziata

Non penso più ad un regalo con l’imbarazzo di non sapere cosa comprare che è diverso dalla indecisione di non sapere cosa scegliere

Oggi pensare al tuo compleanno è pensare ad una messa e a un mazzo di primavera nell’angolo freddo in cui ti abbiamo lasciata a riposare

Il dolore che mi doni è la consapevolezza della tua assenza, di capire che non trovavo mai un regalo per te perché un figlio non pensa ai regali per la sua mamma. Non pensa di dover esistere per lei se è troppo abituato a lei che esiste per lui

Non ci sono regali per chi ti ha regalato la vita.

Sarcasmi bigotti di un padre adolescente (Sgommate)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/03/2019

Per questo post non ci sono immagini perché le sgommate sono ciò che resta sulla ceramica del wc del momento più freudiano della giornata.

Bimba Piccola le usa per vendicarsi del mondo e della sorella.

Le lascia intatte. Muta testimonianza di spregio. Come un livornese può scrivere Pisa merda nel gabinetto di un aeroporto.

Bimba Impertinente le odia con lo stesso spirito di un ufficiale di marina che trova una cima non addugliata.

Protesta con il padre perché la sorella non ascolta.

Il padre prende la sua pazienza e pulisce.

Perché? non sei stato tu!

Chiede Bimba Impertinente.

Perché sono io che dovevo educarla e non ci sono riuscito

Risponde la stanchezza del padre mentre rinuncia alla seconda tazza di caffè americano.

Il rumore del tuono

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/03/2019

Le macchine teatrali sono strumenti musicali singolari e fantastici.

Il rumore del tuono è una piramide di catene retta da un telaio di lamiere. Due rumoristi la sollevano e la fanno cadere.

Il vento è un argano coperto da un telo di lino.

Le foglie, sassi dentro una croce cava che ruota su stessa.

Niente è più poetico del rumore del tuono.

Tranne chi ha pensato di poterlo riprodurre con catene e lamiere.

Perché il tuono è rumore.

Chi pensa di poterlo riprodurre, invece, crede nell’incredibile

Non nella riproduzione di un suono attraverso il genio della fantasia

Ma nella capacità di rievocarlo nei segreti  della memoria

Di trovare chi ha ancora voglia di essere bambino nella profonda magia del teatro.

Le spalle del direttore d’orchestra

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/03/2019

Del direttore d’orchestra si vedono solo le spalle

Non guarda le luccicanti signore (fortunato), né chi ha attraversato il giorno per ascoltarlo

Guarda la musica. A mezz’aria, fra la bacchetta e l’immobile flemma del triangolo

Impossibile non amare quelle spalle che sanno dare la propria anima diversamente e rubare l’ombra di un timbro o l’eco d’una vibrazione

Si vedono solo le spalle perché dei musicisti non si conoscono mai gli occhi.

Elena non ha perso la guerra di Troia

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
07/03/2019

Elena non ha perso la guerra di Troia

L’hanno persa Agamennone, Achille, Filottete, Ettore, Priamo, Paride…

Tutti, tranne Elena, forse, hanno perso la guerra di Troia

Nessuno di questi eroi ha però mai vissuto

Veramente vissuto

Se non nell’infinito di quelle battaglie

Il prezzo di Elena è vivere, riposare, amare dopo avere respirato il fumo della pira di Patroclo

Questo Elena ha donato ai suoi re, principi e schiavi: l’eterna morte di chi è condannato a vivere dopo avere vissuto

Non le è importato perché, forse, anche Elena è morta quando l’ultimo principe si è allontanato dal buio illuminato dal selvaggio baccanale dei saccheggi

Ha scoperto di essere sola

Più sola del mare d’Ulisse.

Mercoledì delle ceneri

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
06/03/2019

Questo mercoledì delle ceneri è un piccione morto per strada

Caduto, senza un movimento, come un sasso

Le ali racchiuse e le zampe rattrappite

Bestia senza vita, cosa senza pretesa d’anima

Bello morire così

Precipitati dall’ignoranza di vivere nell’indifferenza dell’asfalto.

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