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Oltre Facebook / Cambridge Analytica…

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/03/2018

Il caso Facebook / Cambridge Analytica parla di cose vecchie e anche un po’ scontate.

L’uso da parte dei signori della rete dei dati relativi agli utenti per promuovere prodotti è noto.

Il fatto che le politiche in materia di privacy di Facebook abbiano consentito fino al 2014 agli sviluppatori di applicazioni di acquisire tramite le loro applicazioni dati relativi agli utenti e utili per la loro profanazione è forse meno noto ma comunque notorio.

Il fatto che un manager di una società che opera in maniera obliqua possa offrire a un cliente che desidera gettare discredito su di un avversario politico uno scandalo a fondo sessuale non è altro che una questione rilevante per il codice penale.

Eppure questa vicenda ha bruciato molto denaro in borsa e i mercati finanziari non operano per caso.

Il fattaccio che è venuto alla luce riguarda l’uso da parte di Cambridge Analytica di un numero imponente di profili di utenti che avevano rivelato le loro opinioni spontaneamente compilando dei test psicologici per influenzare delle manifestazioni elettorali.

Abbiamo così “scoperto” che su Facebook gli utenti tendono a costruire delle filter bubble e che queste filter bubble operano come echo cambers determinando il sorgere di cocoon informativi.

Cass Sunstein ha scritto un libro su questo, tradotto in Italia da Il Mulino con il titolo #Republic.

In altre parole, le persone vogliono leggere le notizie che gli interessano, chiudendosi in delle stanze in cui ricevono solo ciò che vogliono leggere (filter bubble), che in queste stanze le opinioni più estreme tendono ad affermarsi: i suprematisti ariani quando parlano fra suprematisti ariani sono più estremisti di quando manifestano le loro opinioni in pubblico (echo chambers) e che questi bozzoli di informazione (cocoon), in cui gli utenti della rete tendono a segregarsi scegliendo le loro amicizie, sono pericolosi per il pluralismo.

Insomma, abbiamo scoperto che quando la Corte costituzionale affermava che la libertà di informazione è la «pietra angolare dell’ordine democratico» (Corte cost. 84/1969) diceva una cosa che sulla rete è molto meno vera che nella realtà fisica.

Nella rete, la libertà di informazione può essere pericolosa per la democrazia proprio perché è affidata a tutti (è decentrata e disintermediata, ma non per questo è resa più democratica) e non tutti sono in grado di esprimere pensieri interessanti per lo sviluppo di un discorso democratico.

L’applicazione delle regole sulla responsabilità dei provider

Il punto è che l’applicazione delle regole in materia di responsabilità degli internet service providers, in virtù delle quali il provider non è responsabile del contenuto che ospita, ai social media, che non sono internet service provider, perché organizzano i contenuti che ospitano e li orientano secondo le loro politiche aziendali, determina dei seri rischi per il discorso democratico.

E’ quello che hanno notato con intelligenza e acume da molto tempo studiosi come Sunstein o come Balkin, ma anche come Gillespie e l’elenco potrebbe essere lungo.

In questa situazione, i mercati hanno capito che i social media non potranno continuare ad operare come signori della rete, liberi di decidere le loro politiche, ma si dovranno in qualche misura sottomettere alla sovranità degli Stati e la sovranità degli Stati ridurrà i loro profitti.

O forse hanno capito che i social media non potranno fare a meno di anticipare le normative statali adottando delle politiche aziendali trasparenti e in grado di evitare disfunzioni come la censura collaterale, di cui si parla da molto tempo.

O magari hanno intuito che il potere dei signori della rete sta diventando l’oggetto di una forte critica sociale e che questa critica sociale spesso viene direttamente da coloro che operano all’interno delle organizzazioni aziendali messe a punto dai signori della rete.

Ma cosa sono i social media per l’art. 21, Cost.?

In realtà, i social media non sono mezzi di informazione nel senso tradizionale di questa espressione, ma sono semplicemente dei contenitori per la libertà di manifestazione del pensiero, funzionano in maniera molto più simile a spazi privati aperti al pubblico che vi si riunisce consapevole del fatto che in questi spazi si deve rispettare la disciplina imposta dal loro proprietario, esattamente come chi va in un bar deve rispettare le regole di polizia imposte dal suo proprietario, che gli può dire di bere meno o di parlare a voce meno alta e perfino allontanarlo se non è in grado di rispettare le regole della casa.

L’aspetto più interessante di questa vicenda è che non è emersa grazie alla rete, la rete non ha rivelato nulla di Cambridge Analytica e della sua influenza per le competizioni elettorali. E’ stato il giornalismo investigativo del New York Times e del Guardian che ha consentito all’opinione pubblica di venire a sapere quello che stava accadendo.

Come nel caso di Weinstein, che avrebbe facilmente ottenuto l’oblio delle notizie che lo riguardavano se queste fossero state postate su Facebook o su un blog, grazie alla regole del notice-and-takedown, che è tipica della responsabilità del provider.

Una rivoluzione imminente?

L’aspetto più interessante è che i giornali sono ancora vivi e per ora fanno ancora il loro lavoro.

La cosa, invece, più preoccupante è che la presenza dei giornali è minacciata seriamente dalla rete e la rete, al contrario della carta stampata, non è affatto trasparente.

Se questa preoccupazione diventasse condivisa, il mondo della rete diventerebbe il campo di una rivoluzione, forse meno cruenta di quella del 1789, ma non meno significativa per le sorti dell’umanità.

Su questo si deve riflettere. Non sulla profanazione della privacy degli utenti che sono stati chiusi nelle echo chambers in cui loro stessi desideravano essere rinchiusi.

Oggi, e da tempo, questo non è più possibile, mentre è possibile analizzare i big data costruendo i profili degli utenti senza violare la loro privacy e, forse, anche condizionando le competizioni elettorali con la scelta dei candidati da votare usando lo stesso algoritmo con cui Netflix ci consiglia una nuova serie, azzeccando quasi sempre i nostri gusti, ma senza farci vedere nulla di nuovo.

Mani perdute

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/03/2018

Mi hanno fatto male questi guanti nella spazzatura.

Li ho stretti a lungo.

Pieni di mani di bambine.

Calde.

Curiose.

Mi ha fatto male vederli vuoti e abbandonati.

Anche se sono solo una pelle di serpente.

Persa per una ancora più bella.

La Città Addormentata

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/01/2018

Bimba Piccola sta scrivendo il suo primo giallo.

La Città Addormentata.

Bello, intrigante, erotico e splatter come una cosa scritta a undici anni.

La domanda è facile.

Spontanea.

Inevitabile per un lettore di gialli:

Chi è stato?

La risposta pungente e inaspettata come una burrasca.

Non lo so. Se lo sapessi, ci sarebbero troppi indizi.

Dada.

Solo una bimba dada può pensare un giallo senza colpevoli e forse anche senza delitto.

I pensieri politicamente scorretti di una Bambina Impertinente (Quirinale)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/01/2018

Bimba Impertinente ha visitato il Quirinale.

Le è piaciuto moltissimo.

Chiedo perché.

Ci pensa.

Un paio d’ore.

Risponde, sintetica, come sempre:

C’erano lampadari di tutti i tipi

È vero.

E soprattutto è un punto di vista adorabile.

Il primo giorno di primavera è un inganno

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/01/2018

Il primo giorno di primavera è un inganno.

Non perché la primavera non arriva ai primi di gennaio.

E nemmeno perché stanotte pioverà di burrasca e domani sarà freddo.

Ma perché dopo ogni primavera l’inverno torna e credere nella primavera è come credere nei fiori.

Un inganno che appassisce.

Fermate la Befana

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/01/2018

Davvero posso ritardare l’Epifania?

La Befana che arriva di notte può essere fermata a qualche valico e trattenuta per qualche giorno?

Mi piacerebbe che queste vacanze durassero ancora per qualche minuto.

Che non fosse già arrivato il momento di spengere le luci all’albero di Natale e di chiudere il presepio nella sua scatola.

Ma è arrivato e (fortunatamente?) nemmeno le grandi corporation della rete possono ritardare il calendario liturgico.

Vai a Roma Centro in trentadue minuti e a Pisa in un’ora e mezzo (cronache del Feccia Nera)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
20/12/2017

Il treno delle 8.28 ha dieci minuti di ritardo.

C’è un guasto sulla linea per Pistoia.

Il treno delle 8.28, però, è per Pisa e fra Pisa e Pistoia c’è il Montalbano che neppure Leonardo Da Vinci avrebbe saputo ferrare.

La partenza è con mezz’ora di ritardo che passa nel silenzio degli avvisi. L’oboe urla solo per avvertire che il personale di controlleria è un pubblico ufficiale al servizio dell’umanità.

Il video ricorda che si può fare Roma – Fiumicino in trentadue minuti senza aggiungere Se non ci sono guasti a Pistoia.

Ci sono giorni in cui la qualità del servizio sul Feccia Nera sembra quella del Pisa – Varsavia del 1943.

Vecchi rapaci

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/11/2017

Ma il più bello di tutti è il professore che indossa un papillon rosso ricordo di antiche arroganze ma anche come se il badante nell’annodarlo avesse voluto invitare alla cautela, avesse voluto avvertire che da quel vecchio ci si può aspettare di tutto.

Il papillon e il suo vecchio arrivano quando i primi posti delle prime file sono occupati e l’anziano si appoggia alla parete fissando chi è seduto per spingerlo ad alzarsi con la forza del pensiero.

Il modello più che collaudato della vecchia sul tramvai e del sabato in pizzeria.

Chi è seduto non prova nessuna commozione per il papillon che ha conosciuto prima che il badante iniziasse a prendersi cura del venerando collo. Né per lo sguardo che le cispe non hanno reso più simpatico.

Resta seduto.

Si alza solo un secondo, un attimo appena. Per far passare la sua compagna di fila che vuol prendere la parola.

Il papillonato ha un balzo di rapace e si butta nel posto che il poverino aveva lasciato, come fosse il gioco delle seggiole in una balera degli anni cinquanta o quello delle carrozzine in un ospizio.

Il ragazzo lo guarda ma il vecchio ha di nuovo indossato le sue cispe e solo il sorriso per un attimo torna a spendere dell’antica ferocia.

Chi nasce rapace, resta bestia anche con il catetere.

Per essere lontani si deve essere in due (popolo e costituzione)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/11/2017

La costituzione e il popolo non sono vicini. E se sono lontani la colpa è di tutti e due.

L’annuale convegno dell’associazione dei costituzionalisti è accattivante: Democrazia oggi. Ovvero il modello democratico fondato sulla rappresentanza di fronte alle sfide del populismo.

L’onestà di uno dei taglienti relatori afferma che ci sarebbe una incompatibilità di fondo fra Costituzione e populismo.

Il pensiero costituzionale fondato sulla rappresentanza politica sarebbe incompatibile con un discorso politico che parla alla pancia del popolo.

È vero.

Però la nostra polemica sul populismo, in fondo, è molto snob. Muove dall’idea che il popolo non sia degno di Kant. Che Kant non possa essere accolto da un popolo in canottiera che beve birra da muratori.

Questa idea, forse, mi spaventa ancora più del populismo.

Il popolo ha bisogno di essere amato e non si può essere democratici senza essere gramscianamente innamorati del popolo.

Probabilmente Kant non avrebbe apprezzato che un vetturino durante la sua passeggiata pomeridiana gli chiedesse di essere aiutato a capire il rapporto fra ragion pratica e ragion pura.

Lo stesso però non valeva per Don Milani o persino per Calvino, per non ricordare il Pasolini delle lettere con cui rispondeva ai suoi lettori.

Se Kant fosse stato meno snob, la Prussia sarebbe stata meno triste e l’arrogante mestizia dei cavalieri teutonici ha causato non poche disgrazie alla storia d’Europa.

Lo stesso vale per la costituzione. Se il popolo non la capisce è anche colpa di chi non è stato capace di raccontarla.

Peter Altenberg

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
03/11/2017

Le cose si possono vedere in qualunque luogo.

L’anima delle cose si vede al tavolino di un caffè.

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