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L’ospite sgarbato

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/12/2023

L’ospite sgarbato pone alcune questioni che vale la pena osservare.

Il massimo sgarbo di un ospite è sentirsi a casa propria facendo sentire estraneo chi lo ospita.

Tuttavia, quando questo accade, è sgarbo d’ospite o intelligenza del padrone di casa? Lo scopo dell’ospitalità dovrebbe essere accogliere chi si ospita.

E, forse, nello sgarbo di quest’ospite che si comporta un po’ troppo come se fosse a casa propria, si può comprendere la profondità di significato della parola “ospite”, che è sia chi viene ospitato che chi ospita, perché per ospitare bisogna saper essere ospitati e per essere ospitati bisogna saper ospitare.

E’ ospite chi accoglie solo perché chi è accolto si sa far accogliere e, in questo, ospita a sua volta chi lo accoglie.

Usare la stessa espressione per il soggetto e l’oggetto di un’azione non è un’ambiguità lessicale ma piuttosto una rivelazione di senso.

Il dilemma del cornetto

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
11/09/2023

Domenica mattina, bar affollato.

Due bambine con la madre. Non più di sei anni. Carine. Molto.

La prima desidera follemente il cornetto alla nutella.

La madre lo compra avvisando la bambina che non lo deve far cadere.

Il cornetto cade.

La madre costringe la bambina a raccoglierlo e gettarlo via.

Non ne compra un altro.

Lo aveva detto sin dall’inizio.

La vicenda non è banale perché la caduta del cornetto pone il genitore dinanzi a un dilemma senza uscita: il dilemma del cornetto.

Può far piangere il figlio ed essere crudele ma mantenere la propria parola.

Può rinunciare alla propria parola ma fare egualmente felice il figlio.

Entrambe le soluzioni sono pessime.

La verità è che quando poniamo i nostri figli dinanzi a una sfida che sappiamo possono perdere, perdiamo anche noi. Sempre.

Duplice violenza a Venezia

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/09/2023

Il comandante dei vigili urbani di Venezia, commendatore del sovrano ordine militare di san Giovanni di Gerusalemme, Rodi e Malta e grande ufficiale dell’ordine al merito della Repubblica italiana, è stato invitato a una sfilata di moda organizzata nella Tesa dell’Arsenale da Giorgio Armani.

C’è andato indossando per l’occasione l’uniforme di gala e per ben cinque volte è stato palpeggiato da un giovane sconosciuto che fra i quattrocento invitati della festa ha prescelto l’alto ufficiale come oggetto della sua deprecabile abilità manuale.

Il malcapitato comandante ha avvertito del proprio disagio il direttore generale del Comune ed è tornato a casa, senza denunciare l’evento, sarebbe stato difficile provarlo in un eventuale giudizio penale, e senza sfidare a duello il fellone, forse non gli è venuto in mente e comunque è vietato dal codice penale, per non disonorare l’uniforme.

Una volta arrivato a casa ha scritto un post su Facebook per denunciare l’accaduto e manifestare la propria comprensione nei confronti delle vittime di violenza sessuale.

E’ stato sommerso di commenti sarcastici ed ha ritenuto di sopprimere il post rivolgendosi alle agenzie di stampa che hanno dato ampio risalto all’evento evidenziando come il poveruomo fosse stato vittima di due violenze: la prima da parte del giovine che lo aveva palpeggiato nelle parti intime e la seconda dei lettori dei suoi post che lo avevavano sbeffeggiato non ritenendo che un uomo, un comandante di polizia locale, un commendatore e un cavaliere potesse essere vittima di violenza e degradando l’episodio a innocente goliardia degna di esser narrata da Pietro l’Aretino piuttosto che dal Boccaccio o da Casanova.

La tentazione di fare ironia è forte: il richiamo di una delle barzellette meno politicamente corrette degli anni ottanta in cui un vigile viene appellato Uvbano da un omosessuale che gli chiede informazioni stradali e lo minaccia di pubblica sottomissione, Uvbano, Uvbano era il ritornello della storiella da intonare in falsetto, l’idea del vigile urbano a Venezia che dirige il traffico con la ciambella e la paletta fra gondole e vaporetti, la stessa immagine del perfido giovinastro che tasta il deretano del grand’ufficiale al merito della Repubblica come estremo gesto di scherno verso la pubblica autorità, o di un gruppo di sghignazzanti vitelloni che lo circonda attentando all’onore della sua uniforme e quando si gira sdegnato agita il dito disegnando cerchi per aria a chiedere vediamo se capisci chi è stato, sono tutti spunti che animano spontaneamente e perfidamente la tastiera.

Ma, fermo lo sdegno per l’accaduto, per il duplice accaduto, e la solidarietà verso il disonorato comandante, siamo davvero sicuri che in questo caso il silenzio sia omertà e non piuttosto rispetto per la divisa che si indossa, il giuramento che si è fatto, le funzioni che si è chiamati a svolgere?

Perché forse il comandante dei vigili urbani di Venezia, il cui curriculum fa bella figura nelle pagine internet del Comune, non ha letto il passo di Hobbes in cui il filosofo scrive che il Re tutto può tranne che rendersi ridicolo e questo, in una democrazia, come in uno Stato assoluto, vale per ogni funzionario, anche se ha ragione di rivendicare la propria dignità ferita denunciando che persino un pingue uomo di mezz’età può essere vittima di violenza sessuale perché questo è l’accaduto e non vi deve essere spazio per alcuna ironia.

La multa di Bimba Piccola (Così impari a portare jella)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/07/2023

Bimba Piccola ha una visione del servizio pubblico decisamente radicale.

Non ritiene che si debba pagare una ulteriore tassa per un servizio che è sostenuto dalla fiscalità generale.

Ovvero ritiene che non pagare il biglietto sia ragionevole nella misura in cui non lo si è pagato abbastanza volte da ripagare l’eventuale multa.

Il tutto si rivela nella mascherina che indossa per salire sull’autobus.

Solo per salire sull’autobus.

In casa, lo sappiamo tutti e la madre, vedendole prendere la mascherina con un piede già fuori casa, la ferma chiedendo se ha preso anche i soldi per il biglietto.

Lei risponde come risponde un adolescente che non vuole essere fermato quando sta uscendo dalla prigione che i suoi genitori si ostinano a considerare una casa.

Poi chiama la madre.

“Mi hanno fatto la multa”

“Porti una bella sfiga”

“Ma io avevo la mascherina e ho dato il tuo nome…”

La piccola criminale si porta dietro la foto dei documenti di tutta la famiglia.

Ecco, se non fosse simpatica e adorabile, sarebbe solo terribile.

Il gobbo (Lo sguardo del malocchio)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/07/2023

Lo vedevo quasi ogni mattina.

Curvo lungo il marciapiedi.

Puntuale da rimetterci l’orologio: vederlo mi diceva quanto ero in ritardo per il treno.

Mi ha sempre fatto venire in mente il vecchino delle cento lire che aveva lo stesso problema alla schiena ed era costretto a guardare in terra, sicché mia madre, che non era particolarmente versata nel politicamente corretto, lo aveva soprannominato così: come se cercasse una monetina sfuggita di tasca a uno sconosciuto passante.

Un ricordo tenero, perché tenera era mia madre e ogni volta che la ricordo mi sembra di sentire il suo profumo.

L’ho ammirato incondizionatamente perché ogni mattina, qualsiasi tempo ci sia, esattamente alla stessa ora, fa il suo giro: carne, frutta / verdura, pane.

Finché, una sola volta, ha alzato gli occhi da terra, ha incontrato il mio sguardo e lo ha trafitto.

Mai avevo visto occhi così intensi, vivi e malvagi.

Lo sguardo del malocchio.

Da quel giorno, non l’ho più visto ma una sottile malinconia ha iniziato a curvare le mie spalle.

L’orgoglio di Coppo

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
05/07/2023

Vedere da vicino i mosaici del Battistero è un’esperienza emozionante.

Fanno impressione i particolari.

La loro minuzia.

In un luogo destinato a essere buio: le finestre erano coperte da lastre di alabastro, e incendiato dalle fiamme delle candele.

Nessuno avrebbe mai visto questi particolari. Eppure ci sono e ci sono perché li ha voluti l’autore dei mosaici.

Ci vuole un grande e buono orgoglio per disegnare e realizzare dei particolari che non si vedranno mai e che rivelano l’essenza della perfezione.

Una cosa è perfetta non in ciò che si vede ma in ciò che non si vede e che inconsapevolmente si percepisce.

Assomiglia al motto di Thaon di Revel: non avere segreti e non avrai paura.

Anche nella vita ciò che conta è la perfezione di quanto non si vede.

Non si vede ma si percepisce.

Dopo la maturità (Riti di passaggio)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
30/06/2023

Finalmente, felice. Felice come quando si è finito cinque anni di liceo e ci si avvia verso l’Università, che poi è una gioia molto simile a quella del matrimonio o della paternità: una persona ragionevole non lo farebbe mai se la natura non avesse deciso di interferire modificando irragionevolmente la percezione della realtà.

Ma la cosa più divertente di una giornata come questa sono i genitori.

Gli esami vengono fatti in parallelo per tutte e quattro (o cinque) le sezioni del liceo, per cui nell’ingresso sostano diverse coppie adulte, diciamo di mezz’età, più o meno le stesse che si incontravano ai corsi pre parto e l’atmosfera ci assomiglia.

Tutti sono provati dall’ultima notte prima degli esami.

Tutti siedono educatamente nervosi e in profonda apprensione. Verrebbe da dire che non siamo al pronto soccorso in attesa del risultato della Tac. Ma non è il caso.

I padri hanno una bottiglia di schiumante.

Le madri, un mazzo di fiori.

Perché alla maturità, quando il maturando esce, si deve aspettare stappando la bottiglia e consegnando i fiori, prima della foto di rito.

Così, anche Bimba Impertinente.

Anche in questo caso, è cambiato il mondo: alla mia maturità c’erano solo i miei amici più stretti, che sono ancora i miei amici più stretti, e il più grande lusso fu un bicchiere di spuma al bar davanti a scuola.

Ma è bello essere genitori di ragazzi che vogliono la nostra presenza. Bello e pericoloso, perché mi chiedo se molti dei disturbi e delle ossessioni che assillano questa generazione non dipendano anche da questi genitori onnipresenti.

 

La versione disperata (Sempre sulla maturità di Bimba Impertinente)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/06/2023

Prima o poi, le versioni fanno dannare.

Il grafico degli scritti di latino o di greco è più volatile di una criptovaluta.

Per un comune mortale, ovviamente. Poi ci sono le muse e i toccati dalla musa e per loro è un’altra cosa: il loro grafico è quello di una blue chip.

Bimba Impertinente è, per fortuna, una comune mortale.

Alla maturità, i comuni mortali hanno due scelte: sperano nella pietà degli dei o si accodano a una musa sperando nella sua pietà, il che significa mettersi in una posizione in cui sia agevole riuscire a copiare il compito della prima della classe.

Bimba Impertinente ha scelto di avere fede negli dei ed è stata moderatamente premiata.

Ha ceduto il suo posto, da cui sarebbe stato facile copiare, a una compagna che era ancora meno capace di lei e ha fatto il compito da sola.

Ciononostante si è arrabbiata. Come si arrabbia lei: sorridendo con le lacrime di rabbia che le spuntano ai lati degli occhi. Perché la sua compagna ha avuto 19, copiando riga per riga dal primo della classe e ha perfino sostenuto di essere stata lei a fare il compito. Non il primo della classe al quale hanno dato 17 o qualcosa del genere. Faccia di tolla, vien da scrivere.

Ho cercato di spiegare che ero orgoglioso di lei. Non per il compito, che mi dispiace non abbia fatto bene perché mi dispiace non sia stata toccata dalla musa delle versioni. Perché ha voluto camminare con le sue gambe facendo da sola.

Che è quello che conta per i cinque anni di università che si cominciano a distendere davanti al suo futuro.

Nella vita, invece, non lo so. Chi si accoda e ha la sfacciataggine di appropriarsi dell’ingenuo ingegno altrui può arrivare molto lontano.

Ma, sicuramente, non è questo il mondo a cui ho cercato di prepararla anche se mi domando sempre più spesso se ho fatto bene.

Stultus clarissimus

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
27/06/2023

Il bello dell’avvocato – e Daumier li ha saputi disegnare come Michelangelo gli angeli – è che sa sempre perfettamente quello che dice.

Non perché lo sa. Ma perché è perfetto nel mostrarsi come se comprendesse il problema del suo cliente assai meglio di quanto Virgilio conoscesse l’inferno.

E quando non lo sa, l’avvocato preclaro scatta con il latinorum, con abbondanza di casi e gerundi affatto casuali. In fondo, Cicerone non faceva il ragioniere.

Ma ci sono dei casi eccezionali.

Così lo stultus clarissimus, colpito al ventre in un’operazione straordinaria dall’esercizio del diritto di recesso da parte del socio di minoranza che ha pretermesso, dopo lunga interdizione di pensiero, si avvede che al termine di quell’operazione la Società, sua cliente, avrebbe deliberato la liquidazione e re melius perpensa arriva alla esatta conclusione che la liquidazione paralizza il recesso.

Non capire dove si è va bene.

Guidare gli altri senza saperlo, un pochino meno.

Dirlo a voce alta, per di più in latino, decisamente meno.

Tre modi di non pagare il biglietto

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/06/2023

Ci sono diversi modi di non fare il biglietto.

Il primo, classico, è di andare dal controllore, che adesso si chiama capotreno, senza che sia facile comprendere la ragione di questa metamorfosi funzionale, dirgli che non si è riusciti a fare il biglietto e pagare il supplemento (5Euro) previsto per chi fa il biglietto a bordo. Il secondo, assai più semplice, è fare il biglietto di un altro treno sulla stessa linea usando il proprio telefono e dire al capotreno che si è preso il treno all’ultimo momento e perciò si è fatto il biglietto del treno successivo. Il terzo è, semplicemente, non fare il biglietto sperando che il capotreno non svolga le funzioni di controllore cui è stato condannato dalla crudeltà dei tempi e subire con lieta mitezza la sanzione prevista per questa ipotesi: 50Euro.

Nessuno di questi sistemi vale più dell’altro.

Ma quello che veramente disturba è il ragazzotto che non fa il biglietto perché spera di non essere fermato – di solito così è – e si sperticola in scuse e richieste di perdono finché non riceve il trattamento da 5Euro invece di quello da 50.

Ho una grande comprensione per il controllore.

Meno per il ragazzotto e per chi lo ha educato. Trovo non irragionevole il calcolo delle probabilità sulla sanzione nell’affermazione della validità della norma. Cinico ma non irragionevole. Mentre il teatro della compassione è diverso: significa che la propria capacità di generare empatica pietà diventa la ragione per cui si è superiori al valore della norma perché ci consente di evitare la sanzione.

Ma colui che si erge al di sopra del diritto non era il superuomo di Nietzsche? E se è così, come in effetti è, si ha che l’essenza del superuomo è l’antitesi del superuomo, il che, considerando i risultati storici di quella filosofia, tutto sommato non dispiace neppure.

 

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