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Cronache dal Feccia Nera (Saggezza di ghostbuster)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
26/10/2022


Trenitalia ci ha abituati a questo signori che abitano i treni dei pendolari rendendoli più vivibili.

Ci ha insegnato l’importanza del loro lavoro e la dignità con cui viene svolto.  Non ci ha però abituati ai loro insegnamenti e alla loro saggezza.

Ragazza, un po’ sguaiata, stretta nelle sue aderenze più adatte a un palombaro che a un sub:

-> Mi vorrei trasferire da Scienze della comunicazione a Lingue e letterature straniere… Mi sono appena iscritta e penso che non faccia per me… Ho bisogno di dare un perché al mio bisogno di esperienze…

Il Ghostbuster, come se fosse nel più gelido dei manieri scozzesi:

-> Deh, una intellettuale…

La saggezza si apprende più dai cessi che dalla pigrizia. Mi sovviene da pensare. Ma sono un vecchio.

La morte della quercia

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/10/2022

Guardo il suo povero corpo ricomposto nel letto.

E’ ancora caldo.

Inizio dai piedi: ha un paio di scarpe nuove. Non le indossava più. Gli hanno trovato le sue scarpe da ginnastica preferite. Metteva solo quelle e mi faceva sorridere. Erano le scarpe di Olivia Newton John quando insegnava aerobica.

Ha i jeans. Normali jeans. Credo di avergli sempre visto i jeans. E una giacca grigia, tutti i bottoni ben chiusi. Una camicia bianca, senza cravatta.

Il viso, finalmente, è disteso. Gli ultimi giorni sono stati terribili. Il tumore lo aveva gonfiato e lui non riuscita più a parlare. Non ha più nemmeno quel terribile rigonfiamento che straziava la sua fronte da oltre un anno.

Poche persone attorno a lui. I familiari più stretti. La moglie che lo ha accudito come si governa un animale morente. Con la stessa disperata pazienza. La madre che sembra scolpita nel legno di iroko e che piange lacrime di betulla. Ha un nome di bambina e sono di bambina quelle lacrime:

Che ne sarà di noi senza di lui, era lui quello forte?

E’ vero, lui era una quercia e le querce non muoiono. Le querce vengono tagliate.

Ma questo è la morte per ciascuno di noi: il momento in cui si viene tagliati e si perdono le radici.

Morire non è cadere, è un colpo d’ascia, di falce, una sega che lentamente incide e recide.

Lo guardo e so che lui ha lasciato il vuoto della quercia.

Della quercia che sta in mezzo a una radura.

Perché ognuno di noi è fissato a terra con pazienza di pianta ma pochi hanno la tenacia della quercia e quei pochi lasciano il mondo più solo.

Cassandra o del sopravvivere alle proprie profezie

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/10/2022

Da quella notte in cui due serpenti le hanno leccato gli occhi

Lei sa

Sa di dover vedere morire i suoi genitori

Sa che un fratello, il più bello dei suoi fratelli, sarà la sua e la loro rovina

Sa che lo dirà

Lo urlerà, perché lei lo vede

Ma sa anche che nessuno lo ascolterà

Che nessuno darà retta alle sue parole se non la fame di un mostro

Perché è questa la verità, avida fame di mostri

Da quella notte, lei sa che sarà stuprata

Che Aiace Talamonio, distruttore di dei, uccisore di innocenti, assassino affamato la stuprerà

Lo sa

E, vergine, aspetta quel momento

Senza altra vendetta che la consapevolezza della fine

Senza altra certezza che vivere può essere dolce anche se si sa che si è destinati alla più terribile delle sorti

Senza altra certezza che anche una maledizione può essere vissuta con dignità di vergine

E attende quella notte perché dopo tutti i giorni saranno inutili

inutile vivere dopo il compimento del proprio destino

inutile sopravvivere alle proprie profezie.

Anime a maggese

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
03/10/2022

 

Anime a maggese

Aspetta. Seduto in una poltrona.

Nudo come Cristo.

Osceno con il suo pannolone.

La televisione accesa su un programma per mentecatti.

Non parla più. Si sta abituando a mietere la propria anima con la falce dell’attesa.

Nero il muco che esce dal suo naso.

Unica compagna la moglie disperata.

Talmente disperata che ha già tirato fuori dall’armadio l’abito per quando sarà morto.

Lo ha appeso in questa stanza, accanto alla televisione.

E anche questo miete la sua anima.

 

Schiava Luna

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/09/2022

La Luna ha due facce, ciascuna invisibile all’altra.

Non ha specchi per guardarsi alle spalle.

Lo sa Orlando che ciascuna delle due facce della Luna ha i suoi abitanti.

Lui li ha conosciuti entrambi.

Ci sono gli abitanti della faccia che conosceva, quella che vedono tutti gli abitanti della terra e sulla quale lo ha portato il suo fedele cavallo alato.

Sono intelligenti, sensibili, pazienti. E’ un vero piacere dialogare con loro, anche se sono un po’ algidi.

Poi ci sono gli altri abitanti, quelli della faccia oscura. Sono altrettanto intelligenti, forse più belli, forse più sensuali.

I primi hanno dei celesti, i secondi adorano divinità infernali.

Non si incontrano mai e solo Orlando li ha conosciuti entrambi.

Gli uomini normali possono conoscere i primi ma impazzirebbero se conoscessero anche i secondi e così quelli che hanno conosciuto gli oscuri non possono pensare che esistano anche i celesti.

Così sono alcuni uomini.

Hanno due volti e chi conosce uno di questi non vuole conoscere l’altro.

Gli è insopportabile se conosce il volto celeste essere consapevole di quello oscuro.

Mentre se conosce quello oscuro gli è ancora più insopportabile accompagnarcisi.

Non così Orlando.

Ma lui era un paladino.

Antropogie mutilate (L’inizio della storia)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
29/08/2022

L’Amazzonia è il cuore del mondo. Un’enorme Silva Magica. Più Magica di un sogno nella scuola del cavaliere azzurro. Forse è questa la sua importanza, essere il testamento della memoria ancestrale di una intera razza, contenere le radici spiritualmente ancestrali di ogni uomo, la memoria di ciò che siamo stati prima di immaginare con le parole e disegnare cerchi per spostare il mondo.
È uno spazio infinito perché ogni popolo che lo occupa si costruisce come un universo e come un universo non pensa che possano esistere altri universi. Il proprio degli universi è l’unicità, un dogma etico.
E, in fondo, conta poco la sua importanza per la sopravvivenza dell’oceano o la sua incredibile e magica potenza.
La verità è che questo luogo sa essere giovane e antico nello stesso tempo, sa muovere ricordi che nessuno possiede se non come tatuaggi dello spirito, ricordi infiniti che si muovono come fiumi di nubi.
Ciascuna nazione ha bisogno di distinguersi dalle altre. Lo fa con tatuaggi, colori e, le più antiche, con mutilazioni permanenti del corpo che modificano definitivamente ed irreparabilmente.
L’appartenenza è una mutilazione con almeno due significati, uno più profondo dell’altro.
Prima di tutto, il bisogno di distinguersi dagli animali. Nessun animale è capace di modificare per sempre il proprio corpo e l’uomo, questo uomo giovane che è ancora capace di dormire su un albero, ha bisogno di sentirsi diverso, di creare una narrazione, di cominciare a ricreare sentimenti e trasformarli in storia attraverso l’arte. Anche quando l’arte è mutilazione.
Il secondo è che questo piccoli uomini sanno di esistere all’interno della loro nazione, di avere un significato che li rende diversi da ogni altro uomo che percorre questo inferno e di avere bisogno di appartenere alla loro famiglia fino a modificare per sempre il proprio corpo e questo è l’inizio dell’amore, un amore che è solo appartenenza e che esiste come storia condivisa: è il mio popolo che mi permette di leggere la realtà e di attraversarla consapevolmente.

Agosto in città (l’anormale sono io)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
13/08/2022

Agosto è il mese degli anormali.

Persone, forse spok: frammenti di energia vitale che la cabala riesce a trasformare in esseri quasi viventi, il ricordo di una persona che è sempre esattamente l’immagine esatta della persona nel ricordo, persone che negli altri mesi non ci sono, non si vedono, escono solo di agosto e si aggirano in città appropriandosene, come ratti che possono finalmente uscire dalle fogne e girare liberi senza che nessuno li guardi schifato o li rincorra con una scopa.

C’è la cicciona con il vestito giallo: non esiste se non di agosto, in nessun altro periodo dell’anno avrebbe il coraggio di mettersi quella specie di vestaglia svolazzante che non potrebbe rivestire neppure un disturbo alimentare senza farlo sembrare una mongolfiera spiaggiata dall’afa.

C’è il vecchio colorato come una pasticca di LSD, i capelli lunghi e le trecce al posto delle basette con le cuffie sopra le orecchie come un disc jockey di Ibiza che cammina saltellando contento.

C’è la ragazzina che si diverte a camminare mostrando il sedere come se Borgo Albizi fosse una passerella e chi la guarda un buyer dell’alta moda.

Eppoi ci sei te, te che li guardi e che ti incensi perché ricordi la cabala, te che li osservi dall’alto e che pensi di poterli raccontare come se fossero maschere di Molière e ti senti più tragico di Racine.

Tu che non hai capito di essere anche tu un anormale.

Perché se scrivi queste righe, sei anche tu in città d’agosto, esattamente come loro.

Preghiera del Patriarca Morente

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/08/2022

La casa del Patriarca sembra vuota mentre sta morendo.

Perfino il cane non si avvicina più a lui.

Insofferente, non riesce a stare nel letto, nudo, le sue vergogne esposte, non sopporta il peso delle lenzuola: sudari.

Nudo sono nato, nudo voglio morire ma non vorrei essere nato, ripete.

La moglie lo guarda, lo lava, lo accudisce, gli massaggia i piedi.

Dal naso scende un filo nero: sangue, pus e tumore.

Non c’è nessuna speranza nello sguardo dei figli che lo accarezza.

Urla: Sarà come Dio vorrà.

Grida: Banalità! Era solo una banalità.

Vorrebbe un caffè, un buon caffè, un caffè di Voltaire.

Dio tace, silenzioso, e lui sussurra una preghiera:

Padre nostro, come puoi essere padre di tutti? come puoi essere padre dei buoni e dei malvagi, come puoi condannare gli uomini a essere fratelli, senza premiare il giusto e punire il malvagio?

Che sei nei cieli, tu sei nei cieli, lontano dagli uomini, e niente è più crudele per un figlio della distanza dal padre.

Sia santificato il tuo nome, il tuo nome non è santo, lo diventa, sono gli uomini che ti santificano, tu sei il tuo nome e il tuo nome è invano senza le loro preghiere che lo pronunciano.

Venga il tuo regno, il tuo regno non c’è. E’ una promessa. Un miraggio.

Sia fatta la tua volontà, la tua volontà è il vento che trascina le foglie, il mare che annega, la pioggia che affoga ed è questo che vuoi per noi, che siamo come foglie, pesci o grano.

Come in cielo così in terra, neppure in cielo c’è il tuo regno. Neppure lì hai voluto governare, come un re buono, che si prende cura dei suoi sudditi, che amministra la giustizia, che separa il bene dal male e insegna a ciascuno quello che deve sapere per capirti.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, insegnaci a vivere di pane. Fai che la nostra fame sia saziata tutti i giorni. Fai che la nostra sia fame di pane, solo di pane. Fai che non desideriamo mai altro se non il più umile degli alimenti e che non desideriamo altro desiderio che non sia cibo.

Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, tu sei esattamente come noi. Esigi e riscuoti esattamente come noi. Non sei diverso da noi e ciascuno di noi è condannato a vivere soffocato dai debiti.

Non ci indurre in tentazione, sei tu che ci hai creato fragili. Affamati non di solo pane. Debitori di tutto e creditori di tutto. Ma noi dobbiamo evitare le tentazioni. Dobbiamo restare legati al nostro aratro. Contadini di sangue.

Ma liberaci dal male, e questa è davvero l’unica cosa che ti si può chiedere: liberaci dal male di vivere e non ci fare più nascere.

Lo guardo mentre dice il rosario.

Lo trasformo dentro di me in una preghiera blasfema.

La preghiera di un dio sconfitto e dolce che scopre di avere sbagliato tutto, di avere creato un essere che poteva solo peccare, di averlo condannato a vivere e diventare cattivo e lo scopre dopo tanto tempo.

Lo scopre e decide che può fare una cosa sola per quell’essere maledetto: morire anche lui.

Lo guardo mentre muore, il mio amico, sto accanto a lui.

Lo guardo ma non lo riesco a consolare perché il suo sudario, la sua nudità, il suo odore, le sue mani sempre più fredde, il suo muco canceroso, mi raccontano di questo dio dolce e sconfitto che sa, anche lui, di poterlo solo guardare morire.

Senza neppure la pace di una lancia di centurione a liberare l’anima dal dolore di vivere.

Tristi addii (L’Università e i gabinetti intersessuali)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
20/07/2022

L’ultima novità gay friendly della comunità universitaria pisana sono i gabinetti intersessuali.

E’ finita l’epoca dei gabinetti separati per maschi e femmine: adesso i gabinetti sono unici per entrambi. Ci si incontra per lavarsi le mani, ci si saluta per fare i bisogni.

Può essere giusto: perché costringere chi non si sente né uomo né donna a dichiarare le proprie preferenze sessuali per fare quanto non ha – solitamente – niente a che fare con la sessualità: pipì e popò non hanno sesso sembrano dire questi interessanti cartelli.

E’ però la fine di un’epoca.

La fine delle toilette femminili, luoghi di cortesi e perfide conversazioni in cui il ritocco del trucco era un momento di socialità intensa ed esclusivamente unisessuale.

La fine dei vespasiani, luoghi di terrificanti paragoni, in cui il “vero” maschio salutava il vicino altrettanto maschio ma meno “vero” di lui, solo per ostentare, dalla giusta distanza, la propria esuberanza.

Dispiace, ma si deve sopravvivere perché se Vespasiano disse, alzandosi dal letto, prima di abbandonare questo mondo, che un imperatore deve  morire in piedi, per quali ragioni si deve far pipì seduti?

Dispiace anche perché i gabinetti intersessuali lasciano immaginare il sorgere di una delle liti più frequenti in una qualsiasi casa abitata da maschi e da femmine: tu non alzi la tavoletta quando fai la pipì.

E, questo, non lo fanno solo i maschi alpha, lo fanno tutti i maschi, anche quelli a cui non piacciono le femmine e che, magari, si travestono da donna.

Grillo e Conte il giorno prima dell’esame (Incollato alla colite)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
19/07/2022

La crisi di Governo impegna lo sguardo verso il Movimento 5 Stelle.

Uno sguardo di irrequieti aruspici, non di quieti osservatori della vita politica.

Non vi è molta logica nel loro comportamento, non ha molto senso a pochi mesi dalla fine del Legislatura, ma nell’immediato ridosso della sessione di bilancio, minacciare una crisi di Governo.

Non ha molto senso riunirsi per un percorso partecipato in cui scegliere una linea politica collettiva e restarci per oltre quattro giorni, quando il problema è dimostrare di essere patiscenti affidabili di un accordo di maggioranza.

Eppure il Movimento 5 Stelle è essenziale a questo accordo di maggioranza perché Draghi si rende perfettamente conto che una coalizione PD – Insieme per il Futuro – Calienda – Renzi, Lega e Forza Italia rischierebbe di essere sbilanciata sui capricci di Salvini e non intende cadere nella trappola del Conte I.

In questa situazione, l’osservatore che cerca di comprendere l’evoluzione della crisi è costretto a rivolgersi a segni quasi intangibili, memoria del raffreddore di Breznev.

L’elevato ha cambiato l’immagine del profilo di whatsapp: ha messo un vasetto di coccoina.

L’avvocato del popolo ha passato una notte all’ospedale, fra sabato e domenica, per una intossicazione alimentare.

A chi si rivolge Grillo con l’immagine della colla?

La versione politicamente corretta è ai parlamentari del Movimento, che sarebbero troppo attaccati alla poltrona, una versione molto comoda per giustificare la furia demolitrice di Conte, che ha poco a che vedere con il termovalorizzatore di Roma e parecchio con la scissione di Insieme per il Futuro.

Forse è più facile immaginare che l’incollato sia Conte e che sia lui a dover cominciare a pensare che la sua presenza non sia più indispensabile e neppure troppo gradita.

L’intossicazione alimentare del poveretto ricorda troppo il mal di pancia che prende durante gli esami quando si subisce la domanda che mai avremmo desiderato perché non lo abbia capito lui per primo.

E immaginare una pochette incollata alla propria colite non è una bellissima immagine.

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