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Chi li ha sciolti? (Motori di ricerca e cazzi storti)

9 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
30/10/2009

duep1Installato sul blog un tool che permette di vedere da dove arrivano i lettori.
Delusione tremenda.
Su 142 visite di oggi, 76 erano visite dirette e navigazioni interne, gli altri 66 venivano da google.
Chiavi di ricerca assai singolari: piselli maschili, spogliatoi, tatuaggi erotici, P E N E  C U R V O, tatuaggi sedere ed altre amenità.
Ok.
Esistono un sacco di sistemi per indicizzare un blog sui motori di ricerca, ma esiste qualcosa per non farlo indicizzare?
Qualcosa tipo Take me off your list at  P E N E  C U R V O.
Giusto per dignità, mica per altro.

68, 90 e 96 sulla ruota di Roma (Parametri a caso in una difesa parlamentare)

7 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
29/10/2009

lottoC’è un ministro del Parlamento che si chiama Altero Matteoli.
Il nome sa di risorgimento.
Lo scandalo in cui è coinvolto meno.
Questo ministro viene a sapere che un prefetto è sottoposto ad una indagine penale e che le comunicazioni del funzionario sono intercettate dalla Procura.
Avverte il funzionario di entrambe le cose.
Di conseguenza, viene intrapreso un procedimento a suo carico in cui si deve accertare se ha violato il segreto di ufficio o se ha illecitamente favorito il prefetto.
Questo ministro ha un avvocato che si chiama Consolo e che è parlamentare.
La tesi del legale del ministro è che il ministro abbia commesso un reato ministeriale e che: (i) debba essere giudicato dal Tribunale dei Ministri; (ii) la Camera dei Deputati debba pronunciarsi sulla autorizzazione a procedere nei confronti del ministro.
Il punto, che può sfuggire, è che i ministri godono di un regime penale singolare, che subordina l’esercizio della azione penale nei loro confronti alla autorizzazione di una Camera, solo per i reati ministeriali, ovvero per le fattispecie criminose che siano collegate all’esercizio delle loro funzioni di governo.
L’idea è che il ministro, in quanto vertice dell’esecutivo, possa andare oltre alla lettera della legge e commettere anche dei reati, che possono trovare una giustificazione politica e che in questi casi la giustificazione politica possa consentire l’assoluzione del ministro.
Questo accade nei casi in cui la Camera – a maggioranza assoluta dei propri membri – giudichi che il ministro ha agito per la tutela di un interesse costituzionalmente rilevante ovvero per il conseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo (art. 9, terzo comma, legge cost. 1/1989).
Questa valutazione è una valutazione politica e come tale insindacabile.
Di conseguenza, la Camera di appartenenza del ministro può, con un voto a maggioranza assoluta, assolverlo.
La maggioranza del voto è la motivazione dei presupposti di cui all’art. 9, terzo comma, legge cost. 1/1989.
Che perciò potrebbero anche non sussistere, ma essere egualmente dichiarati, con l’unica sanzione della responsabilità politica del voto parlamentare.
In altre parole, una maggioranza forte è arbitra dell’esercizio dell’azione penale nei confronti dei membri del governo purché l’azione penale riguardi dei reati commessi nell’esercizio delle funzioni ministeriali.
Di conseguenza, il nodo è di carattere procedurale e riguarda il soggetto che è chiamato a definire un determinato fatto come commesso nell’esercizio delle funzioni di governo.
Ad oggi, una piana lettura dell’art. 2, legge 219 del 1989, in combinato disposto con gli artt. 6 e 7, legge cost. 1/1989, riserva questa attribuzione al Procuratore della Repubblica del tribunale nella cui circoscrizione si è commesso il fatto, che deve trasmettere le denunzie al Collegio previsto dall’art. 7, legge cost. 1/1989 ed al Collegio inquirente che deve compiere tutte le indagini del caso restituendo gli atti al Procuratore della Repubblica che procede a richiedere l’autorizzazione a procedere nel caso in cui ritenga ragionevolmente fondate le accuse ovvero procede alla archiviazione.
In questa attribuzione, non vi è alcuno spazio per gli organismi parlamentari: è la magistratura che decide se quel determinato fatto ipotizzato a carico di un ministro è un reato ministeriale e quindi sottoposto ad un filtro di carattere politico oppure un reato comune per il quale il ministro è responsabile esattamente come ogni altro cittadino.
Il Parlamento, ieri, con una larga maggioranza, ha invertito questa posizione deliberando che spetta alla Camera decidere sulla natura politica o meno del reato ministeriale.
E’ una decisione che si presta a molte critiche.
La prima è di carattere logico: la legge cost. 1/1989 ha introdotto una condizione di procedibilità per l’esercizio della azione penale nei confronti dei reati ministeriali. Il giudice naturale delle condizioni di procedibilità è il giudice penale che come giudica dell’azione penale giudica anche delle condizioni di procedibilità della stessa. Questa osservazione è stressata, nel senso di sottolineata con forza, dal disegno di legge 891 del 2008, a firma Consolo, dove la pregiudizialità della valutazione parlamentare è imposta con una modifica espressa dell’art. 2, legge 219 del 1989 e sul piano intellettuale presentare un disegno di legge che prevede l’esercizio di una attribuzione significa confessare che sino a quel momento quella attribuzione non è riconosciuta a favore del soggetto cui si intende attribuirla.
La seconda è di carattere costituzionale: il dibattito parlamentare ha fatto tesoro della giurisprudenza costituzionale sviluppata sull’art. 68, Cost, che garantisce l’irresponsabilità dei parlamentari per le opinioni espresse ed i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Secondo questa giurisprudenza spetta alle Camere stabilire se una opinione o un voto sono inerenti all’esercizio delle funzioni parlamentari, perché la prerogativa della insindacabilità si salda alla autonomia del Parlamento. Ma l’art. 96, Cost. non riguarda l’autonomia del Governo, nevvero che il voto sulla autorizzazione a procedere è affidato al Parlamento, che in questo modo esercita la propria funzione di controllo politico sull’operato ministeriale.
La terza è sempre di carattere costituzione e riguarda l’art. 90, Cost, non evocato nel dibattito parlamentare. Il giudizio penale sulla responsabilità del Presidente della Repubblica per alto tradimento e attentato alla Costituzione è affidato alla Corte costituzionale, sulla base delle indagini svolte dal comitato di cui all’art. 12, legge cost. 1/1953. Questo comitato viene equiparato dall’art. 5, legge 219 del 1989 al collegio di cui all’art. 7, legge cost. 1/1989 ed ha il compito, così l’art. 8, secondo comma, legge 219 del 1989, di stabilire se i fatti per i quali si sta esercitando l’azione penale cadono o meno nell’ambito di applicazione dell’art. 90, Cost. Se è così, per logica sistematica, il collegio di cui all’art. 7, legge 219 del 1989 ha il compito di effettuare la stessa valutazione con riferimento all’art. 96, Cost.
La decisione della Camera dei Deputati, però, pone una questione molto più grave: se una camera può decidere a maggioranza assoluta di considerare come reato ministeriale qualsiasi fatto per il quale siano in corso delle indagini nei confronti di un membro del governo, la definizione di reato ministeriale diventa politica e questo è possibile solo nel caso di cui all’art. 90, Cost, per la particolare posizione del Capo dello Stato nella forma di governo ed il peculiare disegno della responsabilità penale "aperta" disegnata dalla Costituzione nei suoi riguardi come una sorta di spada di Damocle.
Significa affidare il compito, l’attribuzione costituzionale, di decidere se un ministro può essere sottoposto a processo ad una maggioranza politica, con una torsione non indifferente dei principi dello Stato di diritto.
Di Pietro, ieri, è stato molto efficace sul punto: Che ci azzecca un ministro che dice ad un prefetto che è indagato e che deve stare attento quando parla al telefono con il perseguimento di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o di un interesse pubblico connesso all’esercizio delle funzioni di governo?
C’entra 375 "si" contro 199 "no".
Solo questo e non altro.

Fra dimissioni ed impedimento temporaneo

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
28/10/2009

PallaDiVetroLa politica è il regno delle palle di vetro.
Senza dubbio.
Marrazzo si è dimesso.
Una situazione di sofferenza personale oramai indilazionabile non gli ha consentito di portare a termine il mandato.
La stessa moglie gli ha chiesto, per il suo bene, per il bene della sua famiglia, di dimettersi.
Una scelta umana e profondamente sofferta.
Questa la linea politica, molto Comitato Centrale, emersa sui giornali.
I problemi, però, sembrano assai diversi.
Fra lunedì e martedì, non è cambiato molto, anzi nulla: l’art. 44 dello Statuto regionale, che fissa il principio per cui le dimissioni o qualunque altra causa di impedimento del Presidente della Giunta eletto dal popolo determinano lo scioglimento del Consiglio regionale e la convocazione dei comizi elettorali, è restato inalterato.
Come pure, si potrebbe aggiungere, è inalterato l’art. 43 che consente la presentazione di una mozione di sfiducia, la cui trattazione e votazione da parte del Consiglio sarebbe stata senz’altro assai imbarazzante.
Peraltro, a riprendere in mano il dibattito molto prima repubblica sulle crisi extraparlamentari, la discussione della mozione di sfiducia sarebbe stata lo strumento più corretto sul piano istituzionale, restituendo centralità all’organo consiliare.
Ma, forse, i veri problemi sul tavolo sono ancora diversi.
Le dimissioni di Marrazzo sono uno strumento per costringere la maggioranza attualmente al governo regionale ad accelerare il dibattito interno sulla scelta (con la consueta apparenza delle primarie di coalizione?) del candidato alla sua successione.
L’anticamente maoista Esterino Montino non sembra possedere il phisique du role.
La Bindi pare bruciata dalla candidatura a Presidente del Partito democratico.
Zingaretti, che pure ha rischiato di non perdere la Provincia di Roma e che è molto autorevole nella federazione romana, pare voler mantenere le distanze da una campagna elettorale che lo potrebbe trasformare nell’eterno sconfitto.
L’Italia dei Valori scalpita per un posto importante e le mosse di Rutelli sembrano avere molti collegamenti con gli scenari romani.
E’ questa la partita che si sta giocando ed è una partita che conta molti milioni di Euro.
Tutti i milioni che la Giunta Marrazzo aveva lasciato, come ogni altra Giunta, agli ultimi mesi del proprio mandato, in modo da poterne massimizzare l’efficacia elettorale.
Forse, però, soprattutto è una partita in cui si cerca il candidato che più di tutti possa garantire continuità ad un governo non sempre trasparente e le dimissioni di Marrazzo, a voler usare la palla di vetro, sembrano soprattutto dire di no alla candidatura della Bindi, che sarebbe una ventata di aria nuova.
Troppo nuova.

I pensieri scomposti di una bimba piccola (Come sei bravo)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
27/10/2009

BimbaPiccolaBimba Piccola è un genio del crimine.
Troppo inconsapevole per esserlo effettivamente.
Ma non ne sarei troppo sicuro.
La sua ultima passione sono i vestiti da ritagliare per le bambole.
Ha dita che sembrano roncole ed è del tutto incapace di ritagliarli correttamente.
Di conseguenza, passa giornaletto e forbici al padre.
Lo guarda ritagliare.
Attento.
La lingua fra i denti.
Gli abitini che escono precisi.
Come se  fossero disegnati.
Lo guarda.
Lo fissa.
Lo inquadra e dice:
–> Come sei bravo …
Lo dice con quel cinguettare breve ed incerto che commuoverebbe un toro durante una corrida.
Il padre per un attimo si lascia commuovere.
Poi ha un rigurgito di intelligenza (absit injuria verbis).
La guarda e intuisce il pericolo.
E’ una donna.
Cazzo, se è una donna.
Dice Come sei bravo esattamente come altre gli hanno detto la stessa cosa in altri momenti.
Ma continua a ritagliare.
Sempre molto preciso.
Esattamente come in altri momenti ha continuato altre cose.
Con l’esatta sensazione di essere preso per il naso.
Ma anche che non è il caso di far capire che si è capito.
Se si vuole continuare a ritagliare e, dicono, non sia la cosa peggiore da fare.

Non v’è chi non veda (Marrazzo e la Brendona)

11 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
26/10/2009

PeliDiFicaOggi, è possibile gioire.
Tre milioni di cittadini, compresi minorenni ed extracomunitari, regolari ed irregolari, hanno partecipato alle primarie del Partito Democratico: partito e non popolo. Esempio di democrazia e non di demagogia.
Berlusconi ha confessato di avere pieno controllo sulle proprie testate editoriali e di farne uso politico: il suo intervento ha dettato la linea editoriale di Chi nei confronti del video Marrazzo (un disgraziato in mutande che piagnucola Non mi rovinate accanto ad un trans incazzato, se così si può dire, perché gli hanno appena fottuto Euro3Migliaia di parcella).
Marrazzo Piero, il presidente della Giunta regionale del Lazio che era stato sorpreso con alcuni trans sudamericani e filmato da alcuni carabinieri infedeli, ha dimostrato la superiorità morale delle sinistre autosospendendosi dalla carica e dalle indennità relative per uno scandalo che riguarderebbe esclusivamente la sua vita privata.
Tutto questo, su Repubblica e gli altri quotidiani critici nei confronti del governo, accompagnato da un Non v’è chi non veda …
Onestamente parlando, che in inglese suona assai meglio che in italiano, affermare che l’affaire Marrazzo sia quasi una occasione per dimostrare la superiorità politica delle sinistre nei confronti dei partiti al governo è davvero una operazione offensiva per l’intelligenza.
Marrazzo è stato trovato con i pantaloni abbassati nell’alcova di un trans, che frequentava e che ha rilasciato interviste come se fosse la sua fidanzata.
Pagava molto bene per i suoi incontri: aveva Euro5Migliaia nel portafoglio, di cui Euro3Migliaia erano la parcella del trans e Euro2Migliaia sono diventati la prima parte del prezzo del silenzio dei suoi ricattatori.
Denari che di per sé parlano, anche se i giornali non ne parlano: Marrazzo come Presidente della Giunta regionale incassa una indennità di poco più di Euro8Migliaia mensili, sicché se ne spende tre in prestazioni sessuali – non occasionali ma ripetute con singolare assiduità – vuol dire che ha anche altre fonti di reddito e non sembra un caso che quando è stato convocato dalla Procura della Repubblica credesse che la ragione dell’invito fosse collegata ad un problema di appalti, come con singolare ingenuità ha avuto di dichiarare.
Ma un elettore del Partito Democratico si deve chiedere perché se il voto della Binetti sulla aggravante omofobica è considerato un valido motivo per proporne l’espulsione dal partito, il comportamento gravemente omofobico del Presidente Marrazzo (andare con un trans significa sfruttare la prostituzione maschile) sia sanzionato con una semplice autosospensione: Marrazzo dovrebbe essere espulso dal Partito e basta.
Onestamente parlando, non credo che così si vada molto lontani: quando il becero Belpietro sul Giornale osserva che i vizi delle sinistre sono con i trans, mentre i peccati di pantalone delle destre sono con le escort condensa un discorso politico che ha una sua forza retorica.
In un mondo di puttanieri, meglio un puttaniere normale.
Ma solo se le paga di tasca propria e, qui, forse, è possibile dubitare.

I pensieri politicamente scorretti di una Bambina Impertinente (Denti)

5 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
23/10/2009

 BimbaImpertinenteLavarsi i denti è una dura incombenza quotidiana.
Mattina, pomeriggio e sera.
Una vera scocciatura.
Bimba Impertinente lo fa abbastanza volentieri.
Ma non quando ha sonno.
Lì si deve insistere.
Una sera:
–> Babbo, perché noi ci laviamo i denti ed il nonno se li leva?

Olindo e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo

0 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
22/10/2009

 olindoOlindo e la Rosa, o l’Olindo e Rosa, come loro preferirebbero, sono stati condannati in primo grado per la cd. Strage di Erba.
Hanno vinto un ergastolo.
Hanno proposto appello.
Sarà discusso.
Prima o poi.
Nel frattempo sono in prigione.
In due prigioni separate.
L’Olindo protesta perché vede la Rosa una volta ogni quindici giorni.
Per tre ore.
Nel resto del tempo, la sua anima è in letargo.
Senza la Rosa, l’anima dell’Olindo non ha ragione di esistere.
Forse è un trattamento crudele e degradante.
Non perché l’Olindo abbia diritto a vedere la Rosa.
Ma perché è del tutto inutile che non la veda (Cedu, 20 gennaio 2009, n. 24424: sono disumani quei trattamenti che, valutati, caso per caso, risultano sproporzionati alle naturali finalità afflittive della pena, anche se, forse, l’allontanamento dagli affetti familiari è una naturale pertinenza della detenzione).
Ma soprattutto se fossero nella medesima galera, lo Stato risparmierebbe i denari necessari a trasportare la Rosa dall’Olindo e l’Olindo non rilascerebbe più interviste a Panorama: 200 chilometri di cellulare, anda e rianda, due volte al mese, non credo che costino poco.

Anche oggi, non vale la pena di comprare il giornale

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
22/10/2009

Immagine 2La notizia di oggi, l’apertura dei giornali di questa giornata uggiosa, è che Clemente Mastella e la consorte Sandra Lonardo avevano messo in piedi una attenta fabbrica di raccomandazioni.
E’ una notizia?
O forse la notizia dovrebbe essere che qualcuno lo ha scoperto?
O che la magistratura ha aperto dei fascicoli su questa industria democratica?
Forse, oggi, non vale davvero la pena di comprare il giornale.
Anche oggi, meglio.

Lombardi l’infedele senza giustizia

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
21/10/2009

Immagine 1Lombardi Vallauri è un professore di filosofia del diritto.
E’ anche un nonno molto simpatico ed uno dei presidenti di commissione di laurea più divertenti di tutti i tempi.
Si è rivolto alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per avere soddisfazione contro il provvedimento dell’Università Cattolica che non aveva accettato la sua domanda per il corso di filosofia del diritto nell’anno accademico 1998 – 1999.
Tanto il Tar del Lazio che il Consiglio di Stato avevano ritenuto giustificato il provvedimento del Consiglio di Facoltà: la Chiesa cattolica aveva espresso il proprio veto all’insegnamento del prof. Vallauri, perché lo stesso si poneva in contrasto con i principi della religione cattolica e perciò costituiva un attentato al benessere spirituale degli studenti. La Chiesa cattolica ha il potere di esprimere il veto sugli insegnanti nelle scuole cattoliche a norma del Concordato. Il Concordato ha dignità costituzionale e non è consentito alle autorità dello Stato italiano discutere il veto della Chiesa cattolica senza interferire con l’esercizio delle prerogative che le spettano.
Per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, è stata violata la libertà di espressione dell’uomo Vallauri (Lombardo, nel press release), perché il Consiglio di Facoltà avrebbe potuto negargli l’insegnamento, di cui era titolare da oltre venti anni, solo dopo avere preso in considerazione le ragioni che sorreggevano il pronunciamento della Chiesa cattolica.
In altre parole, la Corte di Strasburgo non ha affermato che Vallauri aveva il diritto di insegnare in una università confessionale anche se le sue opinioni non coincidevano con quelle della confessione che finanzia l’università, o che lo Stato italiano non può accettare che la libertà di insegnamento possa essere limitata per ragioni di carattere confessionale, ma solo che le ragioni di carattere confessionale che militavano contro Vallauri avrebbero dovuto essere oggetto di una motivazione espressa.
Non è un gran passo in avanti per la libertà religiosa.
Il punto era – ed è dal 1972 – che l’Università Cattolica è una persona giuridica di diritto pubblico e come tale fa parte dello Stato apparato. Le norme concordatarie possono essere oggetto di sindacato da parte della Corte costituzionale (e oggi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) per contrasto con i principi fondamentali della Costituzione, che non possono essere modificati da una fonte subcostituzionale. La libertà di insegnamento è un principio fondamentale della Costituzione e non può essere limitata per ragioni di carattere confessionale.
In nessun caso.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nel momento in cui afferma che l’art. 10 della Convenzione consente limitazioni della libertà di espressione che siano previste dalla legge e che abbiano uno scopo ragionevole, perché necessario ad una società democratica, riconosce anche che la limitazione del diritto all’insegnamento in una scuola confessionale può essere legittima in virtù di questo principio, massacra l’essenza della libertà di insegnamento, che è libertà di prescindere da qualsiasi imperativo di carattere religioso, etico o politico nella scelta delle pregiudiziali di carattere ideologico che rendono l’insegnare una attività inevitabilmente politica.
Non è una bella sentenza.
Per nulla.
Peggio, c’è solo l’osservatorio sulla giurisprudenza della Corte Europea della Presidenza del Consiglio dei Ministri che non ne fa minimamente parola. 

I pensieri politicamente scorretti di una Bambina Impertinente (Il principe dice le bugie)

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
20/10/2009

 BimbaImpertinenteBimba Impertinente ama le fiabe.
Le conosce.
Le piace ascoltarle anche se le conosce.
Il principe delle fiabe ama la principessa delle fiabe.
La ama senza alcuna condizione.
La ama per sempre.
Il principe delle fiabe, un qualsiasi principe delle fiabe, dice alla sua principessa:
–> Qualunque cosa succeda, io sarò sempre accanto a te…. Qualunque cosa succeda…
Ma se la sua principessa fosse BI, farebbe meglio a stare zitto.
Perché quando il principe dice in questo modo, BI, fino a quel momento sognante, imbambolata e perfettamente coinvolta dal transfert narrativo, urla:
–> Il principe è un bugiardo, io lo so che è un bugiardo, non funziona così … Non è vero che qualsiasi cosa succeda, lui c’è … Non è vero …
In serate come questa, Pinocchio è l’unica salvezza.

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