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Tag Archive for: donne

Pozioni di amore

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
23/10/2019

http://simonabaldanzi.it/figlia-di-una-vestaglia-blu/

Le pozioni di amore sono intrugli di mandragola e ramerino,

mela e cannella, aglio e sangue, mescolati con birra chiara e malto,

le streghe sanno farle, gli uomini non sanno rifiutarsi.

Portano ovunque, fanno dimenticare tutto,

trascinano in un mondo in cui sembra che tutto sia ancora giovane,

in cui i sogni sono adolescenti e il cuore ricomincia ad ascoltare i suoi battiti.

Non perdono i loro effetti le pozioni di amore.

Sono persistenti, allegano l’anima al sogno, dissetano il cuore con la geometria della speranza.

Solo chi le ha confezionate, conosce il rimedio e ha bisogno del buio, di uno sguardo cattivo, di parole senza dolcezza, di nervosa cattiveria,

Fino a che non è vomito, un feroce e amaro schizzo di vomito, nel quale si riconosce tutto ciò che quell’amore è stato, pezzi di anima e di cuore come cibo maldigerito dal vino di una nottata di bagordi.

Quel vomito è l’antidoto perché dall’amore si guarisce solo sputando i succhi gastrici dei propri sentimenti che non sono riusciti a digerire la potenza del sogno.

Tacchi giavellotti

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
16/06/2019

Le donne che lanciano il giavellotto hanno un fisico particolare.

Può non piacere ma colpisce.

La stessa cosa vale per alcuni tacchi.

Non tutte li possono indossare come non tutte possono lanciare il giavellotto o il disco.

Sono quelle scarpe con il tacco stretto e lungo non troppo diversi da un cacciavite.

Ci vuole un fisico apposito non tanto per ragioni estetiche ma perché esigono caratteristiche fisiche non comuni e un grande spirito di sacrificio.

Cose che mancano del tutto in quelle povere signore che infilano a forza la loro menopausa in sandali e gambaletti color carne.

Suicidio per cause naturali

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
08/06/2019

Viale Mazzini

Era nata o nato in un corpo che non era il suo.

Aveva imparato a nasconderlo e forse lo aveva anche cambiato un po’.

Camminava, spesso, in quelle ore in cui non ci si incontra. Quelle ore che nascondono le rughe e nelle quali è più facile lasciarsi amare da chi non conosce l’amore.

Viaggiava con gambe muscolose. Fasciate in fuseaux neri che la facevano somigliare a un ciclista più che a una donna.

Solo una volta l’ho sentita parlare. Ha preso fra le sue le mani di una donna di servizio. Una ragazza, rumena, poco più di venti anni. Meno di trenta all’anagrafe. Molti di più allo specchio, ma quello non importa.

Ha detto che erano belle ma le unghie erano rovinate e le ha chiesto di passare perché voleva sistemarle. Ha voluto specificare che non le avrebbe chiesto nulla.

Ho visto il sorriso di quella ragazza. Sfiorata da un’attenzione piena di dolcezza. Un sorriso di chi non spera più di trovare parole dedicate a lei.

Adesso, è morta. Come si muore in un appartamento. Sola e di solitudine. Suicidio per cause naturali, anche se il medico legale scrive diversamente.

Ma a me piace ricordarla mentre camminava. Fuori luogo, nelle ore più calde o in quelle più fredde. Mi piace pensare che sia stata ingoiata dalla strada, da questa strada che osservo ogni giorno dall’alto e che mi somiglia a un mare.

Un mare senza pietà che sa inghiottire i suoi naufraghi e non dona nessuna allegria a chi sopravvivendo riprende il viaggio.

Resta la sua casa con le finestre chiuse come palpebre sotto il sudario.

I sofferenti sogni di Leda

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
24/04/2019

Ci sono sogni che fanno soffrire fino a che non sanguina il naso

Leda dormiva uno di questi sogni

L’amore di Tindaro la cingeva come edera

Eterno

L’amore dell’edera, un rampicante sempre verde che abbraccia e fa morire,

Dormiva quando Giove stuprava i suoi sogni

Li faceva sanguinare

L’amore di un dio, dimenticato e distratto che abbraccia e fa morire,

Ma non erano i sogni di quella notte che fecero davvero soffrire Leda

Fu l’amore di Tindaro che chiedeva vergogna per uno stupro

Leda non poteva vergognarsi

Non di un sogno

Non della propria natura che aveva generato quel sogno

Nemmeno quando questa nasce, nove mesi dopo.

Venere giardiniera

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/04/2019


Venere è stanca

Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo

Sa che il segreto dell’eternità è l’eterno ripetersi

Non è immortale chi non muore

Sarebbe troppo semplice

E’ immortale chi si ripete e, ripetendosi, smette di vivere

Smette di provare l’attimo di stupendo stupore di una goccia di luce bagnata da un raggio di rugiada

Stupore che giustifica e paga la morte

Questo non è se tutto si ripete, esattamente eguale, ogni giorno

Lo ha imparato da Sisifo

Immortale perché condannato a trasportare una pietra che sempre cade e sempre deve essere trasportata da dove di nuovo cade

La condanna di Sisifo è il rimprovero dell’astuzia che ruba ciò che dovrebbe essere pagato

Non sapeva Sisifo il prezzo del fuoco?

Non sapeva Sisifo di essere debitore per quel fuoco e di essere creditore per quel dono?

Non sapeva che solo chi non accetta i propri debiti non sa esigere i propri crediti?

Questo pensa Venere mentre si rifugia in giardino

Stanca di vivere come solo una Dea può esserlo

Ignorante di chi le è creditore e di chi può chiederle lo spreco di un sorriso

Guarda Venere il suo giardino

Lo osserva e pensa a quelle piante

Così legate fra di loro e fra di loro legate a lei

E pensa non io devo sapere chi mi deve e a chi io devo

Non se sono una pianta

A tutto collegata e a tutto connessa

Debiti e crediti che si compensano fra di loro perché la vita è neurale

Lo pensa e vede che anche questo è immortale

Noioso e immortale come la pietra di Sisifo.

Elena non ha perso la guerra di Troia

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
07/03/2019

Elena non ha perso la guerra di Troia

L’hanno persa Agamennone, Achille, Filottete, Ettore, Priamo, Paride…

Tutti, tranne Elena, forse, hanno perso la guerra di Troia

Nessuno di questi eroi ha però mai vissuto

Veramente vissuto

Se non nell’infinito di quelle battaglie

Il prezzo di Elena è vivere, riposare, amare dopo avere respirato il fumo della pira di Patroclo

Questo Elena ha donato ai suoi re, principi e schiavi: l’eterna morte di chi è condannato a vivere dopo avere vissuto

Non le è importato perché, forse, anche Elena è morta quando l’ultimo principe si è allontanato dal buio illuminato dal selvaggio baccanale dei saccheggi

Ha scoperto di essere sola

Più sola del mare d’Ulisse.

Disprezzo zingaro

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
21/12/2018

Le tempeste sono terremoti che non lasciano tracce

subito torna l’allegria sulla superficie del mare

Ma le tempeste vere arrivano al fondo

lo squassano, rivoltano e lasciano cicatrici profonde

dove non sono occhi di uomo

Questo sa chi ama

che non resterà niente se non una ferita invisibile

fino alla prossima tempesta, fino all’inevitabile dolore del domani

Lo sa e ama le sue ferite aperte

perché è diventato un uomo rinunciando ai porti che delle tempeste conoscono i saldi ormeggi

prendendo il mare senza guardare l’orizzonte.

I pensieri politicamente scorretti di Bimba Impertinente (Marina Abramovic)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
16/10/2018

E’ qui l’artista? O qui c’è un’artista?

Sono le domande poste dall’adolescente Bimba Impertinente che il crudele padre ha portato con sé alla mostra di Marina Abramovic dentro Palazzo Strozzi.

La guida – una signora che si trova palesemente molto più a proprio agio con i fondo oro degli Uffizi e usa il “tu” sapendo che quello che gli altri avvertono come confidenza per lei e tutti i suoi avi si chiama “tuaccio” – ha avvertito che “Marina” (perché chiamarla per nome? Qualcuno ci ha mangiato insieme?) si può amare o disapprovare, ma non ignorare.

Bimba Impertinente osserva con curiosa disapprovazione. Cerca di capire, chiede. Il padre le spiega che la Jugoslavia dei primi anni settanta era un luogo lontano da tutto, prima di tutto da se stesso. Una sorta di razzo lanciato verso le stelle su una rotta sbagliata. Le rammenta Hrabal, che ha segnato la sua educazione sentimentale, e le racconta le performance di Károly Halász nell’Ungheria degli stessi anni.

Bimba Impertinente è scettica. Guarda con malcelato disgusto il furgone cellulare all’ingresso della mostra, considera come sgraziati i dipinti giovanili, cerca di penetrare il significato delle performance chiamate Rhythm, ma il bianco e nero virato su un contrasto quasi assoluto grazie ai nitrati di argento non le dice moltissimo.

Soprattutto, dal suo punto di vista, non è ragionevole considerare il proprio dolore una cosa interessante per altri da sé. Bimba Impertinente intende perfettamente il dolore della signora Abramovic, la difficoltà di crescere nell’affetto anaffettivo di due eroi (di guerra e serbi), l’oscurità delle notti di Belgrado, la perfetta solitudine di un aeroporto da cui non parte niente e dove non arriva nessuno. Tutto questo è vicino a un’adolescente, forma i suoi tessuti più profondi. Quello che non comprende è perché il dolore di un uomo, per colui che soffre, possa essere “interessante” e anche questo è tipico dell’epidermide con cui l’adolescente comincia a indossare il mal di vivere.

Per chi suona la campana? L’eterna domanda di John Donne ne nasconde un’altra: A chi interessa se la campana suona per me? o Mi interessa che a qualcuno interessi se la campana suona per me?

Forse è questa la vera domanda e l’osservazione di Bimba Impertinente, alla fine della mostra di Marina Abramovic, è

Perché alla signora Abramovic interessava tanto che gli altri conoscessero il suono del suo dolore? Che bisogno aveva di farlo conoscere?

Molto probabilmente non sarà mai un’artista, ma come “signora” promette davvero bene.

I pensieri politicamente scorretti di una Bambina Impertinente (Il Lontra)

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
10/10/2017

http://cjalcor.blogspot.it/2012/08/fino-una-cinquantina-danni-fa-cerano.html

Il lontra viene chiamato così perché sostiene di avercelo come questo animale e lo ripete :

Ce l’ho come una lontra…

E’ il tempo in cui i maschi hanno l’ossessione delle misure e le femmine li guardano con divertito disprezzo.

Bimba Impertinente non lo sopporta e lo considera un mentecatto.

Però non è facile azzittirlo.

La soluzione è la terribile mamma di Lapo e, soprattutto, fruttivendola al mercato centrale, che sente il ritornello all’ingresso di scuola e dice, veloce come se fossero appena arrivati i porcini:

Chi l’ha lungo se lo tira

Poi si accorge che la mamma del Lontra lo ha munito di una sciarpina e aggiunge:

E a te, a furia di tirartelo, t’è venuto anche il torcicollo

Il poverino arrossisce mesto come un disco di jazz scandinavo e si dice che da quel giorno abbia ricominciato a cantare le canzoni dello Zecchino d’oro.

Parole e significati: esistono i sinonimi divergenti?

0 Comments/ in profstanco / by Gian Luca Conti
12/09/2017

Poema ferroviario

In Mosca – Petuski, Erofeev spiega che vi sono più di cinquanta sinonimi divergenti in russo per definire l’ubriachezza.

Più di cinquanta modi di essere ubriachi, a ciascuno dei quali corrisponde una esatta parola.

Lo stesso vale per Neve, in finlandese, secondo il Wagner di Luna di ghiaccio e per la parola Pietra in croato, secondo Radio 3.

Queste parole fissano un concetto talmente essenziale per quella cultura da riflettersi in diverse sfumature che a loro volta diventano concetti e perciò lemmi.

Non sono propriamente sinonimi, parole che hanno lo stesso significato di altre parole di cui possono prendere il posto per evitare ripetizioni, ma sinonimi divergenti: parole che ricordano uno stesso significato di altre parole e lo individuano con una diversa sfumatura.

Il contrario delle parole che possono avere più significati diversi e che affaticano i vocabolari di latino e greco del ginnasio, quando la fatica del tradurre era cercare di individuare un significato all’interno di un contesto in cui tutto poteva voler dire altro ed era semplice perdersi.

Mi sono interrogato a lungo sulla parola che può avere un così grande numero di sinonimi in italiano: la mia ignoranza mi ha impedito di svolgere la stessa indagine in lingue diverse.

In effetti, l’idea di ubriachezza identifica la cultura russa, come l’idea di amore è centrale nella Grecia classica, la neve individua una parte dell’anima del nord finlandese e la schiavitù della pietra è caratteristica del ruolo della Croazia nell’economia Ottomana.

Dopo tre o quattro notti insonni, sono arrivato alla conclusione che l’unica parola italiana con un così elevato numero di sinonimi divergenti si trovi esattamente al centro delle donne.

Il che dice molto della nostra cultura e, forse, anche di un Parlamento che invece di parlare di riforme elettorali si perde nelle discussioni sui vitalizi dei suoi membri, scambiando la Luna con il dito ma senza perdere il vero senso delle dita per il nostro vocabolario.

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