Un generale ***** (spigolando sull’alta amministrazione)
E’ facile ironizzare sul generale Speciale.
Basta il primo sfoglio dei giornali: voli a Capri per ragioni di servizio, spigole a Passo Rolle per migliorare la dieta dei finanzieri di montagna, gite a Marettimo, pellegrinaggi nei luoghi di Padre Pio e così via.
Può essere più complicato comprendere la sostanza di quello che sta succedendo.
Il tribunale amministrativo del Lazio ha ritenuto illegittima la revoca del generale dal vertice della Guardia di Finanza.
La nomina dei vertici della Guardia di Finanza, ovvero dei carabinieri, ma anche di qualsiasi ministero, è un atto di alta amministrazione: un provvedimento che non ha altra motivazione se non la fiducia del governo nel soggetto che è chiamato a garantire un retto raccordo fra la sfera politica e la sfera amministrativa.
Il Tribunale amministrativo del Lazio non ha toccato questo principio.
Non ha detto, insomma, che il governo non poteva revocare Speciale per ragioni che avevano per oggetto la fiducia nelle sue capacità.
Si è limitato ad affermare che il governo avrebbe dovuto seguire un procedimento maggiormente rispettoso del diritto di Speciale ad essere ascoltato.
Una affermazione giuridicamente molto banale: tutti i provvedimenti amministrativi hanno costituzionalmente bisogno che gli interessati possano far sentire la loro voce per essere legittimi.
Di conseguenza, se il governo ha fatto la figura del buffone, Speciale non è stato affatto riabilitato dal Tar Lazio: la santificazione del generale ha bisogno della Corte dei Conti che sta giudicando sul suo comportamento e sul danno che potrebbe avere causato allo Stato.
Altra e diversa questione riguarda le sue dimissioni.
Queste sono una tecnicalità interessante.
Speciale non può dimettersi da generale della Guardia di Finanza, perché non lo è più e non lo può nemmeno diventare: è un pensionato.
Il suo gesto, però, ha uno scopo molto preciso: se Speciale si dimette rinuncia ad essere reintegrato e fa venire meno l’interesse al ricorso che aveva proposto e che il Tar Lazio ha accolto.
Ma se il ricorso al Tar Lazio è diventato, dopo la sentenza, improcedibile per carenza di interesse, il governo ha perso l’interesse a proporre appello al Consiglio di Stato.
Speciale con le sue dimissioni ha semplicemente fatto in modo di rendere definitiva la vittoria in primo grado, sottraendosi al secondo grado di giudizio.
In pratica, si è comportato come un bimbo che dopo avere segnato un goal porta via il pallone per vincere la partita.