Giulia
Giulia ha quarantotto anni.
Forse quarantanove.
E’ stata bella.
Molto bella.
Adesso dimostra sessantanni.
Dimostra sessantanni portati bene.
E’ invecchiata male, Giulia.
Molto male.
Appena sposata ha comprato un appartamento.
Un appartamento molto bello.
In un condominio molto borghese.
Era sposata.
Con un banchiere.
Una bimba molto bella.
Una di quelle bimbe che sembrano nate per essere belle.
Non è passato molto tempo.
Suo marito è andato via.
Giulia non lavorava.
Era solo bella.
Ha cominciato a lavorare.
Un lavoro che gonfia le gambe.
La pedicure a domicilio.
Una borsa pesante ed i piedi degli altri sulle sue gambe.
Calli e duroni.
Non è riuscita a pagare la casa.
L’ha venduta.
E’ andata via.
Senza saluti.
Era diventata più simile al portiere che agli altri condomini.
Un peccato che non si perdona.
Un peccato che si paga con l’invisibilità.
Anche la figlia è andata via.
Insieme alla casa.
E’ tornata con il padre.
Fa male adesso incontrarla in un cinema.
Fermarsi a parlarle.
Trovare nel suo sguardo la gratitudine di essere riconosciuta.
Trovare nelle sue parole lo stupore di essere considerata.
Anche solo in quelle poche chiacchiere che separano due persone civili dall’inizio di uno spettacolo.