Libero Di Pietro
Di Pietro chiede a gran voce di conoscere il nome dei candidati che hanno conti bancari in Liechtenstein.
Ieri lo chiedeva la prima pagina di Libero.
Di Pietro giustifica la sua richiesta con un rombante: Non voglio candidare persone che hanno dei segreti nell’armadio, non vorrei che dovessero perdere tempo a difendersi in processi penali invece di venire in Parlamento.
La domanda di Feltri ha una sua ragionevolezza. E’ difficile negare che in un periodo elettorale non ci sia un interesse pubblico alla conoscenza di dati la cui rilevanza politica è indiscutibile.
La domanda dell’ex sostituto procuratore è retorica, vociata ed inopportuna.
Di Pietro può scegliere di candidare chi vuole, purché si rammenti di aver fatto eleggere il leader degli Italiani nel mondo – personaggio variamente indagato – la cui immediata defezione ha concorso significativamente a generare la debolezza dell’Ulivo nella scorsa legislatura.
L’equazione giustizialista fra conti esteri, riciclaggio, evasione fiscale e pedofilia è assurda ed irragionevole. Può ricordare la perfida Albione di un retore mascelluto che andava di moda ottanta anni fa.
Ma poi se uno fa il ministro della repubblica, davvero ha bisogno di chiedere ai giornali una lista che è nelle mani del suo compagno di governo?
O è talmente infido che nemmeno i suoi colleghi si fidano di lui, o non vuole sapere nulla.
Vuole solo far sapere che lui vorrebbe sapere ma nessuno gli dice nulla.
Il solito teatrino liberamente squallido.