Elemosine
Un povero cerca il sole durante l’inverno.
Quell’ultimo calore che consente alla notte di trovare il mattino.
Ed al mattino di allontanare la morte.
Di spostarla un po’ più in là.
Il povero che uno si immagina è quello.
L’immagine nitida di un sorriso steso al sole in una mattina pungente.
Sottovento ad una panchina.
Ma ci sono poveri che fanno più male.
C’è il carcerato cui muore la madre.
Un ergastolo che si trasforma in un permesso di tre giorni.
Senza soldi.
Senza sapere più nulla della realtà di fuori.
–> Cosa devo fare?
–> Non ho più nessuno.
–> Non so nemmeno dove mangiare…
Tu distratto che ascolti la suora che gli risponde: Ma non si preoccupi, qualcuno penserà a lei.
E va via.
Nella solitudine fatta di neon di una corsia di ospedale.
Resta fermo.
Immobile.
Appoggiato al muro dell’obitorio.
Al freddo del muro dell’obitorio.
Ripete:
–> E ora cosa devo fare? Lo so io cosa devo fare: prendo uno a ceffoni e mi fo riportare in galera. Che non mi possono mica fare nulla. Che l’ergastolo me l’hanno bell’è dato. Che non è possibile che non pensino che uno che esce dopo quindici anni non sa più nulla, che ha bisogno di essere accompagnato, che fuori non si rinviene più, che dentro non si sta mica male, che ci sono persone buone e cattive come fuori, ma è tutto più facile.
Tu distratto che vai via, dopo essere arrivato per sbaglio in quel corridoio.
Lasciando una elemosina che sembra una mancia.
C’è anche il tuo amico di infanzia che è diventato povero.
Povero con un lavoro da 2000 Euro.
Povero per 1000 Euro di mutuo da pagare per la casa che è restata alla moglie e ai figlioli.
Povero per 500 Euro di alimenti e la metà delle spese sanitarie e di istruzione.
Povero che non ha i soldi per comprare le scarpe da scoglio ai bimbi.
Forse è questa la povertà che fa più male.