S-Velo
Il velo sa essere anche una coperta allegra.
Un modo di colorare lo sguardo.
L’evidenza di una seduzione timida.
Ma anche la sottolineatura di una tristezza stentata.
Di un corpo costretto.
Di un dovere imposto alla femminilità.
Dipende.
E’ libertà sensuale e costrizione sociale.
Un gioco ed una schiavitù.
Nè oriente, nè occidente.
Solo uno scialle.
Che segna un confine.
Fra laicità e religione.
Ma la laicità può imporsi alla religione?
Può impedire ad una donna velata di acquistare la cittadinanza perché non aderisce ai valori fondamentali della comunità statuale?
Può impedire ad una donna velata di entrare in una corte di giustizia?
Può fare tutto questo senza diventare una religione?
Senza comportarsi esattamente come la moschea che impedisce alle persone calzate di entrare o la chiesa che impedisce alle donne di entrare con la testa scoperta?
Vi è nel velo una tristezza ed una letizia profonda.
L’eco di sentimenti che lo Stato non può non rispettare.
Perché riguardano scelte individuali.
Perché non offendono nessuno.
Pare davvero molto scortese trattare il velo come una offesa al pubblico pudore.
Ironicamente scortese.
E perciò molto occidentale.