Di santa ragione
DI SANTA RAGIONE è il titolo del Manifesto di oggi.
Che plaude al presidente del pontificio consiglio dei migranti, mons. Antonio Maria Veglio ed al suo segretario, mons. Agostino Marchetto.
Quest’ultimo ha avuto modo di affermare che il peccato originale della legge sulla sicurezza è l’introduzione del reato di clandestinità: Se non sono d’accordo con noi, non sono d’accordo con l’insegnamento della Chiesa ed è un controsenso che si dicano cattolici se non accettano la dottrina sociale cattolica.
C’è da applaudire?
Forse no. La Chiesa ha ritenuto di prendere posizione su un affare politico ledendo il principio per cui lo Stato, inteso come Repubblica, e la Chiesa sono ciascuno nel proprio ordine indipendenti e sovrani.
Non diversamente dalle prese di posizione ecclesiastiche su aborto, eutanasia, trattamento di fine vita.
Dispiace leggere un plauso strumentale in un giornale che continua a professarsi comunista.
Non è inutile ricordare che fu Togliatti a definire – in Prima Sottocommissione – il testo dell’art. 7, Cost. e che (Atti Ass. Cost., Prima Sottocommissione, 18 dicembre 1946) questo articolo ha come proprio fondamento il principio per cui la Repubblica deve garantire a tutti il diritto di professare e praticare la propria religione e, per questo motivo, non può avere una religione.
Quanto un alto prelato chiede ai rappresentanti del corpo elettorale di seguire i dettami della dottrina sociale della Chiesa nella propria attività politica viola apertamente questo principio e la laicità non può essere invocata solo a favore del diritto all’aborto o ad una morte pietosa.
Riguarda anche le posizioni della Chiesa sui migranti.
Che possono essere discusse e condivise ma a condizione che si prescinda dalla loro sostanza religiosa.