Uno sciopero desueto: i giornalisti del Corriere dopo l’età del piombo
Ferruccio de Bortoli è una persona mite e ragionevole che ha scritto una lettera mite e non irragionevole ai suoi giornalisti.
Chiedendo una cosa forte: di rinunciare ad una serie di prerogative contrattuali e di accettare di vivere in un mondo nuovo in cui il senso dell'informazione è cambiato perché sono cambiati i media che veicolano l'informazione traguardandola verso l'opinione pubblica.
Pare una richiesta assolutamente normale e di ragionevole ovvietà: il contratto dei giornalisti è fermo all'età del piombo, è legato alla tecnologia di Quarto Potere e deve essere aggiornato ad uno scorrere delle notizie che viaggia sempre più sulla rete e che ha un prezzo marginale ben al di sotto della remunerazione dei giornalisti.
Il punto è esattamente questo.
Nel momento in cui la rete consente di prezzare un articolo pochi euro, è ancora possibile tenere fermi i privilegi salariali della categoria dei giornalisti professionisti?
E' economicamente sostenibile?
De Bortoli sostiene, senza dirlo esplicitamente nella sua lettera, di no.
Chiede di rinegoziare, di trovare delle soluzioni che consentano ai giornalisti di svolgere il proprio lavoro in un tessuto economico che non permette alla loro indipendenza di poggiare su desuete garanzie salariali.
Se oramai chiunque scrive in uno spazio aperto al pubblico, in fondo e nella sostanza, è un giornalista e può anche essere molto più bravo di tanti giornalisti professionisti, hanno ancora senso le garanzie di un ordine professionale arroccato in una giurisprudenza che assomiglia a Fort Alamo?
La società dell'informazione oggi è diventata liquida ed in una società liquida i giornalisti dell'età del piombo somigliano ad ancore. Ancore che rischiano di portare a fondo il proprio giornale.
In questa società, l'art. 21 della Costituzione impone di ripensare lo status di giornalista e di elaborare un corpo di principi che valgano per chiunque acceda all'opinione pubblica, senza pensare che un ordine professionale possa essere sufficiente ad assicurare la pluralità dell'informazione e, in fondo, il presupposto della democrazia nel sistema.
I giornalisti del Corriere dovrebbero cominciare a prendere atto che oggi fra Splinder ed il loro giornale non c'è troppa differenza e che se il loro giornale non raccoglie la sfida che Splinder e le altre piattaforme di "net talking" sta lanciando – magari più il vecchio Splinder che non quello di oggi – è destinato a morire per consunzione.
Esattamente come i partiti politici che non si accorgono della novità di un Renzi che sfrutta le tecnologie per parlare direttamente alla società o, in termini più pericolosi e sottili, di una America Talks che si immette ferocemente nella politica del partito repubblicano con lo slogan: Love your country but fear your government, let us take our nation back.
Il mondo cambia e i giornalisti del Corriere potrebbero ricordarsi che nessun uomo della pietra ha scioperato per tornare sugli alberi.