La Repubblica alla prova della sua prima crisi preparlamentare
Altrove (su jusbox.net) si è scritto sin troppo sulla prima crisi preparlamentare di governo della storia repubblicana.
Qui, si vuole sviluppare, sul piano politico e non istituzionale, uno degli aspetti del problema e più precisamente quello che riguarda l’elezione del Presidente del Senato.
Questo adempimento dovrà essere assolto il 15 marzo 2013.
Ai sensi, dell’art. 4 del regolamento del Senato: E’ eletto chi raggiunge la maggioranza assoluta dei voti dei componenti del Senato. Qualora non si raggiunga questa maggioranza neanche con un secondo scrutinio, si procede, nel giorno successivo, ad una terza votazione nella quale è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti dei presenti, computando tra i voti anche le schede bianche. Qualora nella terza votazione nessuno abbia riportato detta maggioranza, il Senato procede nello stesso giorno al ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto nel precedente scrutinio il maggior numero di voti e viene proclamato eletto quello che consegue la maggioranza, anche se relativa. A parità di voti è eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.
Ad oggi, secondo i dati del Ministero degli interni, si hanno 118 senatori della coalizione di centrodestra; 118 della coalizione di centrosinistra; 55 senatori per il movimento 5* e 20 per Monti, oltre alle formazioni minori che non occorre conteggiare. La maggioranza assoluta conta 160 senatori.
Né la coalizione di centrodestra né la coalizione di centrosinistra hanno la possibilità di raggiungere questa soglia.
Non solo. Dopo il secondo turno, vince chi prende la maggioranza assoluta dei voti dei presenti e dopo il terzo si procede a ballottaggio.
Se si ipotizza, come non è irragionevole, che Berlusconi raggiunga un accordo con Bersani, le due forze politiche possono facilmente eleggere questa carica.
Se l’accordo, come pure non è irragionevole ipotizzare, dovesse mancare, si aprono due strade alla coalizione di centrosinistra: (a) un accordo con Monti che consente una maggioranza in grado di vincere (perché il suo candidato otterrebbe più voti del candidato di Berlusconi), ma destinata a perdere nel caso in cui il movimento 5* trovi una convergenza con il centrodestra; (b) un accordo con il movimento 5* che blinderebbe il candidato della coalizione di centrosinistra e nel quale potrebbe, se del caso, essere eletto un grillino, dal momento che non è un grande sacrificio cedere quello che non si ha il diritto di ottenere.
Sembra essere questa la vera partita su cui si può iniziare a guardare per intravedere il futuro della XVII legislatura. Non è inutile osservare che un voto di questo genere assomiglia molto alla prova del voto sulla fiducia ad un eventuale nuovo governo, anche se questo è un voto segreto, mentre la fiducia è per appello nominale, il che potrebbe consentire al movimento di Grillo di operare con maggiore libertà nelle elezioni a Presidente del Senato che non nella votazione della fiducia.
E, si noti bene, non è una partita di programmi o di idee. E’ la solita partita di sedie, non molto diversa da quel gioco delle nostre nonne in cui quando smetteva la musica tutti si dovevano seduti e chi non ci riusciva era un salame….
Il problema adesso è che anche chi riesce a mettersi a sedere potrebbe fare la figura del salame e, in questi casi, è meglio passare al gioco della bottiglia.