La controdemocrazia al Senato
Il movimento 5 stelle apre a un governo tecnico.
In questi termini, la capogruppo nella dichiarazione di voto al Senato.
Propone: Zagrebelsky, Rodotà, Settis ma si dichiara disposta a valutare anche nomi.
Lo fa con voce rotta, emozionata, come di chi non è abituato a parlare in pubblico.
Di fatto, però, lo fa.
Ed è una novità nello scenario politico: la crisi del governo Letta potrebbe avviare l’ipotesi di un governo tecnicamente politico.
O, più precisamente, politicamente controdemocratico.
Dopo, Scavone, con involontaria autoironia, osserva che nel 1978 le grandi coalizioni si chiamavano – non senza angoscia – solidarietà nazionale.
La parola più pronunciata è vulnus. Sapranno cosa vuol dire?
Bondi ricorda il compromesso storico: per Letta, partecipazione significa estromettere il leader dei moderati italiani dalla vita politica ed è il mondo della cultura che pone il problema della sopravvivenza del governo come una questione di equilibrio fra i poteri dello Stato e di politicizzazione della magistratura.
Se come poeta è discutibile, come comico sta migrando nel vernacolare.
GAL (MPA e Grande Sud) voltano gabbana alle 1245 citando Tommaso Moro, un santo per attenuare il proprio tormento e la grande tristezza che li attaglierebbe…
Scherza con i fanti, ma lascia stare i santi, pare essere l’unico commento.
Invece la domanda è se questi novelli scilipoti potranno sanare la spaccatura del PdL.
Bitongi (Lega Nord), sul matrimonio omosessuale: la famiglia dell’art. 29, Cost., quella vera è quella di Barilla (dove c’è famiglia, c’è la pasta asciutta), non quella fra persone dello stesso genere.
Forse Barilla dovrebbe cambiare pubblicità e potrebbe essere di successo: gli spaghetti piacciono anche alla lobby omosessuale.