Il Mussolini di Cuperlo e il Guy Fawkes di D’Alema
La notizia appare consolidata.
Renzi ha ottenuto il 46.7% delle preferenze mentre l’ultimo segretario della FGCI il 38.4%.
Votavano gli iscritti.
Filano lisce due osservazioni.
La prima è che in una votazione per schede vince chi ottiene più voti, non chi ottiene la maggioranza dei voti.
La seconda, di carattere più propriamente politico, è che in questo caso si fronteggiavano due idee di partito profondamente diverse.
Da una parte, il partito degli iscritti, il partito di coloro che si riconoscono in un programma e lo vivono elaborandolo giorno per giorno, partecipando alla dialettica democratica, secondo lo schema costituzionale dell’art. 49, Cost.
Dall’altra parte, il partito di coloro che ritengono di partecipare attraverso un movimento di vasta scala, un movimento che ha molto poco a che fare con l’idea tradizionale del partito di massa e che preferisce un’elaborazione dell’indirizzo politico decentrata, per consensus, si potrebbe dire, in ogni caso e prima di tutto diversa dagli stanchi caminetti della politica di centro sinistra.
Sono idee inevitabilmente distanti.
Per Renzi, il partito non può essere una sede statica di costruzione del consenso.
Per Cuperlo, il consenso non può essere ricercato se non attraverso la forma partito.
Si deve osservare che l’idea di Cuperlo appare superata dalla realtà, in cui i partiti politici non sono più la base da cui parte l’indirizzo politico proiettandosi in Parlamento attraverso i gruppi parlamentari.
Il fenomeno cui stiamo assistendo per effetto della riforma del finanziamento dei partiti politici che passa attraverso i gruppi parlamentari per effetto della legge 96 del 2012 e della riforma dei regolamenti parlamentari, artt. 15 e 16 bis, r.S., 15 ter, r.C.
In questo schema, i partiti politici sono diventati la proiezione dei gruppi parlamentari, perché sono i gruppi parlamentari che ne condizionano l’esistenza guidando attraverso i propri bilanci il finanziamento della politica.
Nel modello di Cuperlo, il partito resta saldamente in mano del suo gruppo parlamentare.
Nel modello di Renzi, il partito riprende in mano il gruppo parlamentare e ne condiziona le scelte.
Di conseguenza, a voler essere onesti, appare più corretto sul piano costituzionale il modello di Renzi che non il modello di Cuperlo, perché rispecchia il principio di cui all’art. 82, Cost., per cui i gruppi parlamentari sono espressione del consenso elettorale e dal consenso elettorale devono essere guidati.
Stupisce, perciò, l’affermazione di Cuperlo per cui con Renzi torneremmo al ventennio fascista.
Non tanto perché è di cattivo gusto. Il cattivo gusto in materia elettorale è più che scontato.
Piuttosto perché rischia di suonare come una confessione di Arlecchino: chi è più vicino al modello della dittatura: il gruppo parlamentare che domina il partito o il partito che cerca di riprendere il possesso del gruppo parlamentare?
Su questo appare chiaro il responso del voto degli iscritti. Che esprime, al di là di ogni altra osservazione, il desiderio di partecipare direttamente alla vita politica del paese, al di fuori di una intermediazione che ha più il sapore di un esproprio che non di un’attività di sintesi politica intesa nel senso di Crisafulli, Mortati o Esposito.
E’ questo probabilmente il senso vero del voto di questa prima tornata di primarie.
Per il resto, se non basta il carisma di Renzi per poter dire che assomiglia a Mussolini, non sono i baffi che fanno diventare D’Alema Guy Fawkes.