La camicia di Berlinguer (note a margine delle elezioni di Livorno)
A Livorno, il M5S di Filippo Nogarin, ingegnere aerospaziale e cittadino di Castiglioncello, ha vinto le elezioni comunali.
La città, la città che conta, la città degli affari e dei traffici, è sgomenta.
L’altra città, la città che ha votato al ballottaggio, la città che ha vissuto questi anni di lenta trasformazione del PCI, che si è disaffezionata alle proprie bandiere, molto meno.
Ruggeri, il candidato sindaco del PD, ha, con coraggiosa onestà ammesso le proprie colpe, si è assunto l’intera responsabilità del fallimento del suo programma elettorale, un programma non privo di una certa novità e di un serio pragmatismo.
Eppure, la responsabilità non è di Ruggeri.
Di fatto, Ruggeri ha perso perché ha perso una continuità: la città lo ha avvertito come la garanzia che non sarebbe cambiato nulla e ha cercato di cambiare affidandosi a un ingegnere aerospaziale non particolarmente conosciuto nei circoli che contano, negli inner circles della vita politica livornese.
E’ qui la ragione della sconfitta di Ruggeri, il cui slogan “Punto a capo” non ha convinto perché contraddetto dalla sua storia personale di segretario del PD cittadino, di capogruppo consiliare del PD in Regione, di non Renziano imposto da Renzi nella incapacità del PD locale di selezionare un proprio candidato.
E’ qui, anche, la ragione della vittoria di Renzi, icasticamente segnata a Livorno dalla distanza fra il voto europeo, allineato con il resto del paese, e il voto locale. Renzi ha convinto che il PD può essere una cosa diversa da ciò che è stato sinora e che è possibile cambiare il paese, magari non nel senso delle sinistre storiche, ma nel senso che la sinistra può avere oggi, in una Thirty secs democracy.
Il tutto è una questione di camicie, evidenziata con involontaria e colorata ironia dal film documentario di Veltroni su Berlinguer.
Berlinguer indossava camicie bianche, prive di eleganza. Il suo nodo della cravatta non aveva niente di inglese né dell’eleganza inglese di un napoletano. E’ morto perché si è ostinato a procedere in un comizio probabilmente inutile. Circondato dal suo popolo. Anche quello per nulla elegante: facce di Scirea incorniciate da baffoni che odorano di anni settanta e puzzo di ascella mischiato a MS.
Chi parlava, nel film, di Berlinguer indossava camicie di buon taglio, cravatte annodate con cura, anche se allentate, sedeva su terrazze romane affacciate su un panorama eterno, sulle terrazze della Grande bellezza.
Vi è una enorme contraddizione fra la questione morale di Berlinguer, fra le diversità assiologiche del PCI di Berlinguer, ma anche di Occhetto e di Natta, e l’evoluzione degli amici di Berlinguer. L’uno sapeva parlare del popolo e sapeva parlare al popolo, quello che vota, non quello degli inner circles della vita politica. Gli altri hanno saputo parlare al popolo, hanno saputo conquistare i suoi voti e la sua fiducia, ma l’hanno utilizzato per penetrare le lobby e i circoli più esclusivi della città.
E’ qui la sconfitta del PD di Ruggeri, che non è la sconfitta del PD di Renzi.
Renzi indossa camicie di buon taglio e si sa annodare la cravatta. Ma non ha mai detto di non saper scegliere una camicia o di non sapersi annodare la cravatta. Renzi dice al popolo, quello che vota, che è possibile indossare una buona camicia senza tradirlo perché la sinistra è diventata una cosa diversa.
Ruggeri, invece, questo non lo ha saputo dire e ha lasciato, non Ruggeri, ma il PD di Berlinguer riletto da Veltroni con involontaria ironia e manifesta incapacità di leggere i segni del tempo, la città nelle mani di un movimento che potrebbe anche non saper raccogliere una sfida che deve avere il coraggio di interpretare il futuro, che potrebbe anche non essere consapevole delle difficoltà politiche dell’amministrazione e della difficoltà amministrativa della politica.