Fra Costituzione materiale e Costituzione formale: lo scarto pensionistico?
Tre ex presidenti della corte costituzionale sono attivamente in campo dalla parte del No.
Insieme a loro diversi giudici emeriti dell’unica corte sovrana conosciuta dal nostro ordinamento.
Non stupisce. Dispiace. Dispiace con una sensazione di tenerezza.
La Corte confessa il ruolo che è stata costretta a rivestire nella nostra forma di Stato. Un ruolo di supplenza del legislatore e perfino del legislatore costituzionale. Il ruolo di chi dovrebbe applicare la costituzione e si trova invece a doverne spesso correggere, con intelligente prudenza, il contenuto e orientarne le lacune.
La Corte ha conquistato un forte ruolo di supplenza e, forse, non lo vuole abbandonare.
Però, quando la costituzione scritta si allontana dalla costituzione materiale questo accade perché il giudice delle leggi ha smesso di interpretare ed ha iniziato a creare.
Ha smesso di essere la levatrice che aiuta la Costituzione nel difficile parto delle norme costituzionali e si è fatta la madre della costituzione materiale.
E’ un ruolo che la Corte ha dovuto svolgere, ma non sono le attribuzioni regolate dall’art. 134, Cost. e dall’art. 1, legge cost. 1/1953.
Si può capire che la Corte non voglia lasciare questo compito a un legislatore che rappresenti il popolo, è persino ragionevole.
Tuttavia uno dei significati della riforma della Costituzione è anche ridurre lo scarto fra Costituzione formale e Costituzione materiale.
Difendere lo scarto è difendere la rendita di posizione di chi opera in questo scarto.
Una posizione che non può essere condivisa.
Ma che può essere capita: quando si sta per andare in pensione, si è colpiti da una grande angoscia ed è umano cercare con tutte le forze di evitarlo.