La banda dei giusti
Il Senato e la Camera hanno un nuovo presidente.
I senatori hanno eletto Libero Grasso, con una maggioranza relativa superata a stento malgrado una elegante questione procedurale posta dal senatore Calderoli e che il presidente provvisorio Colombo ha saputo risolvere nel senso della infondatezza con una rapidità sorprendente per un signore che ha fatto parte dell’assemblea costituente.
I deputati hanno eletto Laura Boldrini, con una maggioranza che non ha avuto bisogno di appoggi esterni ma che è stata più volte fermata da applausi esterni (gli appassionati di applausometri hanno contato ventidue minuti di discorso e venti minuti di applausi).
Bersani si sente meno distante da Palazzo Chigi.
Non è così, ovviamente.
Grasso e Boldrini sono persone esterne al circuito democratico: l’una è stata eletta nelle liste di SEL, l’altro ha accettato la candidatura a senatore ponendo come pregiudiziale la propria indipendenza.
Gli applausi alla Boldrini dagli spalti stellati dei grillini e i voti a Grasso degli ignoti franchi tiratori significano semplicemente che il Capo dello Stato ha un solo metodo per risolvere la crisi ed è la ricerca di una persona estranea alla coalizione di centrosinistra intesa come PD ma a questa non sgradita e perciò in grado di coagulare intorno a sé un accordo di coalizione che questa volta – inteso come negozio giuridico – troverà la sua causa nell’art. 67, Cost. più di altre.
Resta un piccolo dubbio: è davvero corretto che un presidente di assemblea svolga il proprio discorso di insediamento, che assomiglia molto a una prolusione in campo accademico, in termini politici?
Di per sé, nella nostra tradizione, il presidente è uno speaker. Non dovrebbe manifestare opinioni politiche. In particolare, la delicatezza delle funzioni che svolte sia in punto di programmazione dei lavori dell’assemblea, particolarmente al Senato, ma anche in materia di interpretazione del regolamento (vedi la lezione di Colombo ai margini del brillante tentativo di Calderoli nell’ultima seduta di sabato scorso) non dovrebbe permettere ai presidenti di manifestare opinioni politiche in assemblea, dove sono chiamati ad un ruolo imparziale.
La Boldrini è stata molto politica e così, sia pure in termini diversi, Grasso.
Egualmente si potrebbe discutere se sia opportuno che due parlamentari di prima nomina siano nominati presidenti di assemblea.
Il primo aspetto, in fondo, si avvicina al secondo. E’ ovvio che se si è nominati presidenti alla prima legislatura certe convenzioni possono sfuggire. E la risposta al secondo non è complicata: già nel parlamento terremotato del 1994, fu una scompigliata Pivetti a conquistare la presidenza dell’assemblea e, in fondo, non si è comportata male…