Unioni civili e indirizzo politico di maggioranza
Il ministro Boschi, o forse il premier, o, secondo Costituzione, il Consiglio dei Ministri ha deciso di porre la questione di fiducia sull’approvazione del disegno di legge in materia di unioni civili.
La tesi politicamente corretta, la tesi di governo, è che questo disegno di legge rappresenta la risposta a due moniti della Corte costituzionale che ha segnalato l’inappropriatezza della tutela assicurata alle coppie formate da individui dello stesso sesso, che vi è una pressoché totale equiparazione nei diritti alle coppie formate da individui di sesso diverso, che questo disegno di legge rappresenta il migliore compromesso possibile per l’unica maggioranza di governo possibile.
Tutto vero, anzi assolutamente vero.
Ma residuano sul tavolo due interrogativi: se una maggioranza di governo è l’unica possibile significa che le scelte che questa maggioranza opera sono le uniche possibili o che, forse, se le uniche scelte che questa maggioranza riesce a compiere non sono accettabili, è arrivato il momento di chiudere una esperienza e di chiedere al corpo elettorale di tornare alle urne?
E siamo davvero sicuri che il governo sia il soggetto che legittimamente può decidere delle questioni di coscienza?
Forse fra indirizzo politico di maggioranza e scelte in materia di famiglia, o in materia di diritti individuali e libertà fondamentali, c’è tutto lo scarto segnato dall’ammissibilità del voto segreto e l’abbandono del voto segreto a favore del voto di fiducia sulle questioni etiche non è un bel passaggio nella storia di un paese.
Almeno di solito e non sempre la storia si ripete.