La fiducia di Gentiloni e la legge scout
La legge elettorale merita fiducia?
Gentiloni non è uno scout e la legge elettorale non merita fiducia.
Il primo articolo della legge scout suona più o meno come lo scout pone il suo onore nel meritare fiducia, nelle parole del fondatore – sir Baden Powell -, A scout is trustworthy.
La legge elettorale non meritava la questione di fiducia del governo che è legittima sul piano costituzionale e sul piano della tattica parlamentare ma che non appare opportuna sul piano politico e dell’onore del governo.
Sul piano costituzionale non è scritto in alcun luogo che le norme in materia elettorale non possano essere oggetto di una questione di fiducia e sul piano della tattica parlamentare è più che ragionevole che le ragioni del calendario e quelle della politica portino il governo a porre la questione di fiducia sulle norme in materia elettorale.
Non vi è nessuna rottura della legalità costituzionale e invocare i precedenti di Mussolini o di De Gasperi, ma anche di Berlusconi e Renzi ha poco senso.
Lo ricorda Giovanni Guzzetta sul Dubbio che sottolinea la struttura politica della legge elettorale e perciò definisce come fisiologica la questione di fiducia.
Lo penso anche io e, perciò, mi pongo qualche problema.
Piccoli problemi
Porre la questione di fiducia significa stabilire come conseguenza necessaria ed inevitabile del voto contrario del Parlamento le dimissioni del governo perché il governo chiede di meritare fiducia in quel voto.
Il governo merita fiducia, nel senso della legge scout, quando una proposta rispecchia i valori politici che intende proporre alla nazione come basi della convivenza.
La questione di fiducia, in altre parole, ha un valore tattico collegato alla vita parlamentare del governo e un valore strategico in cui il governo indica al paese i valori in base ai quali si considera meritevole di svolgere la propria funzione di guida dello Stato.
Sul primo piano, non c’è davvero niente da dire.
Sul secondo piano, forse, qualcosa da dire c’è: il governo ha posto la questione di fiducia su di una legge elettorale che ha come effetto principale quello di rendere inevitabili accordi di coalizione e maggioranze deboli.
Una legge che fa tornare indietro nel tempo e che sembra appartenere al patrimonio genetico del presidente del consiglio.
Però le leggi non sono macchine del tempo e non acquistano questa efficacia nemmeno grazie a una questione di fiducia.