Vecchi rapaci
Ma il più bello di tutti è il professore che indossa un papillon rosso ricordo di antiche arroganze ma anche come se il badante nell’annodarlo avesse voluto invitare alla cautela, avesse voluto avvertire che da quel vecchio ci si può aspettare di tutto.
Il papillon e il suo vecchio arrivano quando i primi posti delle prime file sono occupati e l’anziano si appoggia alla parete fissando chi è seduto per spingerlo ad alzarsi con la forza del pensiero.
Il modello più che collaudato della vecchia sul tramvai e del sabato in pizzeria.
Chi è seduto non prova nessuna commozione per il papillon che ha conosciuto prima che il badante iniziasse a prendersi cura del venerando collo. Né per lo sguardo che le cispe non hanno reso più simpatico.
Resta seduto.
Si alza solo un secondo, un attimo appena. Per far passare la sua compagna di fila che vuol prendere la parola.
Il papillonato ha un balzo di rapace e si butta nel posto che il poverino aveva lasciato, come fosse il gioco delle seggiole in una balera degli anni cinquanta o quello delle carrozzine in un ospizio.
Il ragazzo lo guarda ma il vecchio ha di nuovo indossato le sue cispe e solo il sorriso per un attimo torna a spendere dell’antica ferocia.
Chi nasce rapace, resta bestia anche con il catetere.