Sono Iacopo e vorrei parlare con Davide
Sono Iacopo e vorrei parlare con Davide potrebbe essere stato il modo con cui Iacoboni avrebbe potuto evitare le polemiche che invece si sono scatenate quando il giornalista – non accreditato – non è stato ammesso a partecipare ai lavori del convegno organizzato da Casaleggio per discutere di politica con un respiro più ampio rispetto agli eventi di questi giorni.
Non lo ha fatto e non è stato ammesso a partecipare ai lavori: chi chiede di essere ammesso in un luogo privato aperto al pubblico deve dimostrare di essere in possesso del titolo di ammissione.
Detto così sarebbe molto semplice.
In realtà, però, dietro all’esclusione di Iacoboni dai lavori di un convegno in cui un soggetto pubblico, anche se non esplicitamente politico, si preoccupa dei valori che devono essere perseguiti per costruire un futuro condiviso, è di per sé preoccupante perché nasconde il desiderio di scegliere chi ci racconta.
Scegliere chi ci racconta, però, non parla di un free market of ideas, secondo la felice espressione di John Stuart Mill, ma ricorda piuttosto il meraviglioso Aspettando il voto delle bestie selvagge di Kourouma.
Detto così è un po’ più complicato ma ancora abbastanza semplice.
In verità, tuttavia, i giornalisti non sempre rispettano la verità e qualche volta nemmeno la verosimiglianza. Non è sempre facile ottenere la pubblicazione di una notizia o l’ascolto dei lettori. Nemmeno è facile che quello che si vorrebbe dire sia tradotto in maniera imparziale.
Il ruolo del giornalista dovrebbe essere la mediazione fra la complessità di un racconto e l’interesse dell’opinione pubblica a farsi un’idea, talvolta però la nobiltà di questo compito degrada verso il mestiere del promotore di un determinato interesse o di una determinata visione della realtà.
Detto così è definitivamente complicato, un rebus irrisolvibile se non si tiene conto che chi sta raccontando al paese una visione del mondo per ottenerne il consenso, non può negare a nessuno di dire la sua su questa visione del mondo. Ma anche che i giornalisti appartengono a un albo e sarebbe molto bello se questo albo si facesse effettivamente carico del decoro della professione.
Gli albi, però, sono troppo spesso alibi.