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Author Archive for: profstanco

Livorno

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/10/2007

E’ una città molto più bella di quello che può sembrare ad una macchina in fila alla stazione marittima.
Livorno è una città notturna.
La città in cui Luchino Visconti ha ambientato le notti bianche di Fyodor Dostoyevsky.
Ma non sembra questo.
E’ la città in cui se ti fermi dal giornalaio, la vigilia di Natale, e chiedi: "il corriere della sera e il sole 24 ore", quello ti guarda male, finché non aggiungi, finché non ti senti in dovere di aggiungere: "e mi dà anche liberazione ed il manifesto".
Allora, ti sorride, sgangherato, e dice "buon natale, compagno".
Livorno è una città in cui è impossibile invecchiare.
Fino a quarantanni, sei un "bimbo", poi diventi un "giovane", e solo quando sei davvero vecchio ti senti chiamare come "quello lì", "vello lì", direbbe un livornese.
La_Gorgona Soprattutto, però, Livorno ha una luce meravigliosa.
E’ vicina a Marsiglia, la luce di Livorno, una luce letteraria, che sa di pittura.
La luce della tramontana di inverno.
Secca e pulita.
Si, Livorno è una città bianca, molto più vicina a Marsiglia che a Firenze.

Lazzaro

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/10/2007

Via dei Servi congiunge il Duomo a piazza SS. Annunziata.
È stata a lungo fiumiciattolo, credo fosse il Mugnone, ed alimentava il fossato che circondava la prima cerchia muraria.
Oggi è una strada che si affaccia sulla Cupola del Duomo, che attraverso di lei riesce a guardare Fiesole, e sulla meravigliosa razionalità dello Spedale degli Innocenti, dove la pietà educava gli orfani al bello prima di restituirli alla strada.
La Rotonda è a pochi passi dall’incrocio di via dei Servi con via Alfani.
Come dire: tre delle opere più significative del rinascimento e del suo architetto sono intorno a questa strada.
Che si apre da nord a sud e guarda la Rotonda ad est.
Via dei Servi si chiama così perché era la strada che percorrevano i Servi di Maria, monaci agostiniani, a lungo maltollerati dalla città, Firenze è sempre stata abbastanza allergica ai santi, quando tornavano a Monte Senario, nel loro eremo, sulla via che porta a Faenza.
Talvolta, al mattino presto, è ancora possibile vedere il saio nero di qualche monaco che si sposta fra la Basilica ed il Duomo.
Vi è in via dei Servi una certa poesia, fatta di case ottocentesche, ragionevolmente dignitose, di qualche esercizio storico, come quello in cui da oltre centocinquant’anni si fanno e si vendono spazzole e dove si può ancora trovare la crema da barba “sciolta”, ovvero da acquistare a peso.
Per motivi stravaganti, che non è facile indagare, forse per caso, via dei Servi è diventata la casa di Lazzaro. Lazzaro è un barbone che trascorre le sue giornate accucciato su una sedia a rotelle, dove il marciapiede si slarga per fare spazio al Provveditorato regionale per le opere pubbliche, con accanto, per terra, un cartoccio di vino o una birra da muratore. Sudicio di quello sporco che una strada ti incolla addosso, quando sei diventato una parte del marciapiede. Soprattutto, però, Lazzaro non è completamente fedele alla sua sedia a rotelle. La usa. Ci si muove. Ma spesso si alza. Per lavarsi, andare a comprare le sigarette, il vino, la birra, qualcosa da mangiare – penso, ma non l’ho mai visto mangiare. La sedia a rotelle di Lazzaro è una sorta di poltrona con le ruote. Un residuo di casa che si porta dietro, come altri si portano dietro coperte e scatoloni, valigie e zaini, carrelli della spesa e dell’aereoporto.
Lazzaro fa gente.
Intorno a lui ci sono sempre altri barboni e lui si alza, offre la seduta della sedia a rotelle, la presta a chi vuole andare a chiedere l’elemosina, quando non ne ha voglia. Credo che il canone sia mite ed in ogni caso ho visto almeno tre diversi barboni chiedere l’elemosina con la sedia a rotelle di Lazzaro.
Lazzaro ha un nemico: lo spazzino che ogni mattina, fra le sette e le otto, lava le strade. È un tipo lombrosiano, la barba malfatta, ispida, sul genere Gambadilegno, gli occhiali spessi, tenuti insieme con lo scotch, una ms in bocca. Lo spazzino ha una piccola autobotte: un ape travestito da autobotte. Dietro, c’è un rullo con una quarantina di metri di tubo di gomma, che finisce in una pompa a pressione. Lo spazzino impugna la pompa a pressione come se fosse un supereroe. Ferma sempre l’ape abbastanza lontano da Lazzaro e si avvicina circospetto. Se Lazzaro dorme, lo spazzino, quando arriva a cinque o sei metri, apre la pompa al massimo getto, lo schizza di acqua e lisoformio (quel lisoformio grezzo che ammorba i gabinetti dei treni) e gli urla “alzati, sudicio, che cammini”. Lazzaro si scuote il vino dalle palpebre, si alza, cerca di salvare le sue cose dall’acqua. In silenzio.
Un silenzio pieno di dignità.

Il parlare dei bimbi

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/10/2007

E’ un frinire allegro e quieto il parlare dei bambini
Il loro posarsi sulle cose
Accarezzandole con la freschezza della scoperta
Come una bimba cui la madre dice:
"Lo sai che domani compi due anni e mezzo?"
E risponde
"Di già?"

Chi li ha sciolti? (Big Jim)

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/10/2007

Il mondo è pieno di Big Jim
Non solo dei bambolotti anni settanta
Feticci machi di un’America che stava scoprendo la sconfitta in Vietnam o di un mondo che la rivoluzione iraniana non aveva ancora portato a rileggere Sykes
Quelli si trovano nelle discariche
O nei negozi di giocattoli
Nella parte polverosa dedicata ai regali per i bimbi di cui non ci importa niente
Il mondo è pieno di idioti travestiti da Big Jim
Pettorali gonfi
Quadricipiti strutturati
La schiena inguantata da una canottiera
Anche di gennaio
Come tassisti di Liverpool
I capelli scolpiti da un qualche prodotto Loreal
Le gambe depilate come ciclisti o nuotatori
E la faccia normalmente idiota
Assolutamente idiota.

Ancora il trans di piazza Savonarola

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/10/2007

Un pomeriggio.
Una bimba, la classica bimba da piazza Savonarola: bionda, carinissima, perfetta nel suo essere smorfiosa.
Una donna, per nulla la classica signora di piazza Savonarola: bionda di un colore maltinto, i capelli radi e fini,  gli abiti che sanno di miseria, nemmeno troppo dignitosa.
La bimba chiede qualcosa alla madre, che invece è la perfetta signora di piazza Savonarola: bella, come se fosse appena uscita dal parrucchiere, le mani affusolate, elegantemente informale.
La bimba ha un vocione di baritono.
La donna, quella brutta, dice della bambina: "caspita, che voce. Sembra un travestito".
Non vede Meri, il trans, dietro di lei, dietro di loro, a pochi passi.
Ne sente la presenza e dice: "Scusa".
Meri sorride, velenosa: "Di nulla, io sono una donna".
Ostenta il bacino, chirurigicamente perfetto, le mani sui fianchi, a mostrare la sua magrezza, lo spinge in avanti, come in un passo di una danza ad evidenziare l’esito della rettifica. E continua:
"Eppoi, mica tutte si possono mettere dei jeans come questi". Perfida.

Chi li ha sciolti? (secondo)

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/10/2007

Chi è che stamattina ha sciolto:
–   la tipa in carne con minigonna nera aderente, gambe modello colonna dorica, e collant rosa shocking;
–   il tipo con gli occhiali spessi che fruga fra i pornazzi del giornalaio alle nove del mattino;
–   il conducente del treno che ha deciso di partire con cinque minuti di anticipo e mi ha lasciato a piedi;
–   l’orologiaio che mi ha restituito un orologio che perde cinque minuti al giorno;
–   mio fratello che si è infilato un abito di sartoria, una camicia con le cifre ed i gemelli, ma la tiene aperta su una maglietta che ha almeno cinque giorni (a giudicare dal collo laido);
–   la strafica che porta a spasso il barboncino, rimane incastrata con un tacco a spillo nel selciato sconnesso, e tira un moccolo;
–   il cameriere che allucchetta sempre la sua bicicletta, bloccando la mia?
Ecco, anche stamani, se chi ha sciolto questa pepiniera di imbecilli, li riportasse a casa, forse non sarebbe un grave problema per l’umanità

Mancie

9 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/10/2007

Poco più che ragazzo, fui spedito a Milano.
Dovevo portare qualcosa a qualcuno in prima mattinata.
E mi  fu fissato un albergo.
Un albergo di lusso.
Di quelli con l’omino vestito da generale che apre la porta.
Dopo essermi registrato, il facchino mi prese la valigia.
Provai un sincero imbarazzo e passai tutto il tempo fra il bancone della reception e la mia camera a chiedermi cosa dovevo fare.
Il facchino mi aprì la camera, mi spiegò le solite cose: gli interruttori, la televisione e tutto il resto.
Poi fece per andare via.
Io feci per prendere il portafoglio.
Lui mi guardò e disse: "No, la prego: è il mio mestiere".
Ed ancora oggi arrossisco e non sono capace di dare una mancia.
Nemmeno i venti centesimi del piattino di un bar napoletano.

Come zingari al chiosco degli sportivi

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/10/2007

Se sei uno zingaro ed entri al chiosco degli sportivi, passi davanti a tutti.
Il muro di clienti che folleggia davanti al bancone si apre.
Il barista ti prepara subito il caffé.
Il proprietario urla di servirti subito perché hai da fare cose urgenti.
E tu ti comporti in maniera antipatica.
Ostenti la sporcizia colorata della tua gonna.
Mostri i denti d’oro in una risata sguaiata.
Urli nella tua lingua gutturale.
Bevi rumorosamente.
E reciti la parte della signora con l’euro di mancia che lasci nel piattino.
Quell’euro che io, che vengo sempre salutato con un bel coretto di "buongiorno, professore", non ho mai lasciato.

La maestrina di tennis

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/10/2007

Ad una certa età, ci si deve accontentare di giocare con la maestra.
E’ più facile.
E più comodo: lei può quando tu puoi e ti tira le palle in modo da farti sentire un campione.
La mia maestrina di tennis si atteggia a perfetta dama.
Si veste da gran fica del tennis.
Gioca come se fosse ad una sfilata della linea erotica della Babolat.
E non ha mai capito che le sue coscie sono tre volte quelle di un ciclista.
La maestrina di tennis è in perenne crisi sentimentale.
Ed ha delle idee geniali per rimediarle: il mio ragazzo ed io non riusciamo più a parlarci, non c’è più intesa. Abbiamo pensato di andare a Gardaland.
Oppure: è il suo compleanno, non so cosa regargli per fargli capire che lo amo, pensi che vada bene un manuale dal titolo "Come smettere di farsi le seghe mentali"?
La caratteristica essenziale della maestrina è che quando viene lasciata – perché la maestrina viene sempre  lasciata – inizia a dimagrire e nell’arco di tre settimane perde almeno dieci chili, rischiando l’inedia.
In questi casi, giocare con la maestrina diventa imbarazzante.
Tipicamente la maestrina ha il vizio di svenire a metà di un set.
La prima volta mi sono preoccupato molto.
Ho chiamato di corsa il custode.
Che è arrivato, ha svuotato per terra il cestino dello sporco, lo ha riempito dell’acqua che usa per bagnare i campi e glielo ha rovesciato sul viso.
Uno schifo tremendo.
La maestrina si è vista scaricare addosso la risciacquatura di mesi di sporcizia, comprese le cicche che erano rimaste appese al fondo del cestino.
Ma si è alzata, con la sua solita aria da gran fica, ed ha ricominciato a giocare.

 

Morfologia del racconto erotico

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
10/10/2007

Vladimir Propp ha scritto la morfologia della fiaba (Leningrado, 1928: vi è un che di eroico in questo mite studioso del folclore che mentre la rivoluzione di ottobre prende i toni descritti da Pasternak si occupa di classificare le fiabe raccolte da Afanasev).
In questo libro, Propp individua 31 funzioni costanti, affermando che tutte le fiabe hanno la medesima struttura.
La morfologia della fiaba è stata sfruttata da Rodari nella sua grammatica della fantasia (Torino, 1974) dove si suggerisce che prendendo le 31 funzioni di Propp, mischiandole come se fossero carte da gioco, scambiandosele, affidando a ciascun giocatore il ruolo di autore del frammento narrativo rappresentato nella carta che gli è stata assegnata, è possibile inventare fiabe quasi dal nulla.
Naturalmente, l’eterogenesi dei fini operata da Rodari non tiene conto delle intenzioni di Propp che voleva analizzare il discorso fiabesco come forma immutabile di un percorso pedagogico, che termina immancabilmente con le nozze dell’eroe.
La meccanica di Propp mi ha sempre angosciato.
Le fiabe in questo modo diventano una sorta di catena di montaggio.
O meglio il processo di elaborazione di una fiaba, nel tempo, nell’accompagnare verso il sonno migliaia di milioni di bambini, rammentando la voce di un nonno o di una mamma o di un babbo, diventa il frutto di un processo standardizzato molto fordista, se così si può dire.
Vi è tuttavia un tipo di racconto che ha una struttura pressocché meccanica.
E’ il racconto erotico.
Non il racconto erotico di Anais Nin o di Marguerite Duras, ma quel racconto banalmente erotico che potrebbe essere pubblicato da Liala, o da Pizzo Nero, per essere maggiormente in tema: il racconto quotidianamente erotico che potrebbe leggere un commesso viaggiatore d’altri tempi in treno.
Ora se si mischiano le  funzioni di Propp con la morfologia del racconto erotico si potrebbe avere:
(i)    Allontanamento → il tipo esce di casa
(ii)    Divieto → dice alla moglie “mi raccomando non aprire a nessuno”
(iii)    Infrazione → la moglie apre al postino
(iv)    Investigazione → la moglie guarda la turgida patta del postino
(v)    Delazione → la vicina guarda dal buco della serratura e chiama il tipo
(vi)    Tranello → il tipo si era nascosto nel sottoscala
(vii)    Connivenza → il tipo guarda la moglie che si fa governare dal postino
(viii)    Danneggiamento (o mancanza) → il postino ha una defaillance
(ix)    Mediazione → la vicina cerca di svegliare la defaillance
(x)    Consenso dell’eroe → il tipo condivide la scelta della vicina e la titilla tutta
(xi)    Partenza dell’eroe → il tipo si è scocciato e va via
(xii)    L’eroe messo alla prova dal donatore → un vecchio laido incontra il tipo che si aggira in un notturno da Blade Runner e lo porta in un postribolo
(xiii)    Reazione dell’eroe → il tipo inizia a trafficare con le ospiti del postribolo
(xiv)    Fornitura del mezzo magico → il vecchio laido fornisce al tipo dei giocattoli sado maso
(xv)    Trasferimento dell’eroe → il tipo lascia il postribolo e sale in macchina
(xvi)    Lotta tra eroe e antagonista → torna a casa e trova la moglie con il postino e la vicina, il tipo ed il postino garaggiano in chi governa meglio il partner
(xvii)    L’eroe marchiato → il postino sbaglia mira e viene sul tipo
(xviii)    Vittoria sull’antagonista → il tipo è talmente efficace sulla vicina che la moglie se lo riprende
(xix)    Rimozione della sciagura o mancanza iniziale → il postino viene messo alla porta
(xx)    Ritorno dell’eroe → il tipo e la moglie restano soli, come all’inizio della storia
(xxi)    Sua persecuzione → il postino torna con i suoi amici e porta via il tipo
(xxii)    L’eroe si salva → il tipo riesce a liberarsi dalla orrenda cantina dove è stato rinchiuso e nella quale un sacco di signori si governano a vicenda
(xxiii)    L’eroe arriva in incognito a casa → il tipo torna a casa travestito da commesso viaggiatore
(xxiv)    Pretese del falso eroe → il postino cerca di metterlo alla porta
(xxv)    All’eroe è imposto un compito difficile → deve vendere delle spazzole al postino
(xxvi)    Esecuzione del compito → si fa aiutare dalla vicina per mostrare come possono essere usate le spazzole che ha nella borsa
(xxvii)    Riconoscimento dell’eroe → al tipo scappa il pisellotto fuori dalle mutande e la moglie lo riconosce dal tatuaggio con il suo nome che circonda il prepuzio
(xxviii)    Smascheramento del falso eroe o dell’antagonista → la moglie lava il pisello del postino e il tatuaggio con il suo nome si scolorisce: il bieco postino lo aveva fatto con una bic
(xxix)    Trasfigurazione dell’eroe → il tipo ha una erezione fantasmagorica da cui si vede che il punto dopo il nome era la scritta “Ti amo”
(xxx)    Punizione dell’antagonista → il postino viene spedito fuori di casa a calci nel culo e con il pisello penzoloni
(xxxi)    Nozze dell’eroe → il tipo si rigoverna la moglie con rinnovato vigore.
Ma naturalmente le varianti sono infinite, anche se la vera sostanza del racconto meccanicamente erotico è la descrizione pressocché immutabile del congiungersi dei corpi.
E questa sostanza meccanica rimane sempre più o meno il solito, banale, ripetersi di un membro che penetra, una lingua che titilla, un fiotto che si scarica.

 

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