21/09/2007
Quando mia nonna è nata, a Firenze non c’erano né la luce elettrica né il gas.
E’ nata in pieno centro storico, in quelle strade che hanno conosciuto la penna di Pratolini e di Palazzeschi.
Accanto a lei viveva Tanfucio Neri e ricordava il calore fumoso della sua voce.
Quando il mio bisnonno morì, erano talmente poveri che lo portarono al campo santo su una seggiola.
Il bisnonno, fra l’altro, non era il suo babbo, ma il signore che aveva accolto sua madre dopo che era stata cacciata di casa dalla suocera, per ragioni che – immagino per ragioni estetiche – non sono mai state esattamente illustrate ai nipoti.
Era una meravigliosa famiglia di anarchici.
Vecchio stampo.
Pare che il bisnonno si fosse innamorato di Bakunin da giovane, quando l’angelo nero si fermò a Firenze e fece il giro di tutte le famiglie che potevano soddisfare – gratis ma non amore dei – la sua notevole fame e la sua straordinaria sete.
Alla mia nonna, qualcuno, si dice un parente di campagna, ma non si è mai capito quale, regalò un meraviglioso cucciolo.
Uno splendido bastardino.
Intelligentissimo.
La nonna lo chiamò Gesù.
E gli insegnò a rincorrere i preti.
Si è sempre raccontato di questi poveri preti che passavano da via Pietrapiana.
Del grido dei ragazzi: "Gesù, Gesù, dagli ai preti".
Il cane naturalmente rincorreva il povero prete.
Che, altrettanto naturalmente, scappava.
Finché un anziano prelato non fu morso.
Con più forza degli altri.
O forse, colpito nella sua dignità – pare che Gesù lo avesse addentato nel culo -, prese il morso con meno carità cristiana.
Di fatto, accadde che il prelato si rivolse ai carabinieri, i carabinieri portarono la nonna dal giudice, il giudice stabilì che la nonna doveva essere educata nel pio istituto per le fanciulle pericolanti.
Arrivata a questo punto, la nonna, che finora aveva riso nel ricordare il suo cagnolino, diventava triste.
Ricordava la mattina nella quale il cancello del collegio si era chiuso davanti alla sua mamma e le suore avevano tagliato le sue treccie bionde.