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Chi li ha sciolti? (Confidenze pericolose)

10 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/03/2009

BenvenutiInCasaGoriCena.
Amici di lunga data.
Senza donne.
Conversazione che scivola.
Inesorabilmente.
Verso confidenze pericolose.
Tizio.
Sempre stato strano, tizio.
Confida di avere una amante.
Niente di particolarmente strano.
Confida che la sua amante lo eccita tremendamente.
Ancora meno strano.
Spiega come fa la sua amante a eccitarlo.
Lo porta nel magazzino di un hard discount.
Lei scende dalla macchina.
Lui, no.
Dal magazzino, escono due commessi.
Nerboruti.
Un’aria non particolarmente intellettuale.
I due commessi governano l’amante in ogni dove consentito dalla cinetica dei corpi e dagli scatoloni del cortile.
Lui, in macchina, aspetta che abbiano finito.
Quando hanno finito lei risale in macchina.
Lui è arrabbiato nero.
La mena.
Come un maglio.
La mena e la governa a sua volta.
Conclude: Voi non avete idea di quanta adrenalina … Non potete immaginare …
No.
Non possiamo immaginare.
Ci possiamo solo chiedere, ma nessuno ha il coraggio di esprimere il pensiero a voce alta, di come abbiano fatto a trovare i due commessi dell’hard discount.
E se lo fa solo con l’amante o anche con la moglie.
Ma anche questo nessuno ha avuto il coraggio di chiederlo.
Solo risate e sorrisi.
In un apice che torna indietro.
Stanco.
Annoiato.
Schifato.
Anche stasera, restare a casa non sarebbe stata una cattiva idea.

Chi li ha sciolti? (Montessori)

11 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
17/02/2009

MontessoriCon tutto l’amore che uno può provare per i propri figli e per la Montessori, ci sono delle cose che non si riescono a subire pensando alla scoperta del fanciullo o al fanciullo di oggi come padre dell’adulto di domani.
Una giornata può essere dedicata allo studio di una serie di articoli astrusi che si fissano con golosità da un certo numero di giorni ed essere interrotta dalla notizia che Bimba Impertinente ha mal di stomaco e vomita come la fontana di Toyo Ito prima che crollasse.
Non importa.
Si pedala a recuperare B.I. che è ipernevrotica – B.I. odia il vomito.
La si convince a indossare il paltò e la sciarpa, anche se non sono dei colori che lei vorrebbe – B.I. è ipercritica sugli abiti.
La si carica sulla bicicletta e si comincia a pedalare raccontando la fiaba del bambino blu e del bambino con la testa a punta – B.I. vuole sentirsi raccontare una fiaba mentre osserva il padre che pesta come un negro su un risho: lo fa con consapevole malignità, chiedendo ogni tanto Ma babbo che ci hai l’asma?
Poi, se B.I. decide di vomitare – e se B.I. decide di vomitare, vomita come il vulcano Krakatoa -, senza spostare la testa, esattamente contro la schiena del padre, uno a quel punto smette di pensare alla Montessori. Anzi, ci pensa e la manda a cagare.
Inchioda la bicicletta e assesta due bei manrovesci alla rampolla.
–> Prima di rigettare, ci si gira, sottospecie di demente imberbe…

Guelfo non sono, né ghibellin mi appello

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
27/01/2009

MicheleVenturaChi mi dà da mangiare: tengo da quello.
E’ un antico proverbio fiorentino.
Mostra lo spirito di autentica passione politica che anima la città.
Vo da chi mi fa mangiare.
Spiega anche le primarie di coalizione del partito democratico e l’afasia sindacale del partito delle libertà.
L’apparizione di Michele Ventura come candidato sindaco può essere apparsa incomprensibile.
Un funzionario di antica militanza nel P.C.I., stretto collaboratore di Gabbugiani, vicensindaco con Bogianckino, uno dei quarantenni che sembravano possedere la federazione nei primi anni novanta.
Insieme a Cioni, la Lastri, Riccardo Conti, Amos Cecchi, Catia Franci, Stefano Bassi, Giovanni Bellini.
Furono affossati da Ochetto sulla vicenda di Castello.
Avevano investito sulla realizzazione della variante Fiat Fondiaria, spiegando che quella colata di cemento, in realtà, avrebbe liberato Firenze dal traffico, creando una città nuova, moderna, capace di resistere alle sfide del futuro e preservando la città antica per le nuove generazioni, sottraendola ad uno stress che l’avrebbe demolita.
All’epoca, fu Domenici il Khomeinista che calò a Roma e convinse Ochetto a intimare la fine della operazione.
Fu una operazione quasi stalinista.
Ventura e gli altri obbedirono e si dimisero più o meno tutti dalle cariche che occupavano.
Domenici iniziò una scalata che lo ha portato a essere sindaco in questi anni.
Adesso Ventura viene riproposto.
Una giunta cade su Castello affogata da interessi economici e stravaganti connivenze telefoniche ed il massimo sponsor di Castello diventa il più probabile candidato delle primarie.
Qualcosa non torna.
Ventura non è un uomo nuovo.
E’ un uomo che più di altri può garantire una continuità.
Quella stessa continuità che pare far comodo ai comitati di affari che si riuniscono nel centro destra.
Per questo, forse, un centro destra che potrebbe vincere le elezioni cittadine non esprime un vero candidato.
Gli fa molto più comodo che sia il centro sinistra a fare il lavoro sporco.
Nella logica del proverbio che si è richiamato sopra.
Va bene chiunque, purché continui a farci mangiare.

Chi li ha sciolti? (Il brigadiere Manetta)

6 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/01/2009

CarabinieriIl brigadiere Manetta vive dietro a una scrivania in una caserma di mezzo centro.
Dimostra il suo coraggio con i ritagli di giornale che appiccica sul muro: Il brigadiere Manetta ha arrestato due rom; Terrore a ___: una banda di ragazzini taglieggia i compagni; I carabinieri di ___ hanno interrotto lo spaccio nei giardinetti, etc.
Sulla scrivania ospita il busto di un primo ministro e segretario di Stato con la mascella prominente: la mascella più prominente che abbia mai arringato gli itagliani.
Il brigadiere Manetta trascorre gli ultimi anni del suo ufficio a evitare problemi e pericoli.
Così, se una sera, nemmeno troppo tardi, due solerti cittadini bussano al suo citofono segnalando che ci sono due signori che stanno cercando di aprire le macchine a pochi metri dalla caserma del brigadiere Manetta, questi prende tempo e invita i cittadini a chiamare il 112.
Se i due insistono, il brigadiere Manetta inciampa nei ritagli di italiano che la frequentazione della scuola sottufficiali ha tentato di conculcargli vent’anni prima, gridando che non ha la macchina e perciò non si può spostare. Chiamerà lui il 112. Però i cittadini nel frattempo dovrebbero raggiungere i malfattori e trattenerli sino all’arrivo della pattuglia, che non tarderà…

Gravatta e gravatte (Corsi e ricorsi, lontani da Vico)

10 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
16/01/2009

GravatteLa cravatta racconta molto di chi la indossa.
Le cravatte possono essere sobrie o estrose.
Ogni cravatta, inoltre, ha il suo nodo.
Lo stesso nodo su tutte le cravatte assomiglia a una bestemmia.
Un po’ come usare la stessa cravatta su tutti i vestiti o non lasciare una piega nel nodo, in modo da fingere distrazione.
Non è così per tutti.
Taluni usano la stessa cravatta per ogni circostanza.
Con lo stesso nodo.
Ci dormono o la lasciano riposare annodata ad una sedia.
Sono barbari.
Soprattutto se la cravatta comincia a mostrare i segni della consunzione.
Quel segnarsi di corda e sughi che appare sul nodo e che è, per una cravatta, l’equivalente di una malattia vergognosamente venerea.
Se si aggiungono i pantaloni di flanellina con le borse ai ginocchi, la camicia con le punte annientate da troppi passaggi del ferro da stiro, le scarpe deformate, la giacchettina blu con i gomiti lucidi e i bottoni d’oro, ci si può spaventare.
Una persona vestita così che bussa alla porta, lo fa per chiedere qualcosa.
Soprattutto quando la si conosce bene e ci si ricorda che i suoi tempi migliori sono stati sorretti da una cintura psichedelica e da una maglietta nera, immutabile come la cravatta.
Lo si riceve prendendo appunti e accompagnandolo alla porta si sorride gettando il foglio su cui si è scritto.
Un modo come altri per evitare di rivederlo.
Senza nessuna certezza, però e purtroppo.

De Andrè ha rotto i coglioni

20 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/01/2009

DeAndrèPovero De Andrè.
Passa le sue giornate a essere citato, ricordato, in una ammuina di parole che sembrano paolotti.
Uno guarda il nodo della cravatta di Fazio e pensa a De Andrè che canta, la bottiglia di whisky appoggiata accanto alla sedia, le MS blu che si consumano una di seguito all’altra, la voce che dice Vorrei essere altrove ma mi tocca cantare, perché so farlo e loro lo sanno.
Uno guarda la Dori Ghezzi e pensa al digraziato che ha passato venticinque anni a cantare Amico fragile beccandosi Un corpo e un’anima.
Fa un po’ rabbia, pena, schifo e malinconia questo girare di avvoltoi su De Andrè: le sue parole cantate da Pilù, la Pivano in carrozzella, i suoi libri aperti come signorine su una rivista per soli uomini.
Eppure fa pensare.
Ognuno consegna il proprio ricordo alla pietà degli altri.
Nessuno può decidere il destino della propria memoria.
E se finisce con un flauto spezzato, tanti ricordi e nemmeno un rimpianto, finisce anche che non te ne frega nulla dello speciale di Che tempo che fa a dieci anni dalla tua morte.

Chi li ha sciolti? (Poeti e poetesse)

12 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
18/12/2008

EmilyDickinson
I told myself, "Take Courage, Friend –
That – was a former time –
But we might learn to like the Heaven,
As well as our Old Home!"

I poeti sono strane persone.
Molto singolari.
Discendono da un bardo cieco.
Hanno attraversato più o meno indenni tutta la storia del genere umano.
Giocano con le parole trovando il filo di eternità che lega i loro suoni.
Sono pochissimi.
Davvero pochissimi.
Joseph Roth diceva che dopo l’adolescenza scrivono poesie solo i veri poeti e gli idioti, che sono molti di più.
Rilke disse a un giovane amico che gli chiedeva come diventare poeta che non doveva, proprio non doveva. Nessuno è un poeta se non può assolutamente fare a meno di scrivere.
Sono tristi quelli che si credono poeti.
Atrocemente tristi.
Graffiano parole inconcludenti.
Le ammalano di significati oscuri.
Confondono il verseggiare con l’andare a capo.
I versi dodecasillabi, con le frasi ad effetto.
Ma, in fondo, ci vuole forza per confessare la propria stupidità.
Una forza che trascende l’idiozia.
Eppoi sono un mercato.
Il mercato dei concorsi di poesia.
Del Ti stampo un libro per cento euri.
Una nicchia che macina quattrini e che non è il caso di mandare in cassa integrazione.
O forse no?

Anche oggi, esami (Buttar fuori)

20 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
17/12/2008

librettoSi è già detto che buttare fuori uno studente è una sconfitta.
Una sconfitta noiosa perché ritornerà e, sicuramente, non sarà più divertente.
Buttare fuori tutti gli iscritti ad un appello è una debacle assoluta.
Soprattutto, però, il buttar fuori è una questione di buon gusto.
Si può fare in molti modi e si deve fare attenzione a non ferire il candidato.
E’ un esame e il non superarlo significa solo non avere studiato abbastanza.
Non significa altro.
Il mio maestro, il mio primo maestro, che era ferocemente (o dannatamente?) innamorato della sua materia, che dette un solo 30 e lode in quaranta anni di insegnamento ad un allievo che poi lo abbandonò per un altro settore disciplinare, meno giuridico e molto più politico, quando arrivava a buttare fuori (ovvero nell’ottanta per cento dei casi), si metteva la testa fra le mani, la scuoteva, alzava gli occhi da cane pastore e diceva No, non è possibile … Se ne vada, La prego, se ne vada e non torni prima di ….
Dopo di che segnava nome e data su un libretto nero e il candidato sapeva che quando sarebbe tornato il suo esame avrebbe potuto avere inizio solo se lui avesse saputo rispondere alle domande che non aveva superato.
Personalmente, ho sempre trovato questa abitudine un inutile esercizio di masochismo.
Seguo una strategia diversa: sorrido, sorrido molto gentilmente e dico Beh, forse il Suo esame non è andato benissimo, forse tornerei al prossimo appello.
Di solito, il candidato capisce e si alza.
Se non capisce, continuo a sorridere, e dico Vede, mi dispiacerebbe darLe un voto particolarmente basso…
Normalmente, il candidato si alza, felice di essere compreso: nessun idiota si rende conto di esserlo.
Alcuni non capiscono, l’ultima chance, a quel punto, è Lei è una persona intelligente, davvero, crede di meritare un voto che la Sua intelligenza non merita?
Terribili sono quelli che cercano di giustificarsi: Lei ha ragione, professore, ma non ho potuto studiare, ho una situazione familiare difficile.
Oppure, E’ vero ma gli esami di diritto sono così difficili, bisogna studiare le leggi.
O ancora – oggi – Torno, ma mi dispiace davvero tanto: Lei non ci crederà, ma il fatto è che ieri sera ho perso tutto il pomeriggio per registrare un voto.
Che significa?
Che basta un pomeriggio per preparare il mio esame?
Non è la giustificazione più diplomatica che abbia sentito nella mia vita.

I pensieri politicamente scorretti di una bimba impertinente (Lingue di gatto)

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
01/12/2008

BimbaImpertinenteLa domenica di Bimba Impertinente è, prima di tutto, gita in pasticceria.
La figlia del pasticciere, che è identica a Pocahontas, ma ha non meno di sessant’anni, le offre sempre un sacchettino di lingue di gatto.
B.I.: Babbo, perché si chiamano lingue di gatto?
–> Perché sono leggeri e fini come lingue di un gatto
B.I.: Allora perché i pavesini si chiamano pavesini?
–> Aiuto…

Chi li ha sciolti? (Non sono sordo)

3 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
25/11/2008

TelefanoOgni portatile ha le sue dannate abitudini.
Il mio, quella di essere chiamato.
Non è colpa sua.
Lui fa del suo meglio per non infastidire.
Ha una suoneria molto garbata: beep once eppoi vibrazione.
Meno garbati, quelli che lo fanno agitare.
Pochi hanno capito che non sono sordo.
Forse dovrei cambiare il testo del messaggio con cui avverto che non posso rispondere.

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