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Tag Archive for: amici

Cene fra uomini

18 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/06/2009

TopolinoCameriereLe cene fra uomini possono essere divertenti o noiose, esattamente come qualsiasi altra cena.
Sicuramente, però, sono sfigate e per niente facili da organizzare.
A partire dal menu, che, a diciassette anni, comprende la carbonara, le penne braccio di ferro o gli spaghetti aglio_oglio_beberoncino mentre, a quaranta, dipende dal catering.
In ogni caso, le cene fra uomini prevedono come argomento principale sul tavolo i misteri custoditi fra le gambe delle donne: a diciassette, con un tono molto Robinson Crusoe_Venerdì che, a quaranta, diventa le giocose perversioni di De Sade narrate con la precisione di Musil.
Sono sopportabili, a diciassette come a quaranta anni, solo grazie ad ingenti quantità di demoni alcolici che consentono di trovare uno spirito cameratesco anche con lo zio ultrottantenne convocato in quanto decano nell’arte del club more ferarum e maestro riconosciuto del cunnilinguo astratto da prostata infelice.
A diciassette anni, le cene da uomini iniziavano con discorsi più o meno impegnati, che consentivano alla fica di fare il suo ingresso linguistico quando lo spaghetto aveva scaldato le ugole dei commensali con il vino necessario a dimenticarlo.
A quaranta, la fica parte più o meno subito e scalda l’ambiente come la budveiser ceka di venti anni prima. Purtroppo, però, quando tutti sono davvero presi dalla conversazione e si è finalmente creato quello spirito ormonale comune che è lo zeitgeist di ogni evento per soli maschi, uno inizia a parlare delle previsioni sull’inflazione appena circolate a Trento nelle conversazioni private fra Boeri e Akerlof.
Ed è triste ma la conversazione, a quel punto, si scalda davvero.
Esattamente come venti anni prima, quando, al momento delle grappe, qualcuno chiedeva: Ma la fica è meglio del culo?

Amici che scompaiono

12 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/11/2008

FacebookGli amici possono scomparire.
Possono scegliere molti modi per farlo.
Una moglie insopportabile è abbastanza tipica.
Un figlio rumoroso e manesco, pure.
Ovvero ci può essere un cambiamento di città che rende sempre più difficile vedersi fino a dilatare l’amicizia in un sentimento di struggente mancanza che riguarda una persona che non esiste più.
Soprattutto possono tradirti.
O meglio tradire l’immagine che avevi di loro.
Che assomiglia molto a tradire se stessi dal tuo punto di vista.
La cosa più terribile degli amici scomparsi è che facebook te li riporta davanti.
Lo dovrebbero vietare.
Per decreto legge.

Scene da un matrimonio (in Comune)

15 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
15/09/2008

SposaPalazzo vecchio – Castello vecchio, per Bimba Impertinente, che distingue fra palazzi e castelli a seconda che ci sia o non ci sia una torre – e’ una fabbrica di matrimoni.
Un matrimonio ogni quindici minuti.
Dalle otto alle quattordici.
Agghiacciante.
Soprattutto l’accumularsi degli sposi e degli invitati dentro al metal detector, il loro faticoso scambiarsi lungo le scale, il montarsi senza pieta’ nel disimpegno fatto attesa.
Gli sposi riescono ad esprimersi in termini tali da scoraggiare l’invasione del pianeta ad opera della piu’ pervicace razza di extraterrestri.
Comincia una topolona sui cinquanta infagottata di terital – con addosso l’odore pungente del sudore che stagna l’ascella sintetica – e abbracciata ad un moro che non raggiunge i venti anni (Ma babbo chi è che si sposa? Commenta B.I., che è anche un po’ bigotta e perbenista).
Continua una disgraziata vestita come la Venere del Botticelli che si accompagna ad un tipo identico a Clint Eastwood in un film di Sergio Leone, cavallo a parte.
Poi giapponesi e giapponesi, compreso un corteo tradizionale, con tamburi e corni vari.
La cerimonia è un bidello un po’ doddo che introduce il rito con "Signori, Vi prego di fare silenzio e spengere i cellulari, non spingete e, soprattutto, vogliate comprendere l’importanza del rito che andiamo a celebrare", un consgiliere comunale che lo prende per il naso (Dopo queste brevi ma efficaci parole, possiamo iniziare), una musichetta da balera autunnale, flash e riflash.
Termina con il rituale: Qualcuno vuole dire qualcosa? Se vuole, lo faccia, ma nel rispetto di chi sta aspettando il suo turno.
Tipo legge un brano del vangelo.
Tipa legge un pezzo di film.
Primo genitore, un canto di Catullo.
Secondo genitore fa un discorso sul genere: Noi che abbiamo fatto il sessantotto sappiamo bene che i giovani sono sempre meglio degli anziani eppoi legge If di Kipling, che chiama nostro fratello e gran maestro, ostentando la propria appartenenza alla massoneria.
Il bidello, a questo punto e fortunatamente, interviene facendo sloggiare la sala.
Resta, per fortuna, il sorriso degli sposi e la felicità di B.I.: Babbo, anche questa volta mi hanno fatto fare la damigella.

Guccini: grottesche stanze quotidiane

10 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
01/04/2008

Guccini assomiglia ad una cucina in formica che e’ stata piastrellata Casabella negli anni ottanta e ristrutturata minimal nel duemilaotto.


Senza toccare le finestre, che danno quella luce tenera e sconcia, o la porta che e’ rimasta difettosa, come sempre.


Guccini e’ un concerto di tanti anni fa: tre idioti ed una ragazza che pensano di diventare adulti con una notte a Pisa. Lo stesso tono grottesco e greve, invecchiato senza accorgersene al motto del Io ce la faccio ancora: a bere il vino a boccia, a tirar mattino, a sparar cazzate, a stonare canzoni e intonare poesie.


Ha una vitalita’ selvaggia. Triste. Incoativa.


No. Non ce la faccio piu’ a preoccupparmi di sogni matti o di avventure folli. Non bevo il vino a boccia. Non tiro il mattino. Non sparo cazzate, ma solo calci nel sedere.


Eppure provo una struggente nostalgia per quando quelle canzoni mi aprivano il cuore e mi sembravano dilatare lo spazio verso una comprensione nuova. Quando la fine di un amore era una eternita’ che si perdeva per sempre, dopo un numero esatto di giorni: 5 mesi e 25.


E lo incollo nei 160 giga del mio ipod.


Solo per ritrovare il sapore metallico del primo vino, che forse mi manca molto piu’ dei primi – ed assurdamente, perigliosamente, inutilmente eterni – baci.

L’ultimo dei merdaioli

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
02/02/2008

Il merdaiolo è stato un mestiere.
Un mestiere piuttosto faticoso: si trattava di entrare dentro le fosse biologhe e scavare la merda, buttandola su un carretto per evitare che tracimasse.
Era l’ultimo dei merdaioli.
Aveva fatto questa vita e poi era stato messo da parte dalla tecnologia degli spurghi.
Era un uomo mite.
Piccolo.
Magro, di quella magrezza nervosa che svela una muscolatura feroce.
Fece l’imbianchino.
Senza fortuna.
Studiò a lungo per una patente da autista di bus.
La prese.
Vinse il concorso per guidare gli autobus di linea.
Diventò un autista ferocissimo.
Aveva un elevatissima considerazione per il codice della strada che utilizzava come se fosse una arma impropria: Il pedone non attraversa sulle strisce ed io accellero, Quella macchina non rispetta lo stop ed io ci vado contro, Quel tizio è in bicicletta sulla corsia preferenziale faccio del mio meglio per passarci sopra.
Il tutto finiva con qualcuno che si imbestialiva: Hai ragione ed io ho torto ma dovevi proprio venirmi addosso?
Le discussioni spesso degeneravano sul piano fisico.
Lo ricordo bene perché era il babbo di una mia compagna delle elementari e le sue liti diventavano fascicoli sulla scrivania di mio padre, che faceva il penalista.
Un giorno, avevo diciotto anni, si decise di andare ad una festa del vino poco fuori porta.
La macchina era una cinquecento.
Blu.
Lustra.
Bellissima.
Guidava il Bellotti, che considerava qualsiasi vettura come se lei fosse una Ferrari California e lui Steve McQueen.
Eravamo in cinque.
Tutti pregavamo il Bellotti di andare più piano.
Il Bellotti se ne fregava.
Ad un certo punto il Bellotti attraversò la strada ad un bus.
Il bus inchiodò.
Era il babbo della mia amica.
Invecchiato.
In altri tempi, ci avrebbe schiacciati.
Si limitò ad inchiodare ed a abbassare il finestrino: Vai piano, imbecille, disse.
Il Bellotti si fece tutto rosso.
Tirò fuori la testa dal finestrino.
Una testona da pupo.
Gridò: Se le teste di cazze volassero, tu saresti un’aquila; casa tua sarebbe un aeroporto e [per mangiare ci vorrebbe la fionda].
Non finì.
L’ultimo dei merdaioli era sceso e gli aveva appioppato un manrovescio a mano aperta in pieno viso.
Il Bellotti si limitò ad infilare nuovamente la testa da pupo, vistosamente arrossata, nella macchina ed a ripartire fingendo indifferenza.
Noi ci limitammo a scoppiare a ridere.
Il Bellotti lo abbiamo visto sempre più di rado, finché non è diventato uno dei tanti fantasmi che abitano i ricordi di quegli anni.

Un amico

4 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
19/12/2007

Di solito, gli amici si incontrano nella adolescenza.
E’ facile innamorarsi di un animo nel momento in cui il nostro spirito sta cercando di comprendere il mondo.
E’ molto più difficile scoprire una amicizia da grandi.
Si è più diffidenti.
Il mondo che da piccoli ci sembrava infinito rientra sempre più velocemente nelle pareti delle nostre case.
Occorre coraggio per trovare un amico da adulti.
E’ difficile e meraviglioso.
C’è nell’amicizia, al centro dell’amicizia, una sorta di motore immobile.
La capacità di stupire l’altro con il proprio animo.
Così  può succedere che un amico, una persona di cui si è innamorati nel senso più tenero della parola ed al quale il mondo sta crollando addosso, pensi al fatto che è tardi e che devi tornare a casa.
Si preoccupi di te.
Senza pensare al suo dolore.
Ma spiegandoti che cosa significa l’amicizia.

Patchouli

2 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/12/2007

E’ sempre stato chiamato Patchouli.
Giocava a rugby.
In mischia.
Alto, grosso, una faccia inquietante.
Praticamente identico a Java, l’uomo di Neandhertal che gira insieme a Martin Mystere.
Il soprannome, che credo nessuno abbia mai avuto il coraggio di pronunciare dinanzi a lui, aveva le sue radici nello spogliatoio.
In cinque anni che abbiamo passato insieme, non ha mai fatto una doccia.
Di qui, l’atmosfera di toro muschiato che lo avvolgeva come un avatar.
Adesso lo si vede spesso in chiesa.
Entra.
Si ferma al centro della navata per l’intera durata della cerimonia.
Più o meno esattamente nello stesso posto in cui vengono messe le bare durante i funerali e resta lì immobile finché la messa non finisce.
Nella stessa posizione e con la stessa aria con cui un giocatore aspetta al centro del campo la fine degli inni.
Grosso.
Leggermente curvo.
Le braccia lungo i fianchi.
Le gambe larghe.
La testa sfrontatamente alzata verso il prete, con i capelli lunghi  indossati come un nido di rondini.
Fa così da quando è morta sua madre.
Quella madre che lo venne a vedere una volta giocare.
Patchouli entrò alto in una mischia e un avversario gli tirò una gran manata sul viso.
Nel silenzio attonito che aspettava la reazione di Pathouli, la sua mamma urlò: No, è il mio bambino.
Tutti si misero a ridere.
Patchouli mi è tornato in mente leggendo che a Ponte a Elsa, non lontano da Empoli, hanno dovuto interrompere il campionato di calcio dei bambini perché i genitori bestemmiavano sugli spalti.
Se un babbo che bestemmia durante una partita di calcio è una disgrazia educativa, una mamma che dice "E’ il mio bambino"  durante una partita di rugby è un duro colpo alla reputazione.

Trenta chili

11 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
12/12/2007

La solita stanza bianca che si sforza di essere accogliente: mobili colorati da cure palliative.
Lei ha quarant’anni.
Fissa il vuoto.
E’ sola.
Aspetta.
Magra di una denutrizione malata che l’ha resa evanescente.
Trenta chili per un metro e settanta.
Cerchi di sorridere ai suoi occhi mentre ti oltrepassano.
Ti accorgi di conoscerla.
La conosci.
Conosci i suoi figli e anche la sua antica bellezza.
E le usi la pieta’ di cambiare stanza.

Sputare in rete

7 Comments/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
05/12/2007

Non è facile ma è possibile.
Può succedere di sfogliare un blog e di trovare commenti molto pesanti.
Talvolta non riguardano solo il blogger ma anche la vita reale del blogger.
Cose del genere: Ma tua figlia di dodici anni sa che usi la bocca per rendere felice tizio?
Insomma il genere di cose che si leggono nei bagni degli autogrill.
Cose di questo genere fanno venire rabbia.
Molta rabbia.
Da una parte, ciascuno con il proprio blog cerca di proiettare la sua personalità in rete e questa personalità per quanto strana o singolare merita di essere rispettata.
Dall’altra parte, c’è una sorta di frontiera fra la rete e la quotidianità, una frontiera che si oltrepassa con alcuni amici, con le persone di cui ci si fida, ed abusare di questa fiducia per alludere alla vita personale è particolarmente odioso.

Stefano, i suoi pensieri (la vita è un globale bisogno di affetto)

1 Comment/ in Senza categoria / by Gian Luca Conti
14/11/2007

Dobbiamo difendere la nostra identità. E’ facile distruggere l’identità di un popolo e di una civiltà con il turpiloquio cattolico delle illusioni, della demagogia, sintesi retorica per negare i fatti della storia, demagogia è guerra, strage, questo è il problema fondamentale dell’anima umana.  Infatti l’identità, i processi affermativi dell’infanzia e degli emarginati, risulta essere la crisi più terribile di un popolo nelle affermazioni di se stesso. La vita negata sul muro del pianto, è poi una vita che nega e distrugge se stessa. E’ la guerra bisogna cercare di difendere l’identità culturale e storia dei fatti al di là del bene e del male… rimanere nei fatti per non morire. E’ lupanara più terribile e diabolica che ci sia la realtà proibita per secoli e secoli e tutt’oggi dall’inquisizione. Il processo affermativo dei processi reali è diabolico e il più difficile che ci possa essere: tutti negano. Nessuno sa nulla. Non si puòò negare la storia. E’  la mancanza di affetto come devastante ignoranza dei principi reali se si pensa che la vita è un globale bisogno di affetto. In fondo volersi bene è la cosa più diabolica che ci sia.

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